Castello di Lucento
Raro esempio di residenza sabauda ancora esistente ubicata nella parte piana dell’area urbana torinese. Prima castello, poi edificio produttivo e residenza nobiliare, infine inserito nel tessuto industriale circostante.
Il castello di Lucento, insieme a quello più noto del Valentino, è la sola residenza sabauda ancora esistente ubicata nella parte piana dell’area urbana torinese.
La prima attestazione documentaria in cui viene segnalata la presenza di questa costruzione nel territorio di Lucento è del 1335. Se incerta è la sua data di costruzione, anche se i recenti restauri sembrano datare la casaforte al XIV secolo, certa è invece la sua funzione difensiva.
La famiglia Beccuti, la cui proprietà del castello è attestata dal 1363, si impegna, in un atto comunale del 1397, a mantenere costantemente un custode sulla torre con funzioni di avvistamento e di allarme in caso di pericolo per la città.
Nel 1574 il duca Emanuele Filiberto di Savoia rileva i beni della famiglia Beccuti a Lucento, in realtà lasciati in eredità alla Compagnia di Gesù, applicando la norma dello statuto della città di Torino che impone agli ordini religiosi di alienare a favore di laici i beni ricevuti in lascito.
Il duca avvia un processo di accorpamento dei terreni della zona in cui è situato il castello al fine di realizzare un parco per la sua attività venatoria, e la struttura viene trasformata in una prestigiosa e pacifica residenza di campagna che da allora in poi sarà una delle mete preferite e maggiormente frequentate dal duca.
Egli crea un imponente parco cintato, vi insedia gli animali selvatici necessari alle sue battute di caccia e tenta di introdurre nuove colture, tra cui quella del gelso. La cronaca dell’epoca riferisce che, durante il viaggio di trasferimento della Santa Sindone da Chambéry a Torino voluto dal duca di Savoia per abbreviare il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo, allora vescovo di Milano, il sacro lino fece tappa nel castello di Lucento dove fu accolto dal duca in persona e da tutta la corte il 5 settembre 1578, e qui rimase sino al 14 settembre quando fu trasportato processionalmente con grande solennità a Torino nella nuova cappella ducale di San Lorenzo.
Nel 1586 Carlo Emanuele I di Savoia, succeduto al duca Emanuele Filiberto morto nel 1580, non manifesta interesse nei confronti del castello e della sua tenuta e ne cede la proprietà al cognato Filippo d’Este marchese di Lanzo in cambio dei possedimenti e della residenza del Valentino, mantenendo però i privilegi sulle sue acque e sui canali.
Il feudo di Lucento rimane ufficialmente appannaggio degli Este fino al 1654, quando viene donato da Carlo Emanuele II di Savoia alla madre Cristina di Francia, la quale successivamente lo cederà al marchese Federico Tana d’Entracque.
In realtà, però, i Savoia godranno dell’usufrutto della tenuta almeno sino al 1619 confermandone la funzione attribuitale dal duca Emanuele Filiberto, vale a dire di centro per le battute di caccia.
Nei primi anni del Settecento nel castello, sul lato verso la Dora, sorge un filatoio di seta. Durante l’assedio del 1706, la chiesa e il castello di Lucento fanno da cerniera fra il fronte nord, a sinistra della Dora Riparia, e il fronte sud-ovest, a destra del fiume, della linea di controvallazione degli assedianti franco-spagnoli. I Francesi ne fanno un punto forte nelle linee d’assedio perché la posizione, su di un ciglio dominante la riva sinistra della Dora Riparia, favoriva il controllo delle comunicazioni con la Francia. Il Castello è anche il luogo dell’ultimo focolaio di resistenza nel corso della battaglia con gli austro-piemontesi il 7 settembre 1706, prima della ritirata degli assedianti.
Acquistato nel 1834 dall’Ospedale San Giovanni, nel 1848 vede insediarsi un’altra manifattura, la tintoria di cotone stampato di Felice Bosio, che subentra al filatoio sfruttandone il movimento dei mulini; nel 1879 il complesso architettonico viene acquistato dalla Città di Torino per adempiere al lascito di Carlo Alfonso Bonafous e istituire una scuola per la formazione all’attività agricola di giovani poveri. Infine, diviene sede degli uffici della ditta Teksid e, in seguito sede API, imprese.
Note
Da Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984:
CASTELLO DI LUCENTO, GIÀ ISTITUTO BONAFUS, ORA TEKSID
Via Pianezza 123
Castello, filatore da seta e cascine di pianura, trasformati.
Edificio civile e rurale, castello e filatore da seta, che formavano un insieme di valore ambientale e documentario. Significativo esempio di edificio produttivo e residenza nobiliare, inserito ora nel costruito ed in uso industriale. Castello di origine medievale, nel 1397 feudo dei Beccuti. Nel XVI secolo, è acquistato da Emanuele Filiberto che lo trasforma in dimora estiva. Ospita la Sindone in occasione di un pellegrinaggio a Chambery del Cardinale Borromeo, da dove fu poi portata a Torino. Passa al Tana che successivamente viene infeudato di Lucento, oltre che di Villaretto e Cascinette. Il Grossi lo descrive: «Castello, filatore con quattro cascine attigue…, il filatore è uno dei due primi che si sono fabbricati in Piemonte». Acquistato dal Bonafus, per suo lascito divenne scuola professionale, e fu poi venduto alla Fiat.
A. GROSSI, 1790; CARTA COROGRAFICA DIMOSTRATIVA […], 1791; [Catasto RABBINI], 1866; TOPOGRAFIA / DELLA CITTÀ […]. 1840; E. GRBAUDI ROSSI. 1970, pp. 153 sgg.
Tavola: 25
Bibliografia
- Politecnico di Torino. Dipartimento Casa Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Vol. 1, Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, Torino 1984 , p. 520 Vai alla pagina digitalizzata
- Laboratorio di ricerca storica sulla periferia urbana della zona Nord-Ovest di Torino (a cura di), Soggetti e problemi di storia della zona nord-ovest di Torino fino al 1796: Lucento e Madonna di Campagna, Università degli studi di Torino. Facoltà di Scienze della formazione, Torino 1997 , pp. 24, 32, 34, 55-57, 65-66, 73-76, 81, 92, 97-98, 106, 109, 112-114, 116-118, 122, 135, 137-140, 143, 147, 149, 156-159, 161-163, 169, 177-178, 181, 186, 196, 199, 201, 206-207, 242, 271, 279.
- Sforza, Michele, La città sotto il fuoco della guerra. La tragedia delle città italiane e l'impegno dei vigili del fuoco nella seconda guerra mondiale, U. Allemandi, Torino 1998 , p. 33
- Laboratorio di ricerca storica sulla periferia urbana della zona Nord-Ovest di Torino (a cura di), Soggetti e problemi di storia della zona nord-ovest di Torino dal 1796 al 1889: Lucento, Madonna di Campagna e Borgo Vittoria, Università degli studi di Torino. Facoltà di Scienze della formazione, Torino 1998 , pp. 11, 21, 33, 62-63, 69-70, 85, 99, 112.
- Biasin, Maurizio - Bretto, Domenico, Le trasformazioni del castello di Lucento dalle origini all'inizio del Seicento: da torre di avvistamento a residenza di caccia, in «Quaderni del Cds. Periodico a cura del Centro di documentazione storica della Circoscrizione 5ª», A. I, n. 1, fascicolo 1, 2002, Torino, pp. 7-54
- Biasin, Maurizio, I principali fondi archivistici sul feudo di Lucento e i Beccuti, in «Quaderni del Cds. Periodico a cura del Centro di documentazione storica della Circoscrizione 5ª», A. III, n. 4, fascicolo 1, 2004, Torino, pp. 135-160
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Sitografia
Fonti Archivistiche
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- Associazione L&M – I Luoghi e la Memoria