Fortificazioni "alla moderna"
L’aggiornamento della cortina muraria e la sua trasformazione in un complesso sistema bastionato accompagnarono la trasformazione urbanistica della città quando, dopo il trattato di Cateau-Cambrésis, fu scelta come capitale del ducato sabaudo.
Il Cinquecento
Le prime rappresentazioni di età moderna mostrano una città la cui tenuta militare è ancora in larga misura affidata alla cinta medievale. Un’ampia piattaforma pentagonale a protezione del castello era stata probabilmente aggiunta negli anni Trenta del XVI secolo, ma bisogna attendere gli anni dell’occupazione francese (1536) per vedere realizzati quattro baluardi con “orecchioni” sugli spigoli del perimetro murario e una piattaforma circa a metà del fronte settentrionale. I baluardi e le piattaforme erano collegati a un terrapieno che proteggeva esternamente la cortina sui lati nord, ovest e sud. L’intervento, concluso verso il 1543, pur rendendo le difese in grado di resistere ai tiri di artiglieria confermava l’impianto complessivo delle difese premoderne. Esso conobbe tuttavia assai probabilmente aggiornamenti successivi, in parte assegnabili a Francesco Horologi (inizio XVI secolo-ante 1577), a servizio degli eserciti di Francia negli anni della guerra franco-imperiale (1551-59), e in parte a Francesco Paciotto (1521-1571), incaricato a partire dal 1564 del cantiere della cittadella e probabile progettista della nuova piattaforma che fu realizzata a difesa della Porta di Susa. Questi interventi non ebbero però la forza di incidere nella sostanza delle opere allestite dopo il 1536.
La progettazione del nuovo fronte bastionato
Conclusa la fabbrica della cittadella, si verificò il difficoltoso collegamento del nuovo polo difensivo con le cortine rettilinee dei fronti sud e ovest. Iniziò per questo a farsi strada l’ipotesi di un complessivo ripensamento delle fortificazioni torinesi, sostenuto anche dalla necessità di ampliare il congestionato spazio urbano. Un primo progetto ideale fu elaborato da Vitozzo Vitozzi (ante 1595 - post 1610), che negli anni a cavallo dei secoli XVI e XVII proponeva una cortina bastionata ellittica con asse est-ovest e una modesta espansione urbana nel settore immediatamente a sud della cittadella. In seguito fu un disegno del 1612 circa, attribuibile ad Ascanio Vitozzi, a fissare per la prima volta i criteri generali dei futuri interventi. Bisogna tuttavia attendere la relativa calma che segue la prima guerra di successione del Monferrato (1612-1617) per assistere a una ripresa del dibattito e per vedere, infine, elaborato il progetto che rappresentò per circa un secolo il punto di riferimento per tutte le realizzazioni. Artefice ne fu Ercole Negro (1541-1622), il quale propose un impianto “a mandorla” che, dalla cittadella e dal fronte difensivo ovest, si protendeva verso il Po, garantendo nel contempo un’efficace connessione tra la città vecchia e le aree di espansione.
La realizzazione del progetto
Il cantiere per l’ampliamento della città e per la sua fortificazione si dimostrò da subito assai complesso, anche in ragione delle convulse vicende politiche che segnarono quegli anni. I lavori nel settore meridionale vennero avviati nel 1619 sotto la direzione dello stesso Negro prima e di Carlo di Castellamonte (1560-1641) poi. Nel 1637, allo scoppio della guerra civile, i lavori furono interrotti e si decise di risvoltare la cortina dopo il bastione a est di Porta Nuova per mettere Torino in condizione di essere difesa.
Il cantiere riprese nel 1646 e, un primo aggiornamento fu opera di Carlo Morello (ca. 1600-1665), molto critico verso quanto era stato fatto da Carlo di Castellamonte. Il precoce abbandono dell’ipotesi di ampliamento settentrionale, immaginato per proteggere il principale borgo manifatturiero torinese, implicava inoltre un completo ripensamento dell’assetto idrogeologico dell’area. Il progetto fu portato a compimento introducendo alcune varianti, tra le quali meritano una menzione l’arretramento del fronte verso il Po e l'ampliamento della città e del fronte bastionato verso ovest. La prima modifica accese un vivace dibattito per il quale fu interpellato Sèbastien Le Preste de Vauban (1633-1707), mentre la seconda, maturata negli anni Sessanta del Seicento e testimoniata da una tavola del Theatrum Sabaudiae, fu realizzata sotto la direzione di Antonio Bertola (1647-1719) tra il 1702 e il 1713.
Bibliografia
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- Bonardi Tomesani, Claudia, La capitale e le grandi fortezze di retrovia, in Viglino Davico, Micaela (a cura di), Fortezze “alla moderna” e ingegneri militari del ducato sabaudo, Celid, Torino 2005, pp. 465-479
- Viglino Davico, Micaela (a cura di), Architetti e ingegneri militari in Piemonte tra '500 e '700. Un repertorio biografico, Omega, Torino 2008
Fonti Archivistiche
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- Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma (ISCAG), BB.ICO. 951/D.8858, tav. 1.
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- BRT, Disegni, II 25.
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