Economia e lavoro nel Novecento

Nel XX secolo Torino era si affermò definitivamente come la città della grande industria e della classe operaia.
Agli esordi del XX secolo Torino si era ormai trasformata in una moderna città industriale, e solo nel vecchio centro storico restavano prevalenti le manifatture artigiane di tipo ottocentesco.
Dagli anni ’20 l’industria meccanica prese a crescere, superando i settori tradizionali (tessile, legno, pelli, che rimasero a conduzione familiare) e divenendo dominata, a partire dagli anni trenta, dalle grandi concentrazioni.
Si ebbe una modesta mobilità sociale, con alcuni membri di famiglie operaie che diventavano impiegati o operai specializzati (le nuove scuole di tipo tecnico furono istituite proprio per formare queste nuove tipologie di lavoratori). Il regime difendeva i salari operai, ma operava soprattutto nell'interesse della piccola borghesia, dei commercianti e degli impiegati. Pesanti furono le ripercussioni della crisi del ’29, fronteggiate con interventi assistenziali, talvolta concessi in modo discriminatorio, e con l'avviamento di grandi opere pubbliche (abbassamento del piano ferroviario, 1927; autostrada Torino-Milano, 1928).
Le principali imprese torinesi di quegli anni erano la Fiat, l'Italgas, la Sip (Società idroelettrica piemontese) e la Snia Viscosa (Società di navigazione italo-americana, di Riccardo Gualino); i principali istituti di credito, oltre alle filiali delle banche nazionali, la Cassa di Risparmio, l'Istituto San Paolo, il cattolico Credito piemontese e la banca Agricola italiana (fondata a Casale Monferrato).
Bibliografia
- Musso, Stefano, La società industriale nel ventennio fascista, in Tranfaglia, Nicola (a cura di), Storia di Torino. Dalla Grande Guerra alla liberazione, 1915-1945, Vol. 7, G. Einaudi, Torino 1998, pp. 313-423 Vai al testo digitalizzato
- Miletto, Enrico - Sasso, Donatella, Torino '900. La città delle fabbriche, Edizioni del Capricorno, Torino 2015 , pp. 74 - 89