Scheda: Luogo - Tipo: Reti di impianti e servizi

L'illuminazione pubblica torinese

La città di Torino ha assunto nel corso del tempo la denominazione di Ville Lumière italiana. Tale accezione non è stata attribuita in modo casuale, ma a seguito di cambiamenti ed evoluzioni che l’illuminazione ha subito nelle strade e piazze del capoluogo piemontese. È chiaro come siano stati fondamentali i contributi provenienti sia dall’ambito scientifico e tecnico sia progettuale, in grado di avvicinarsi anche al mondo dell’arte.

 


Inaugurazione: 1675

Trasformazione: 1837
illuminazione a gas

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  • razionalismo | liberty | eclettismo

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  • illuminazione | luci | urbanistica | decorazione urbana | design | servizi

1. Storia dell'illuminazione torinese

La nascita dell’illuminazione pubblica a Torino può essere ricondotta al 1675 con l’uso di lanterne a sego tenute da pertiche infisse al muro. Sedici anni dopo, le pertiche sono sostituite da bracci di ferro e nel 1782 da lampade all’olio d’oliva. L’anno successivo il capitano Giuseppe Ruffino, direttore dell’illuminazione pubblica di Torino, applica a tali lampade un lucignolo speciale di sua invenzione, che per la sua «risplendente luce» fu molto apprezzato dal marchese Malaspina che nel 1785 visitò la città. [1]

La prima società italiana specializzata nella produzione di gas illuminante nacque a Torino nel 1837. La prima officina di produzione fu allestita fuori Porta Nuova, dalla quale prese il nome, nel quartiere Crocetta. La produzione contempla una serie completa di apparecchi, il cui disegno si differenzia in base all’ ubicazione: candelabri semplici o a bracci multipli nelle piazze o nelle vie principali; a braccio a parete nelle vie secondarie; lampioni appesi alle catene delle volte sotto i portici. Tra il 1850 ed il 1860 vennero soppressi 170 lampioni ad olio e sostituiti con 712 fanali a gas.

Il primo impianto di illuminazione elettrica è inaugurato nel 1884 in occasione dell’Esposizione Generale Italiana: fu illuminato il Teatro Regio applicando il sistema Edison ad incandescenza e piazza Carlo Felice con 12 lampade ad arco Siemens da 800 candele. Seguirà l’illuminazione di via Po, via Roma, piazza San Carlo e piazza Vittorio Emanuele.

Il Comune, al fine di gestire direttamente i servizi pubblici, nel 1907 fonda l’Azienda Municipale Elettrica (AEM) con un conseguente diminuzione del prezzo dell’energia: nell'area del Martinetto entra in servizio il primo impianto termoelettrico destinato ad assicurare l'energia alla Michelin. La sperimentazione continua ad essere fortemente avvertita in città e, nel 1911, durante l’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro, viene sperimentato un impianto di illuminazione con lampade in serie per i corsi Cairoli e Massimo D’Azeglio.

 

 

2. L'illuminazione moderna

Nel 1919 l’ingegner Peri costituisce il primo disegno globale ed organico di illuminazione elettrica della città. La scelta principale del progetto è la previsione di una forte gerarchia delle zone urbane per fasce concentriche, in cui il livello di illuminamento degrada dal centro alla periferia, mantenendo all'interno di ciascuna zona un valore costante. Nonostante alcune difficoltà d’attuazione, nel 1923 l’impianto venne ultimato con l’installazione di tredicimila lampade.

I criteri per l’illuminazione della città negli anni successivi rimasero immutati, diversamente dall’evoluzione tecnologica, che continuò la sua avanzata introducendo sul mercato nuovi fonti di luce: lampade a vapori di sodio (luce arancione), lampade a ioduri metallici, i vapori di mercurio a tubo fluorescente e a bulbo fluorescente ed altre ancora.

I preparativi per le celebrazioni del centenario per l’Expo “Italia 61” [2] diedero un grande impulso al miglioramento della illuminazione pubblica, sia nell'area espositiva sia nel resto della città, con nuovi e innovativi impianti. Torino, in tale occasione, iniziò ad assumere la denominazione di Ville Lumière italiana. Gli interventi di maggior rilievo sono ad opera dell’ingegnere Guido Chiarelli (1902-1982).

All'inizio degli anni Settanta si riscontra un diffuso potenziamento dei livelli di illuminamento e contemporaneamente viene rivolta particolare attenzione alle vie di grande scorrimento. Si assiste ad un progressivo impiego di lampade a scarica nei gas, scelta obbligata in seguito all'improvvisa crisi energetica In accordo con le raccomandazioni espresse dall'AIDI [3] e dalla CIE, l'AEM formulò nel 1973 un piano globale per la ristrutturazione dell'illuminazione urbana, denominato "Piano per il potenziamento dell'illuminazione pubblica di Torino”. L’AEM si occupò inoltre di sostituire e rinnovare alcuni impianti IP obsoleti.

Nel 1986 la città di Torino affida all’AEM l’intero servizio di illuminazione, società che nel 2013 è incorporata in Iren Energia. Quest’ultima gestisce il servizio di illuminazione pubblica, il cui parco impianti è costituito da 115.000 punti luce, alimentati da una rete elettrica estesa per circa 2.900 chilometri. Il servizio provvede ad assicurare l’Illuminazione Pubblica in tutte le vie e le piazze appartenenti al demanio comunale. Comprende la progettazione, la realizzazione e la manutenzione ordinaria degli impianti, mediante attività di riparazione e sostituzione.

 

3. Il ruolo di Guido Chiarelli

Guido Chiarelli (1902-1982) nasce a Caltanissetta, si iscrive all'Università di Palermo, per completare i suoi studi al Politecnico di Torino in ingegneria elettrotecnica. Nel 1928 viene assunto al Municipio di Torino. Durante la sua lunga carriera si occupa di impianti elettrici interni, termici, gasdotti, orologi, semafori, ma il suo nome resta soprattutto legato all'illuminazione pubblica della città dove ha condotto una vera e propria innovazione degli impianti: dal 1956 al 1968 ricopre infatti l'incarico di Ingegnere Capo Divisione alle Div. VII e poi V LL.PP. del Municipio di Torino.

Un ruolo molto significativo è quello svolto durante le celebrazioni di "Italia' 61" dove, per la prima volta, l'illuminazione pubblica trova un risvolto artistico: particolarmente suggestiva, ad esempio, è l'illuminazione notturna del Parco del Valentino o l’illuminazione della Mole Antonelliana su modello di quella della tour Eiffel per la mostra "Flor ’61". Nel 1958 riceve l'onorificenza di Cavaliere e nel 1965 quella di Cavaliere Ufficiale "al merito della Repubblica Italiana".

 

4. Modelli di lampade oggi in uso nell’illuminazione pubblica

In diverse zone della città si possono ancora ammirare le grandi e raffinate lanterne del ‘700, oggi definite Settecento grandi. Si tratta di lanterne storiche, a tronco di piramide a base esagonale, con scheletro di ghisa e decorazioni a conchiglie e corona (sono le classiche luci nelle chiavi di volta degli arconi esterni nel primo tratto di via Sacchi da corso Vittorio Emanuele II a corso Stati Uniti).

La collaborazione della Fondazione Neri, dell’omonima azienda-fonderia, con la città di Torino ha inizio molti anni fa e si è sviluppata nel tempo con il succedersi di tanti progetti, collaborazioni diverse in risposte ad altrettante esigenze che la città le ha rivolto. Il filo conduttore è stato il rispetto della storia della città e della sua illuminazione, recuperando attraverso il restauro e la riproduzione il design specifico attraverso tecnologie odierne di risparmio energetico e la ricerca dei materiali.

Alcuni dei progetti:

  • la lanterna denominata Impero, tipica della città. Una lanterna in ottone di dimensioni insolite sormontata da una corona composta da grandi sfere con la quale Torino ha arredato e illuminato le grandi piazze. E ancora, per i pali della luce in ottone di Piazza Castello, non essendo sopravvissuto alcun esemplare, la Fondazione Neri ha studiato le foto ottocentesche per ricavare proporzioni e decori e creare i modelli intagliati in legno necessari per la fusione.
  • La sospensione Santa Teresa che risale agli anni ‘30 del secolo scorso ed è il prodotto più diffuso in città, spesso montata su tesata, ma anche su mensole e pali, della quale si è riprodotto il corpo illuminante introducendo una parabola in grado di indirizzare la luce ed evitare la sua dispersione verso l’alto migliorandone l’efficienza.
  • Il parco del Valentino è circondato dalla linea tranviaria i cui cavi sono sostenuti da pali in acciaio arricchiti con una base in fusione di ghisa disegnata appositamente per il progetto originale. La Fondazione Neri ha riprodotto il palo che è stato utilizzato anche per l’illuminazione del Parco con l’impiego della sospensione “Santa Teresa”.

 

Note

[1] Per la citazione, vedere https://it.linkfang.org/wiki/Storia_dell%27illuminazione_pubblica_a_Torino

[2] Italia 61, esposizione internazionale del lavoro di Torino del 1961

[3] AIDI, Associazione Italiana Di Illumininazione

 

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Ente Responsabile

  • CSSD (Centro Studi Storia del Design in Piemonte)