Passages e gallerie in città
I passages di matrice francese, presenti oltralpe dalla fine del XVIII secolo, sono costruiti a Torino solo dalla metà del XIX secolo.
«I passages di matrice francese, presenti oltralpe sin dalla fine del secolo precedente, sono costruiti a Torino solo dalla metà del XIX secolo. La prima galleria torinese viene eretta nel 1856 per iniziativa del marchese Natta d'Alfano - da cui prende il nome - su progetto dell'architetto Barnaba Panizza. La struttura, demolita negli anni trenta del Novecento durante i lavori di sventramento di via Roma, poneva in collegamento l'arteria principale della città con piazza San Carlo tramite un percorso angolare: la copertura, a doppia falda in vetro sorretta da capriate metalliche, catturava la luce diurna invitando i torinesi a passeggiare e osservare le eleganti vetrine.
Ma sarà la costruzione della Galleria dell'Industria Subalpina, progettata nel 1873 dall'ingegnere Pietro Carrera, a introdurre a Torino più ampie allusioni alla cultura internazionale: la necessità di collegare piazza Castello alla piazzetta Carlo Alberto, dove viene trasferita la sede delle Poste nell'attuale palazzo Campana, e al contempo di ristrutturare un isolato creando un "bazar" (come viene denominato nei disegni di progetto), porta alla demolizione di un'ampia porzione di tessuto urbano. Dello spazio pubblico si impadroniscono negozi, caffè e al di sotto del piano di calpestio viene realizzato un salone per il nuovo caffè-concerto Romano. Sotto la volta trasparente della galleria intitolata all'Industria Subalpina (un omaggio alla banca promotrice, ma anche un augurio per una città alla ricerca di una nuova identità) si snoda un ordinato e rispettoso corteo. I visitatori bisbigliano quasi intimoriti dalla monumentalità del luogo. L'arditezza maggiore, nella costruzione della galleria, non viene raggiunta con la messa in opera della copertura, "ma la difficoltà stava nel sostenere il pavimento della soprastante Galleria; ci volevano robusti arconi. E qui era facile dare al sotterraneo l'apparenza di una cantina o di una stalla. Si chiedevano nello stesso tempo forza e sveltezza […]" (Mario Vicari, Dissertazione presentata alla commissione esaminatrice della R. Scuola d'Applicazione per gl'Ingegneri in Torino per conseguire il diploma di laurea di ingegnere civile, novembre 1875). Il pavimento poggiava su 11 archi distanti fra loro 3,80 metri che vanno a definire un salone sotterraneo ad uso di birreria. La perfetta esecuzione della messa in opera permette, una volta disarmati, alla chiave di abbassarsi di soli 27 mm.
A partire dal 1888 a Torino vengono costruite altre due galleria urbane: in entrambi i casi i promotori delle operazioni sono istituti bancari alla ricerca di investimenti immobiliari. Il primo cantiere viene aperto in un'area della città maggiormente contraddistinta dalla funzione commerciale e segnata dall'obsolescenza del tessuto. Lorenzo Rivetti progetta la galleria Umberto I prevedendo uno sbocco in piazza Emanuele Filiberto (attuale piazza della Repubblica) e uno in via della Basilica. Rispetto alla galleria dell'Industria Subalpina il carattere monumentale e l'attenzione per i particolari decorativi lasciano spazio alla mera funzione commerciale. L'area non richiede uno spazio per il passeggio borghese bensì un'estensione al coperto del mercanteggiare della piazza.
Lo stesso anno vede il progetto ad opera di Camillo Riccio per la Galleria Nazionale realizzata in via Roma: quasi un compendio delle esperienze precedenti, è caratterizzata da una pronunciata verticalità e da una costante ricerca di monumentalità enfatizzata dall'adozione di un lessico neorinascimentale. Anche in questo caso, come per la Galleria Natta, gli interventi di ricostruzione di via Roma causeranno la totale demolizione dell'edificio» (1).
Successivamente, nel contesto degli imponenti lavori di ristrutturazione di via Roma e degli isolati circostanti avvenuti tra il 1931 e il 1937, il podestà Paolo Thaon di Revel avanzò l'ipotesi della ristrutturazione della Galleria Geisser (già Natta). La nuova struttura, realizzata nel 1933 dall’architetto Federico Canova e dall’ingegner Vittorio Bonadè Bottino, viene da questo momento denominata San Federico, dalla storica intitolazione dell’isolato.
Note
(1) in Annalisa Dameri, Cantieri e professioni: per una storia delle tecniche architettoniche e costruttive in Piemonte tra Otto e Novecento, Politecnico di Torino, Torino 2009, pp. 15 - 16
Bibliografia
- Dameri, Annalisa, Gallerie e negozi, in Bracco, Giuseppe - Comoli Mandracci, Vera (a cura di), Torino da capitale politica a capitale dell’industria. Il disegno della città (1850-1940), Vol. 1, Archivio storico della Città di Torino, Torino 2004, pp. 275- 282
- Dameri, Annalisa, Cantieri e professioni: per una storia delle tecniche architettoniche e costruttive in Piemonte tra Otto e Novecento, Politecnico di Torino, Torino 2009 , pp. 15 - 16
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