Scheda: Tema - Tipo: Cultura e istruzione

L’analfabetismo a Torino tra fine Ottocento e inizio Novecento

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Al momento dell’Unità d’Italia il tasso di analfabetismo a Torino, più alto della media italiana, si attestava intorno 49%. All’inizio del Novecento la quasi totalità dei cittadini era capace di leggere e scrivere.

 


Periodo di riferimento: XIX secolo

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Nei 25 anni che seguirono il primo anno scolastico postunitario, il 1861-1862, il numero di allievi nelle scuole elementari diurne, pubbliche e private italiane, passa da 1 milione a 2 milioni e 300 mila. Al raddoppio della popolazione scolastica corrisponde la netta diminuzione del numero degli analfabeti. In particolare Torino, Sondrio e Novara risultano le provincie con il minor numero di abitanti incapaci di leggere e scrivere.
Alla luce di un contesto nazionale che conta una percentuale di analfabeti del 73% nel 1861; del 68,8% nel 1871; del 48,5% nel 1901 e del 37,5% nel 1911, Torino si può pregiare di una percentuale di analfabeti del 49% nel 1861, che scende dieci anni dopo al 35,8%, per arrivare nei primi anni del Novecento al 13,2%.
Interessante è osservare come le spese comunali per ogni alunno siano in Torino molto basse (L. 19,92) rispetto a investimenti molto più onerosi di altri Comuni (Roma ad esempio investe L. 42,82 per ogni alunno).
Influisce sui buoni risultati l’attenzione particolare che il Comune ha riservato ai locali scolastici: a fine Ottocento Torino conta 49 scuole elementari diurne, di cui 24 urbane con 8 succursali e 25 suburbane autonome per un totale di 535 classi, con 23.953 alunni tra maschi e femmine. A questi numeri si sommano i 2864 alunni delle scuole serali, i 1855 delle scuole festive e i 5430 delle scuole estive che completano l’offerta formativa permettendo anche ai lavoratori di imparare a leggere e scrivere.
Ampliando l’analisi al territorio esterno ai confini cittadini, i risultati emersi dalla Statistica dell’istruzione elementare del 1894-95 (Roma, 1897, pag. 76, tav. XXIX) riportano per il Piemonte un tasso di analfabetismo pari all’8.9%. Si tratta di un’ottima percentuale se paragonata al 31% del Veneto, al 38,4 degli Abruzzi o al’82,6% della Sicilia.
A inizio Novecento nell’intero Piemonte si può considerare che la quasi totalità dei bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni andasse a scuola: nell’anno scolastico 1901-1902 il tasso di scolarità si attestava al 99% per i maschi e al 95% per le femmine.
Una piena consapevolezza del livello di capacità di lettura e scrittura emergerebbe con chiarezza soltanto dall’incrocio tra i dati di iscrizione a scuola, quelli relativi alle bocciature e al numero di anni scolastici frequentati, tenendo in considerazione anche le differenze tra il mondo cittadino e quello rurale, dove

«nelle scuole delle nostre campagne la frequenza nel corso dell’anno scolastico è sparsa e intermittente nelle prime settimane (verso la fine dell’autunno); piena durante l’inverno e poi va scemando fino a diventare quasi nulla nella primavera e nell’estate, cioè al tempo dei lavori campestri, poi dei raccolti»¹.

In ogni caso, ad una analisi complessiva, a inizio Novecento Torino poteva affermare di avere pressoché sconfitto l’analfabetismo.


Note

1. V. Ravà, Attuazione delle disposizioni legislative sull’istruzione obbligatoria, in «Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione», XXXIII, 1906, p. 1732.

Ente Responsabile

  • Fondazione Tancredi di Barolo