Abdicare, tornare, forse impazzire
Il re Vittorio Amedeo II abdicò nel 1730 ritirandosi a Chambéry, ma, incapace di tollerare la lontananza dal potere e insoddisfatto del governo del figlio, tentò un anacronistico ritorno finendo incarcerato e morendo probabilmente pazzo.
A 65 anni, dopo guerre e anni di regno, stanco nel fisico e nella mente, Vittorio Amedeo II decise di abdicare, lasciando il potere al figlio Carlo Emanuele III che pur non stimava, e ritirandosi a Chambéry in compagnia dell’antica fiamma Carlotta Canalis di Cumiana, marchesa di Spigno, sposata con rito morganatico.
L’antico sovrano assoluto, voleva però conservare qualche controllo sullo Stato, chiedeva dispacci regolari ed era sempre più insoddisfatto delle scelte del figlio, sino a che rabbia, tedio e solitudine, insieme a una mente non più lucida, lo convinsero a cercar di riprendere il potere.
Si sfiorò la guerra civile ma giunto alle porte di Torino, l’ex re si ritrovò privo dell’aiuto proprio degli antichi ministri su cui aveva contato, i quali rimasero fedeli allo Stato, alla dinastia e al nuovo sovrano.
Vittorio Amedeo fu incarcerato, prima in modo assai duro nel castello di Rivoli, e poi insieme alla moglie nel castello di Moncalieri, ove morì due anni dopo. Non fu seppellito a Superga e solo il nipote Vittorio Amedeo III vi avrebbe, in seguito, trasferito la salma.