Rifugiati nella Torino "liberale" dell'Ottocento

Nella seconda metà dell’Ottocento Torino e il Piemonte si popolarono di decine di migliaia d’immigrati e rifugiati politici, italiani e stranieri, all’epoca detti «emigrati» o «esuli».
Torino, capitale d’un Regno ritenuto patria dei diritti e della libera espressione, accolse decine di migliaia di coinvolti nei moti del 1848 o nella Guerra d’indipendenza 1858-59. Venivano da altri Stati italiani (Lombardo-Veneto, Genova, Ducati, Stato pontificio, Regno delle Due Sicilie) e dall’estero (Ungheria, Polonia, Romania), alcuni erano celebri, come Giuseppe Massari, il principe Sigismondo di Castromediano, l’ungherese Lajos Kossuth (rimasto a Torino sino alla morte), il polacco Alexander Milbitz, molti ignoti e spesso poveri. Il governo imponeva agli esuli di non fare politica attiva e li sosteneva economicamente, dando aiuto principalmente ai molti che erano nel capoluogo.
Anche Università e mondo culturale beneficiarono dell’apporto di intellettuali d’altri Stati italiani (come Pasquale Stanislao Mancini, Luigi Melagari, Antonio Scialoja), spesso riparati a Torino dopo i moti.
Soprattutto i rifugiati famosi e abbienti furono accolti bene dalla società cittadina (spesso ospiti graditi nei salotti), ma si ebbero pure tensioni, perché i torinesi vedevano gli immigrati come una sgradita concorrenza per il lavoro (2.500 furono assunti negli uffici pubblici), perché alcuni esuli non cessarono l’impegno politico, e la polizia represse i più poveri, visti come pericolosi.
La città conserva testimonianze della loro presenza nelle lapidi sulle case e nei nomi delle vie.
Bibliografia
- Bruno Bongiovanni, L'Università e l'Accademia: le Scienze giuridiche, economiche, sociali, statistiche, storiche, filosofiche e filologiche, in Umberto Levra (a cura di), Storia di Torino. Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915), Vol. VII, Einaudi, Torino 2001, pp. 685-724
- Ester de Fort, Esuli in Piemonte nel Risorgimento. Riflessioni su una fonte, in «Rivista storica italiana», A. CXV, n. 2, 2003, Napoli, pp. 648-688