Edilizia scolastica
Dalle imponenti e avanzate strutture edilizie di fine Ottocento alle scuole prefabbricate degli anni Sessanta-Settanta del Novecento: la storia dell’edilizia scolastica trova a Torino uno dei suoi centri di maggior interesse.
Se fino al 1880 circa le lezioni sono svolte principalmente in locali privati presi in affitto dal Comune, dopo questa data inizia una politica organica di edilizia scolastica.
Individuato il modello ritenuto più confacente alle esigenze di una scuola sulla base dei criteri adottati per la costruzione della Tommaseo (edificio a tre piani, con 38 classi, sale per ginnastica, biblioteca, uffici e alloggio di servizio) ed emanate nel 1879 le “Norme per la costruzione e l’arredamento degli edifici delle scuole municipali elementari”, il Municipio fa ricorso alla neonata Cassa depositi e prestiti, istituita dal governo, e inizia una massiccia campagna di costruzione: diciotto nuovi edifici scolastici sono realizzati negli ultimi vent’anni dell’Ottocento.
Un numero così elevato è giustificato dalle necessità contingenti: 1.500 allievi del 1849 diventano 13.386 nel 1877 e 23.953 nel 1898.
Sono gli anni in cui, su impulso di Giacinto Pacchiotti, gli edifici scolastici torinesi si fanno portatori di innovazioni igienico-sanitarie: le scuole iniziano a sperimentare sistemi di ricambio d’aria, gabinetti interni con sistemi a sifoni, docce nei sotterranei.
I primi anni del Novecento vedono proseguire questa grande attenzione per la scuola. In previsione di futuri aumenti di popolazione. Torino si impegna sia nella sopraelevazione delle strutture esistenti, anche di quelle recenti come le scuole Casati e Manzoni, sia nella costruzione di nuovi imponenti edifici scolastici atti ad accogliere fino a mille alunni (come le scuole Baricco, Margherita di Savoia, Duca d’Aosta, Cena, Vittorio Amedeo II, Re Umberto I), ancora ispirati ai modelli architettonici di fine Ottocento. Tra il 1922 e il 1935 aprono otto nuove scuole realizzate con una spesa da parte del Comune di oltre 25 milioni di lire. La scuola Duca degli Abruzzi con la sua area di 18.000 metri quadrati e la sua piscina scoperta nel cortile, diviene il nuovo modello. Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale l’edilizia scolastica torinese conosce livelli di eccellenza ed efficienza. Gli edifici, rigorosi e funzionali, non trascurano l'estetica: ne sono esempio le delicate decorazioni liberty sulla facciata dell’elementare Santorre di Santarosa.
I nomi indissolubilmente legati all’architettura scolastica torinese sono quelli degli ingegneri attivi presso l’Uffizio d’Arte del Comune (dal 1884 chiamato poi Ufficio Tecnico Comunale): Edoardo Pecco, Carlo Velasco, Tommaso Prinetti, Ernesto Ghiotti, Giorgio Scanagatta, Casimiro Dolza.
La Seconda Guerra Mondiale danneggia e talvolta distrugge numerosi edifici scolastici (Vittorino Da Feltre, Rignon, Tasso, Coppino e Monti le scuole più colpite) e quando inizia la ricostruzione Torino viene travolta da una “fame di aule” senza precedenti: la forte immigrazione dal sud raddoppia il numero di studenti, le aule scoppiano, si ricorre ai doppi turni e a una corsa alla costruzione senza precedenti. Gli edifici scolastici, da imponenti edifici rigorosi e ampi, si trasformano in prefabbricati standard di tre piani: 79 scuole tra elementari e medie sono costruite o ampliate tra il 1960 e il 1970.
Dibattiti politici, soluzioni discontinue e pressioni delle famiglie caratterizzano le soluzioni edilizie scolastiche di quegli anni: prima è la volta della “scuola aperta”, con gradoni per facilitare la socializzazione e il gioco, e pareti mobili per trasformare gli spazi comuni (scuola Castello di Mirafiori, Gobetti, Mazzarello); poi degli edifici scolastici che includono impianti sportivi e servizi alla comunità. Nascono in questo periodo anche i primi istituti comprensivi che ospitano in un’unica struttura immersa nel verde la scuola materna, elementare e media. I progetti degli edifici, come nel caso della Falletti di Barolo, prevedono spazi che risultano troppo piccoli ancor prima di essere realizzati; altre scuole come Cairoli o Collodi aprono già con la necessità di essere raddoppiate e si costruiscono edifici gemelli (Cairoli succursali e Rodari). Nell’attesa di nuove realizzazioni si costruiscono edifici provvisori nei cortili, come nel caso della Collodi stessa, e a volta si ritorna a occupare aule in affitto, anche in locali di fortuna, come accadeva alla fine dell'Ottocento.
Quando il bisogno di aule cessa, all’inizio degli anni Ottanta, subentrano le esigenze di ristrutturazione di edifici non sempre confortevoli, costruiti in tutta fretta per essere agibili il prima possibile. Oggi, con la contrazione della popolazione scolastica torinese, gli edifici non mancano, ma permangono i problemi che riguardano la ristrutturazione e la messa a norma sia degli edifici storici sia degli edifici degli anni che caratterizzano il boom torinese.
Bibliografia
- Luigi Secchi, Edifici scolastici italiani primari e secondari, Hoepli, Milano 1927
- Ministero della Pubblica Istruzione-Servizio centrale per l’edilizia e l’arredamento della scuola (a cura di), L’edilizia della scuola elementare. Studi, schemi, esempi, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma 1960
- Daprà, Mario, L’evoluzione dell’edilizia scolastica del Comune di Torino dal 1945 al 1985, [s.n., Torino] 2010
- Mario Daprà, La Fondazione dell’edilizia scolastica in Italia, contributo per un’analisi storica, in «Edilizia scolastica e culturale», parte I, II, III
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- Fondazione Tancredi di Barolo