Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Giovanni Battista Beccaria (Mondovì 1716 - Torino 1781)

Fisico e geodeta. Celebre per le sue ricerche circa l'azione dell'elettricità sull'aria, sull'acqua, sui metalli. Introdusse in Italia il parafulmine e lo perfezionò. Nel campo della geodesia, ha scoperto la deviazione del filo a piombo dalla verticale, nel corso di una misurazione del grado di meridiana*.


Nascita: 1716
Mondovì

Morte: 1781
Torino

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  • scienziato | fisico

Francesco Ludovico Beccaria nacque a Mondovì (Cuneo) il 3 ottobre 1716. Entrato a sedici anni nella Congregazione dei Chierici regolari delle Scuole Pie, assunse il nome di Giovanni Battista o Giambatista (nelle sue lettere, così come nei suoi scritti, compaiono entrambe le varianti). Terminata la sua formazione, nel 1744 fu chiamato a ricoprire la cattedra di Filosofia nella scuola madre di San Pantaleo a Roma: «[…] Ma il bello, che universalmente piace, non era forse troppo conveniente al suo temperamento, onde sebbene scrivesse con somma purità le due lingue, non potea primeggiare nella divina arte del dire, perciò rivolse la sua applicazione agli studi matematici».
Si preparava nel frattempo lo scenario della sua futura carriera a Torino, dove Vittorio Amedeo II aveva riorganizzato l’Università prescrivendo nuove costituzioni, erigendo il nuovo palazzo in via Po e infondendo nuova vita nel corpo insegnante. Questa riforma fu continuata sotto Carlo Emanuele III, che nel 1748 offrì a Beccaria l’insegnamento della Fisica sperimentale nell’Ateneo cittadino, incarico che egli accettò e che svolse per oltre trent’anni, fino alla morte. Le sue lezioni, fondate sulle teorie di Galileo e Newton con riferimenti al recente pensiero scientifico che comprendeva Kepler, Descartes, Huygens, Leibniz e Franklin, erano in netto contrasto con l’aristotelismo che aveva improntato la dottrina dei suoi predecessori, del tutto avulsi dallo sperimentalismo e dalla fisica matematica.
Beccaria fu in Italia, e specialmente in Piemonte, con l’esempio, l’insegnamento e gli scritti, stimolo alla generazione di scienziati che fiorì nell’ultimo quarto del XVIII secolo. Egli raccolse intorno a sé una cerchia di giovani, tra i quali Giovanni Francesco Cigna (1734-1790), Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) e Giuseppe Angelo Saluzzo di Monesiglio (1734-1810), che nel 1757 furono tra i fondatori a Torino di una Società scientifica di carattere privato che nel 1783 divenne l’Accademia delle Scienze, cui tuttavia Beccaria non appartenne mai. Accettò con slancio, invece, le nomine a membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna e della Royal Society di Londra.
Egli fu essenzialmente interessato ai fenomeni elettrici. La sua prima opera, Dell’elettricismo artificiale e naturale libri due, data alle stampe nel 1753 per i tipi di Filippo Antonio Campana, gli valse l’apprezzamento dello stesso Franklin. Tra i due – che non si conobbero mai di persona – nacque un sentimento di stima reciproca che portò a un intenso scambio epistolare durato diversi decenni.
Sotto la sua direzione furono costruiti i primi parafulmini che vennero collocati sopra la sua casa in via Po, al Castello del Valentino, al Duomo di Milano.
Nel 1756, invitato a Bologna a tenere un corso di esperienze presso il locale Istituto delle Scienze, Beccaria indirizzò a G.B. Beccari alcune lettere che, raccolte nell’opera edita nel 1758 Dell’elettricismo. Lettere di G.B. Beccaria membro della Società Reale di Londra, e dell’Accademia delle Scienze di Bologna ... dirette al chiarissimo signor Giacomo Bartolommeo Beccari preside perpetuo e professore di chimica nell’Istituto di Bologna (stamperia All’insegna dell’Iride), furono considerate una vera summa sull’argomento.
Per dedicarsi più agevolmente ai suoi studi, Beccaria fece costruire un piccolo laboratorio-osservatorio a Garzegna, nei pressi di Mondovì. L’indagine sui fulmini – che attirava per mezzo di un parafulmine – gli procurò una certa fama presso i contadini locali: «la plebe lo ammirava come stregone […] e molte persone d’ogni ceto ricorrevano a lui per avere i numeri che dovevano uscir all’estrazione della lotteria […] In breve si può dire che fossero compìti tutti i suoi desideri eccetto quello di abbracciare Franklin, oggetto della sua ammirazione ed emulazione».
Il successivo indirizzarsi verso studi di carattere astronomico fu determinato dal passaggio della cometa di Halley nel 1759, quando il re Carlo Emanuele III, interessato all’osservazione del cielo, commissionò a Beccaria la realizzazione di un telescopio da collocarsi nei giardini reali.
In seguito a quest’evento e dietro suggerimento di Padre Ruggero Boscovich, il sovrano affidò a Beccaria la misura dell’arco del meridiano di Torino. I risultati, conseguiti con la collaborazione del suo assistente e allievo Domenico Canonica, furono pubblicati nel 1774. L’esattezza dell’indagine, aspramente criticata dall’astronomo César-François Cassini de Thury (direttore dell’Osservatorio di Parigi), trovò conferma soltanto nel 1827 al termine di una verifica condotta da parte di una Commissione di ingegneri e geografi sotto la direzione di Giovanni Plana: il Gradus misurato da Beccaria differiva di soli 13" d’arco da quello misurato dalla Commissione.
Per quanto concerne la notizia riportata da Giuseppe Eandi circa l’allestimento da parte del fisico piemontese di un “piccolo osservatorio” situato sulla torretta della sua casa, in via Po, essa è da ricondursi al periodo di poco successivo al passaggio della cometa, più esattamente al 1761. Ancora negli anni 1788-1789, un anno prima della fondazione ufficiale della Specola torinese presso il palazzo dell’Accademia delle Scienze, le «Mémoires de la Académie Royale des Sciences» riportano la notizia di questo primo punto di osservazione in Torino.
Ammalatosi gravemente nel 1778, Beccaria morì a Torino il 27 maggio 1781. Così l’abate Valperga Caluso, suo allievo e amico, ebbe a ricordarlo: «Voi, diceva, udiste molte cose di quell’uomo, ma io ho ancora innanzi l’immagine del maestro. Quanto svariato ed eloquente fu nel ragionare! Di quale diligenza nell’interrogare la natura! In matematica certo non contese gli onori al Bosckovich [sic], ma deh quante lode non gli venne e dalla scienza dell’elettrico e da quella schiera di giovani, che emulando le scuole de’ nostri vicini, salirono poi in tanta rinomanza! Da quali era a desiderare ch’egli giammai non si fosse partito. Se non ché forse troppo pronto alla collera, dai discepoli che di parole avea offeso, fu come dannato all’ostracismo».

Note

Motivazione dell'Ufficio Toponomastica per l'intitolazione della via.

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