Venaria Reale, Reggia di Diana
La Reggia di Diana con il suo giardino e gli edifici di servizio per la caccia è la manifestazione più completa del gusto della corte di Carlo Emanuele II, il quale si realizza nelle metafore figurate del programma iconografico ideato da Emanuele Tesauro.
Eretta a nord di Torino, nel territorio di Altessano Superiore, per celebrare la magnificenza del duca Carlo Emanuele II attraverso la ritualità della caccia, sempre più coreografico inseguimento della preda (il cervo) su scala territoriale, a cui partecipava l’intera corte, la reggia di Venaria Reale completava l’ideale “corona” di residenze ducali creata intorno alla capitale. Costruita negli stessi anni di Versailles, tra il 1659 e il 1679, e ampliata in tempi successivi, la Reggia di Diana, nucleo originario dell’attuale complesso, costituiva il perno di un grandioso progetto di riassetto territoriale ideato dall’architetto conte Amedeo di Castellamonte (1613-1683), che coinvolse lungo un asse di simmetria di due chilometri le strutture di servizio della dimora, i giardini e il vicino borgo, riplasmato e ribattezzato Venaria Reale. La reggia era poco più che una grande villa, nell’impianto e nella decorazione delle sue facciate ancora debitrice della tradizione romana di tardo Cinquecento: al centro un grande salone su due piani, ai cui lati si distribuivano gli appartamenti, articolati in semplici maniche. Sontuosi giardini all’italiana, disposti su più livelli e decorati con scalinate, fontane, grotte e centinaia di sculture, si stendevano alle spalle della dimora, verso il torrente Ceronda; ne resta, tuttavia, memoria soltanto nelle incisioni della Venaria Reale, Palazzo di Piacere, e di Caccia pubblicata nel 1679 dallo stesso Castellamonte per celebrarne l’impresa: il giardino, infatti, fu smantellato già dal 1700, quando il duca Vittorio Amedeo II richiese all’ingegnere Michelangelo Garove (1648-1713) di riprogettare l’intera residenza per ampliarla e aggiornarla al nuovo gusto francese.
A partire dal 1660 le stanze della reggia furono riccamente decorate con stucchi e affreschi secondo il programma iconografico dettato dal retore di corte, Emanuele Tesauro (1592-1675), ispirato ai miti di Diana, dea della caccia. L’intero racconto, illustrato per metafore figurate e motti, culminava nell’Aula Regia (oggi salone di Diana), in cui la celebrazione della dea si fondeva con quella dei membri della dinastia sabauda. Al centro della grandiosa volta a fascioni l’affresco di Diana bambina che chiede a Giove l’impero sopra le cacce (1661-1663) del fiammingo Jan Miel (1599-1663) dialoga con gli emblemi venatori e le storie più famose della dea, dipinti dallo stesso pittore negli altri medaglioni della volta, popolata di putti e amazzoni, fra mascheroni e ghirlande in stucco. Nei registri inferiori delle pareti, scompartite da lesene decorate con trofei di caccia su erme di satiri, alloggiano grandi tele, opera di più pittori, solo di recente ricollocate in sede secondo il disegno originario, con i ritratti equestri a coppie dei membri della famiglia Savoia, a iniziare da Carlo Emanuele II e la madre Cristina di Francia; più in basso, la serie delle Cacce, sempre di Miel.
Bibliografia
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