Borgo del Moschino
Costituito da un gruppo di casette fatiscenti abitato da umili lavoratori e soggetti emarginati, fu demolito negli anni Settanta dell’Ottocento al fine di eliminare una delle principali cause dell’insalubrità cittadina, lasciando posto al prolungamento dei Murazzi e all’apertura dell’attuale via Napione.
Ubicato lungo le sponde del Po, il Borgo era costituito da un gruppo di misere casette fatiscenti, in cui trovavano ricovero famiglie di modesti lavoratori, per lo più lavandai e barcaioli per i quali era necessario abitare a ridosso del fiume. Solcato da una via maestra nota con il nome di ‘contrà d’ le puls’ (contrada delle pulci), questo insieme di costruzioni degradate primeggiava fra le cause che a lungo resero insalubre zona Vanchiglia, sollecitando lo studio di un progetto di intervento sin dai tempi dell’occupazione francese. A disporre l’abbattimento del Borgo fu nel 1872 il consiglio comunale capeggiato dal sindaco Felice Rignon (1829-1914), fortemente preoccupato della grave precarietà igienica che vi albergava, minaccia permanente alla salute pubblica. Il Borgo era stato infatti il centro propulsore della virulenta epidemia di colera del 1835. Nonostante le proteste dei suoi poveri abitanti, fra la metà degli anni Settanta e i primi anni Ottanta dell’Ottocento ne fu attuata la demolizione, permettendo il prolungamento dei Murazzi e l’apertura dell’attuale via Napione. Il provvedimento decretò così la scomparsa di un ricettacolo che insidiava la sicurezza collettiva non solo sotto il punto di vista dell’igiene, ma anche per la presenza di sbandati e delinquenti, che vi trovavano rifugio e solidarietà. Non a caso, il misero squallore del Borgo resta lo scenario dei turpi delitti descritti nel romanzo I misteri di Torino pubblicato da Ausonio Liberi nel 1880.
Fonti Archivistiche
- Archivio Storico della Città di Torino, Affari Lavori pubblici, 1872, cart. 46, fasc. 2
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Ente Responsabile
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