Torino tra le due guerre
In una città in forte espansione demografica e produttiva, segnata dalla presenza di intellettuali, artisti, architetti e committenti anche portatori di istanze antifasciste (Pagano, Castrati, Gramsci, Gobetti, Gualino ecc.), sia il centro sia le periferie sono segnate da interventi di grande significato architettonico e urbanistico, di cui è promotore principale il settore pubblico, da via Roma Nuova agli edifici dei diversi organismi riferiti al partito fascista.
Negli anni tra le due guerre mondiali, e in particolare tra tardi anni Venti e anni Trenta, gli esiti più significativi a scala urbana e architettonica sono determinati dal contesto politico (in un contesto che vede una progressiva seppur difficile “fascistizzazione”: memorabile è il silenzio della folla che accoglie Mussolini a Mirafiori durante la visita ufficiale del 1939). Il maggiore degli interventi nella città storica, quello di via Roma Nuova (recepita come una delle più lussuose e moderne vie commerciali dell’epoca), così come gli edifici di committenza pubblica, intesi anche come veicolo di consenso popolare, sono espressione diretta delle scelte compiute a diversi livelli dal regime.
Tra precoci adeguamenti al razionalismo europeo, tardo monumentalismo e nuovo “stile littorio”, tra spinte innovatrici e tendenze alla normalizzazione, i nuovi linguaggi dell’architettura trovano ambiti di applicazione sia nel campo dell’edilizia collettiva (centri rionali fascisti e altre sedi del partito, il nuovo complesso sportivo attorno allo stadio Mussolini, ora olimpico), sia in quella residenziale (pubblica e privata, dai quartieri economici alle residenze della borghesia, per cui sono attivi Aloisio, Cuzzi, Levi-Montalcini), sia ancora in quella legata alla produzione, con il passaggio dal Lingotto (dal 1915), prima fabbrica fondata sulla razionalizzazione del lavoro, alla Snia Viscosa (1925), fino allo stabilimento della Fiat a Mirafiori (1939). Contemporaneamente a precoci icone della nascente cultura razionalista in Italia – in primo luogo il Palazzo per Uffici del Gruppo Gualino di Pagano e Levi-Montalcini – sorgono edifici che, pur tecnologicamente avanzati, fanno riferimento a un gusto maggiormente tradizionale monumentale e decorativo, come molte opere di Melis de Villa, Momo e Ballatore di Rosana.
Bibliografia
- Torino 1920-1936. Società e cultura tra sviluppo industriale e capitalismo, Progetto, Torino 1976
- Torino tra le due guerre. Cultura operaia e vita quotidiana in borgo San Paolo, organizzazione del consenso e comunicazioni di massa, l'organizzazione del territorio urbano, le arti decorative e industriali, le arti figurative, la musica e il teatro, Musei civici, Torino 1978
- Montanari, Guido, Interventi urbani e architetture pubbliche negli anni Trenta. Il caso del Piemonte, Clut, Torino 1992
- Biamino, Bruna (a cura di), L'architettura del moderno a Torino, Lindau, Torino 1993
- Bassi, Alberto - Castagno, Laura, Giuseppe Pagano, Laterza, Roma - Bari 1994
- Sgambati, Valeria, Il regime fascista a Torino, in Tranfaglia, Nicola (a cura di), Storia di Torino. Dalla Grande Guerra alla liberazione, 1915-1945, Vol. 8, G. Einaudi, Torino 1998, pp. 179-261 Vai al testo digitalizzato
- Rosso, Michela, La crescita della città, in Tranfaglia, Nicola (a cura di), Storia di Torino. Dalla Grande Guerra alla liberazione, 1915-1945, Vol. 8, G. Einaudi, Torino 1998, pp. 425-471 Vai al testo digitalizzato
- D’Orsi, Angelo, La cultura a Torino tra le due guerre, G. Einaudi, Torino 2000