Torino a fine XIII secolo
La piccola Torino del XIII secolo conservava sostanzialmente l’impianto romano, ma gli isolati erano meno regolari; il numero di abitanti era altalenante, ma le attività iniziavano a svilupparsi.
Amedeo III di Savoia entrò in Torino nel 1280 con il consenso di eminenti famiglie cittadine, e la sovranità del Comune fu sensibilmente limitata, ma la dinastia sabauda non era ancora definitivamente insediata in città.
All’epoca Torino era poco più grande che in età romana: circa 800x700 m tra le attuali via Roma, via Santa Teresa, corso Siccardi e via Giulio; era circondata da mura intervallate da torri rotonde o quadrate, con svariate porte, le principali erano Segusina, a est, Fibellona, a ovest, Doranea o Palacii a nord, Marmorea a sud. Davanti al castello di porta Fibellona, la parte più antica di Palazzo Madama, sua residenza, Filippo d’Acaia fece realizzare un’ampia piazza.
Tra le case, molte ancora con il tetto in paglia, vi erano ampi spazi coltivati o lasciati al bestiame, mentre le abitazioni delle personalità eminenti erano concentrate intorno alle strade maggiori (ancora cardo e decumano), mancavano edifici di pregio per ospitare viaggiatori illustri; l’igiene era problematica e oggetto di ripetute ordinanze.
Gli abitanti erano agricoltori e mercanti, e iniziava ad esistere uno sviluppo artigiano e manifatturiero (lavorazione e tintura di panni, fabbri). Erano circa 6.000, pur con anni di repentina diminuzione, specie in seguito alla peste nera di metà secolo. La città cresceva soprattutto per immigrazione, pur non favorita dalle autorità cittadine che ammettevano con facilità solo i nobili dei dintorni.
Bibliografia
- Maria Teresa Bonardi, Aldo A. Settia, La città e il suo territorio, in Rinaldo Comba (a cura di), Storia di Torino. II. Il basso Medioevo e la prima età moderna, Vol. II, Einaudi, Torino 1997, pp. 5-94
- Rinaldo Comba, L’economia, in Rinaldo Comba (a cura di), Storia di Torino. II. Il basso Medioevo e la prima età moderna (1280-1536), Vol. II, Einaudi, Torino 1997, pp. 95-158