La Chiesa nel XV-XVI secolo e il miracolo "civico" del Corpus Domini
Tra il Quattrocento e il Cinquecento la vita religiosa di Torino fu segnata da vescovi di notevole personalità.
Nel Quattrocento l'episcopato torinese fu legato ai duchi di Savoia, ma non coinvolto nella disputa Roma-Avignone, sebbene questi ultimi ne siano stati parte diretta (Amedeo VIII di Savoia fu antipapa, col nome di Felice V, dal 1440 al 1449). Tranne il savoiardo Giovanni di Compeys, nel XV secolo i vescovi di Torino furono tutti piemontesi: due della famiglia Romagnano (Aimone dal 1411 al 1438, Ludovico dal 1438 al 1468) e – comprendendo anche il XVI secolo –, tre del potente casato Della Rovere, in successione fra loro (Domenico dal 1482 al 1501, Giovanni Ludovico dal 1501 al 1510, Giovanni Francesco dal 1510 al 1516).
Durante l'episcopato di Ludovico di Romagnano, nel 1453, si registrò il «Miracolo del Santissimo Sacramento». Il Municipio sostenne l’importanza dell’evento e, affinchè fosse ricordato, commissionò i dipinti collocati in una piccola edicola a tre comparti con inferriate, sormontata da tre piccole cupole in cui, a inizio Cinquecento, furono autorizzate le nomine dei sacerdoti. Un secolo dopo l'edicola sarebbe stata sostituita dall’attuale basilica del Corpus Domini, che rimase di proprietà civica.
Sotto Domenico Della Rovere fu abbattuto l'antico complesso episcopale, formato da tre chiese affiancate, ed edificato il Duomo attuale, iniziato nel 1492.
All’inizio del XVI secolo, la sede episcopale di Torino smise d’essere suffraganea di Milano, divenendo direttamente dipendente da Roma.
Claudio di Seyssel, un altro savoiardo, divenuto vescovo nel 1517, rinnovò profondamente la sede torinese. Forte personalità di studioso e pastore d’anime, fu anche consigliere del duca, impegnato in un duplice ruolo «politico» e religioso; scelse collaboratori di impegno pastorale ed ascetico, combatté i valdesi, rinnovò lo splendore dei riti, riorganizzò la rete ospedaliera, allontanò dalla città alcuni nobili sediziosi.