Edificio pubblico
Sull’odierna piazza Emanuele Filiberto, addossato all’esterno delle mura della città, sorgeva un grande edificio pubblico di epoca romana.
Introduzione
Le attività di controllo archeologico e scavo stratigrafico preventive alla costruzione di un parcheggio interrato condotte negli anni novanta del secolo scorso hanno permesso di individuare, su un’area di circa cinquemila metri quadri, parti delle strutture di un edificio pubblico già noto da vecchi ritrovamenti. Il luogo infatti corrisponde a quello in cui nel 1830-1831 si ritrovarono “non pochi membri architettonici, un pavimento assai grande, di costruzione romana, fatto con brecce e cipollini antichi, e alcuni frammenti di antiche statue …”1. La relazione è del numismatico e archeologo Giulio Cordero di San Quintino (Mondovì 1778 – Torino 1857, dal 1825 al 1832 conservatore del Museo Egizio di Torino) che afferma poi di aver recuperato i marmi e di averli inseriti nella pavimentazione del Museo Egizio. La versione dei fatti riportata da Carlo Promis (Torino 1808-1872, architetto, storico dell'architettura e archeologo, professore di architettura e consigliere comunale a Torino, nominato dal 1839 Regio archeologo e autore della prima Pianta di Torino Romana) racconta di un vano con pareti ricoperte di marmo giallognolo e di un emiciclo rivestito e pavimentato di marmo bianco.
Promis descrive anche gli stipiti di una porta, sempre marmorea, che definisce Hipocaustum, intendendo probabilmente con questo termine un impianto termale. Nel 1904 Alfredo D’Andrade (Lisbona 26 agosto 1839 – Genova, 30 novembre 1915, architetto e direttore dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria) rileva una parte delle strutture e le inserisce nella sua pianta di Torino romana.
Un edificio pubblico
L’edificio, a pianta rettangolare allungata disposta parallelamente alla cinta muraria, era raccordato alle mura della città o forse vi era addossato. La poderosa parete nord era irrobustita da un complesso sistema di fondazioni; un lungo tratto della parete meridionale è visibile all’interno dell’attuale autorimessa e conserva ancora tracce dell’originario intonaco dipinto. È possibile che questo complesso monumentale, di cui resta incerta l’interpretazione, si sviluppasse verso nord scendendo a terrazze verso le sponde della Dora. L’ipotesi è forse avvalorata dalla presenza di una serie di strutture definite da un poderoso muro e da una pavimentazione cementizia molto estesa, di cui non si sono conservati i limiti, emerse nel corso della costruzione del sottopassaggio veicolare di corso Regina Margherita.
Note
1 Giulio Cordero di San Quintino, Ricerche intorno ad alcune cose antiche dissotterrate in Torino negli anni 1830 e 1831, in Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino, XXXVI, 1833, pp. 139-156 (part. p. 19, n. 1). Il passo è riedito in Liliana Mercando, Testimonianze di monumenti perduti, in Archeologia a Torino. Dall’età preromana all’Alto Medioevo, a cura di Liliana Mercando, U. Allemandi, Torino 2003, pp. 133-149 (part. p. 64).
Bibliografia
- Filippi, Fedora - Pejrani Baricco, Luisella - Levati, Patrizia, Torino, indagini nel centro storico, in «Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte», A. 13, 1995, Torino, pp. 358-364 , (part. pp. 361-364) Vai al testo digitalizzato
- Gabucci, Ada - Pejrani Baricco, Luisella, Elementi di edilizia e urbanistica di Augusta Taurinorum. Trasformazioni della forma urbana e topografia archeologica in Intra illa moenia domus ac penates (Liv. 2, 40, 7): il tessuto abitativo nelle città romane della Cisalpina, Quasar, Roma 2009, pp. 225-245 , (part. p. 235)
Fonti Archivistiche
- Disegni D’Andrade, Archivio disegni SAP
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Ente Responsabile
- Mostra Torino: storia di una città
- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie