Scheda: Evento - Tipo: Politico

Rifugiati nella Torino "liberale" dell'Ottocento

Nessuna Immagine

Nella seconda metà dell’Ottocento Torino e il Piemonte si popolarono di decine di migliaia d’immigrati e rifugiati politici, italiani e stranieri, all’epoca detti «emigrati» o «esuli».


Data dell'evento: XIX Sec. (1800-1899)

Translate

Tag

  • sala 1852

Torino, capitale d’un Regno ritenuto patria dei diritti e della libera espressione, accolse decine di migliaia di coinvolti nei moti del 1848 o nella Guerra d’indipendenza 1858-59. Venivano da altri Stati italiani (Lombardo-Veneto, Genova, Ducati, Stato pontificio, Regno delle Due Sicilie) e dall’estero (Ungheria, Polonia, Romania), alcuni erano celebri, come Giuseppe Massari, il principe Sigismondo di Castromediano, l’ungherese Lajos Kossuth (rimasto a Torino sino alla morte), il polacco Alexander Milbitz, molti ignoti e spesso poveri. Il governo imponeva agli esuli di non fare politica attiva e li sosteneva economicamente, dando aiuto principalmente ai molti che erano nel capoluogo.

Anche Università e mondo culturale beneficiarono dell’apporto di intellettuali d’altri Stati italiani (come Pasquale Stanislao Mancini, Luigi Melagari, Antonio Scialoja), spesso riparati a Torino dopo i moti.

Soprattutto i rifugiati famosi e abbienti furono accolti bene dalla società cittadina (spesso ospiti graditi nei salotti), ma si ebbero pure tensioni, perché i torinesi vedevano gli immigrati come una sgradita concorrenza per il lavoro (2.500 furono assunti negli uffici pubblici), perché alcuni esuli non cessarono l’impegno politico, e la polizia represse i più poveri, visti come pericolosi.

La città conserva testimonianze della loro presenza nelle lapidi sulle case e nei nomi delle vie.