Impianti idraulici
Già nel XIX secolo, nel corso dei lavori di ristrutturazione urbanistica e di risistemazione delle infrastrutture, sono venuti alla luce numerosi tratti della rete fognaria di età romana.
Introduzione
Per i romani l’acqua era un bene esclusivamente pubblico e lo stato riteneva suo preciso dovere adoperarsi perché i cittadini ne potessero usufruire al meglio. Il sistema di approvvigionamento idrico delle città dell’impero era così progredito che solo le moderne nazioni industrializzate sono riuscite a superarlo. Non possiamo fare dei calcoli per Augusta Taurinorum, ma sappiamo che a Roma, in età imperiale, arrivava un milione di metri cubi di acqua al giorno, pari più o meno a mille litri per abitante, una quantità raggiunta nuovamente in età moderna solo dopo il 1970.
L’approvvigionamento idrico
Le indagini archeologiche condotte in diversi punti della città evidenziano come per quasi un secolo dopo la fondazione della colonia l’approvvigionamento idrico fosse garantito essenzialmente da una serie di pozzi. La costruzione dell’acquedotto, di cui non sappiamo quasi nulla, è probabilmente contestuale al progetto di ristrutturazione urbanistica che ha portato alla realizzazione della rete fognaria e alla sistemazione e almeno parziale lastricatura delle strade. L’acquedotto, di cui rimane traccia in stampe e disegni, prelevava l’acqua dalla Dora ed entrava in città nei pressi della porta occidentale. Tra le poche testimonianze giunte fino a noi una fistula (tubatura in piombo che veniva usata per derivare l’acqua verso gli edifici) che sottopassava il fornice pedonale nord della porta orientale del decumano massimo poi inglobata in Palazzo Madama; un altro tratto di fistula è stato rinvenuto nei Giardini Reali. In un edificio interno all’isolato compreso tra via Garibaldi, via Botero, via Barbaroux e via Milano erano riutilizzati numerosi blocchi di tubatura in pietra, probabilmente in origine condotte di derivazione dell’acquedotto.
L’acqua corrente era certamente garantita agli edifici pubblici, alle fontane e ai privati più facoltosi e influenti. Il resto della città probabilmente continuava a utilizzare i pozzi e, in molti casi, le cisterne per la raccolta dell’acqua piovana dalle gronde del tetto.
La rete fognaria
Se garantire l’approvvigionamento idrico era una necessità primaria, altrettanto importante era l’organizzazione di una rete di smaltimento delle acque reflue e dei liquami. La scoperta, fin dal XIX secolo, di numerosi tratti di condutture evidenzia come ad Augusta Taurinorum la rete di deflusso sia stata progettata e realizzata in maniera unitaria lungo gli assi stradali, probabilmente nella seconda metà del I secolo d.C.
I condotti fognari, larghi mediamente 60 centimetri e alti circa 160 centimetri, erano realizzati con una muratura a sacco in ciottoli legati da malta e coperti con una volta a botte. Internamente al condotto il piano di scorrimento delle acque era rivestito di mattoni, anche se il recupero di questi laterizi, divenuti un bene prezioso nel medioevo, rende rari i ritrovamenti di tratti fognari integri. I collettori principali, che correvano per lo più al centro o sul lato delle strade, erano raggiunti da diramazioni secondarie che raccoglievano le acque dai singoli isolati attraverso canalette in muratura chiuse da coperture di mattoni. In alcuni casi i collettori secondari si immettevano in quello principale mediante la rottura della parete, cosa che fa pensare a un uso prolungato delle strutture con conseguenti successive modifiche.
Le fontane
Numerose dovevano essere, come in tutte le città romane, le fontane pubbliche a cui attingevano tutti coloro che non potevano contare sull’acqua corrente in casa. A Torino, per ora, sono emerse le tracce di un’unica fontana pubblica in uno scavo ancora inedito effettuato recentemente in via XX Settembre.
L’abbandono
Per garantire l’efficienza dell’acquedotto e della rete fognaria era necessaria una manutenzione costante e accurata che viene meno con il contrarsi della città dopo il IV secolo. Inizia così un periodo di progressiva decadenza dell’intero sistema di adduzione e deflusso delle acque che porta al riempimento dei condotti e alla rottura delle tubazioni.
Bibliografia
- Filippi, Fedora - Pejrani Baricco, Luisella - Subbrizio, Marco, Via Basilica angolo via Conte Verde, in «Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte», A. 12, 1994, Torino, pp. 332-333 Vai al testo digitalizzato
- Bodon, Giulio - Riera, Italo - Zanovello, Paola, Utilitas necessaria. Sistemi idraulici nell’Italia romana, Progetto Quarta dimensione, Milano 1994 , part. p. 408
- Scalva, Giuseppina, Gli acquedotti, in Mercando, Liliana (a cura di), Archeologia in Piemonte. L’età romana, Vol. 2, U. Allemandi, Torino 1998, pp. 89-100 , (part. p. 94)
Luoghi correlati
Ente Responsabile
- Mostra Torino: storia di una città
- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie