Mostra: Primo Levi. Figure
Primo Levi - il testimone di Auschwitz, lo scrittore, il chimico, l’uomo di pensiero - è ancora capace di sorprenderci: questa mostra svela, per la prima volta, le figure tridimensionali che egli realizzò, per lo più con filo di rame smaltato: oggetti intimi e domestici, suggestivi e inconsueti, preziosi per comporre un ritratto di Levi ricco di tante dimensioni ancora da esplorare.
1. La mostra
In occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di Primo Levi, la GAM di Torino e il Centro Internazionale di Studi Primo Levi hanno esposto per la prima volta una selezione significativa dei lavori in filo metallico realizzati dallo scrittore e intellettuale torinese. Si tratta di oggetti con un forte carattere intimo e domestico, destinati agli scaffali dello studio oppure a essere regalati agli amici. Queste figure non hanno datazioni precise (risalgono indicativamente al periodo 1955/1975), né titoli da lui attribuiti. Il materiale utilizzato è generalmente il filo di rame: il suo lavoro di chimico specializzato nella smaltatura dei conduttori elettrici gli consentiva di disporre di scarti e materiali da saggio in quantità.
2. Il filo di rame
Ma la dimestichezza di Primo Levi con quel materiale ha origini anche più lontane: lo dimostra l’inedito testo manoscritto Cu – il cui titolo consiste nel simbolo chimico del rame – che proprio in occasione della mostra è stato ritrovato. In questo abbozzo di racconto, che se completato avrebbe con tutta probabilità trovato posto nella raccolta del 1975 Il sistema periodico, Levi descrive il magazzino del padre Cesare e, in particolare, i rocchetti di filo di rame che vi erano conservati.
«Il suo ufficio-deposito, in corso S. Martino, era appassionante. Sul pavimento c'erano motori elettrici tozzi e pesantissimi: erano da un cavallo, da tre cavalli, da dieci cavalli, ed era meraviglioso che la forza di 10 cavalli stesse racchiusa in una corazza grande quanto la pentola grande di cucina.
Sugli scaffali c'erano rocchetti di rame trafilato, rutilante e sorprendentemente flessibile per le dita: mio padre diceva che era ricotto, ed io lo percepivo come ricotta, quasi commestibile. Me ne regalava degli spezzoni, che era facile piegare ed attorcere in forma d'animali fantastici, e lui stesso creava forme molto belle, che chiamava iperboloidi e quadriche a due falde.
Accanto al deposito [c']era una piccola officina di riparazioni, dove il fattorino-factotum riavvolgeva motori bruciati: a questo scopo si usava altro filo in cui il rame era invisibile, ricoperto da una spirale composta di cotone e di seta, e questo si chiamava filo spiralato, quasi come dire spiritato: poiché non era ancora nato, o non ancora trapiantato in Europa, il filo smaltato che molti anni dopo doveva diventare sangue del mio sangue. […]»
(trascrizione parziale di un manoscritto incompleto intitolato Cu, trovato in un quaderno di abbozzi per la futura raccolta Il sistema periodico).
3. Dietro le figure
Una piccola selezione di documenti, immagini e oggetti, presentati nella vetrina centrale, rimanda alla quantità e qualità delle suggestioni, passioni e sensibilità che sono state lo sfondo della realizzazione delle figure: l’appartenenza familiare, la formazione e il mestiere del chimico, una solida cultura letteraria classica, la passione per le lingue, le etimologie e i giochi di parole, il talento per la matematica, la fisica e le scienze naturali.
«Finché avrò vita, continuerò a meravigliarmi non solo delle uova, ma anche delle mosche, delle moschee, dei poliedri, dei granelli di polvere e dei ciottoli dei torrenti… non esiste oggetto che non desti meraviglia o curiosità, purché sia esaminato con l’occhio a fuoco e con sufficiente ingrandimento».
(Inedito citato da Ernesto Ferrero, nell’introduzione a Primo Levi, Ranocchi sulla luna, Einaudi, Torino, 2014, p. XVI).
4. Tre temi principali
Fra le molte suggestioni evocate, tre nuclei centrali possono essere identificati: il lavoro manuale, il gioco, gli animali.
Il tema del lavoro - e del lavoro manuale in particolare, della «mano artefice», del confronto fisico con la materia - ritorna infinite volte nelle parole di Levi: insieme con l’importanza della mano, «organo nobile» che la scuola aveva ingiustamente trascurato. Imparare a fare una cosa è ben diverso dall’imparare una cosa, sostiene Levi: la materialità degli oggetti da lui creati è dunque esaltazione del lavoro libero e del confronto con la materia, «la grande antagonista dello Spirito». Rivendicare la nobiltà della tecnica è anche un modo per rifiutare - culturalmente, prima ancora che politicamente - i fondamenti dell’educazione fascista e l’imposizione del modello gentiliano subìta a scuola.
«La conoscevo sì, la cedevolezza femminea del rame, metallo degli specchi, metallo di Venere; conoscevo il suo splendore caldo e il suo sapore malsano, il morbido verde-celeste dei suoi ossidi e l’azzurro vitreo dei suoi sali. Conoscevo bene, con le mani, l’incrudimento del rame: se maltrattato, cioè battuto, stirato, piegato, compresso, il rame fa come noi, i suoi cristalli s’ingrossano e diventa duro, crudo, ostile.»
“Battere la lastra”, La chiave a stella, in Primo Levi, Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino 2016-2018, vol. I, p. 1095
Affascinato dalla struttura delle lingue, appassionato di etimologia e di giochi matematici, creatore di rebus, inventore di palindromi, frasi reversibili che si possono leggere anche da destra a sinistra. Il piacere del gioco – inteso come esercizio dell’intelligenza – non lo abbandonerà mai. Così, a metà degli anni Ottanta, descrive a Tullio Regge la sua esperienza con il nuovo computer:
«la mia macchina non scrive soltanto, ma disegna. Io non disegnavo dalla quarta elementare, e mi diverto in modo indecente a creare sul piccolo schermo forme che mi sembrano belle e nuove, molto al di sopra della mia capacità manuale; e poi le posso “mettere in memoria” e stampare. È talmente affascinante che ci perdo molte ore: invece di scrivere gioco, e mi diverto come un bambino. E poi, sono contento di imparare a fare cose nuove a 65 anni».
Primo Levi e Tullio Regge, Dialogo [1984], in Primo Levi, Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino 2016-2018, vol. III, p. 513.
L’interesse, vivo e partecipe, di Primo Levi nei confronti del mondo naturale, e di quello animale in modo particolare, emerge chiaramente nelle figure da lui realizzate; gli animali sono largamente predominanti. In tutta la sua produzione letteraria, gli animali sono protagonisti e ad essi sono dedicate molte pagine, dai primi racconti degli anni Sessanta, alle poesie, agli elzeviri e alle “interviste immaginarie” degli anni Ottanta. Nella loro rappresentazione tridimensionale, l’attenzione per il dettaglio e la fedeltà scientifica al soggetto si coniugano alla ricerca espressiva.
«Se potessi mi riempirei la casa di tutti gli animali possibili. Farei ogni sforzo non solo per osservarli, ma anche per entrare in comunicazione con loro. Non farei questo in vista di un traguardo scientifico (non ne ho la cultura né la preparazione), ma per simpatia, e perché sono sicuro che ne trarrei uno straordinario arricchimento spirituale e una più compiuta visione del mondo. In mancanza di meglio, leggo con godimento e stupore sempre rinnovati molti libri vecchi e nuovi che parlano di animali, e mi pare di ricavarne un nutrimento vitale, indipendentemente dal loro valore letterario o scientifico»
“Romanzi dettati dai grilli”, L’altrui mestiere [1985], in Primo Levi, Opere complete, a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino 2016-2018, vol. II, p. 852.
5. Le figure
Agli oggetti, naturalmente, la mostra riserva il ruolo di protagonisti. Pensieri e suggestioni dell’autore prendono corpo in questi oggetti, fisici e onirici al tempo stesso. A commento delle diciassette figure esposte si è scelto di proporre con una certa libertà citazioni letterarie anziché puntuali didascalie. Sono parole tratte per lo più dall’opera di Levi e, in qualche caso, da alcuni dei suoi testi prediletti.
Note
25 ottobre 2019 - 26 gennaio 2020 (prorogata al 23 febbraio 2020)
Wunderkammer GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
La mostra è stata possibile grazie alla famiglia e agli amici di Primo Levi che, con generosa disponibilità, hanno concesso in prestito gli oggetti esposti. Ma è solo un inizio. Invitiamo infatti coloro che fossero a conoscenza di altre opere analoghe a favorirne il censimento segnalandole al Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it).
Mostra a cura di Fabio Levi e Guido Vaglio
Progetto di allestimento di Gianfranco Cavaglià con la collaborazione di Anna Rita Bertorello.
Fotografie delle opere: Pino Dell’Aquila
Catalogo Silvana Editoriale. A cura di Fabio Levi, Guido Vaglio. Testi di Gianfranco Cavaglià, Fabio Levi, Guido Vaglio. Traduzioni: Emily Ligniti, Vincent Marsicano
Bibliografia
Sitografia
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Ente Responsabile
- MuseoTorino 2020