Porta “Decumana"
Palazzo Madama, nel suo aspetto attuale, è il risultato della ormai bimillenaria aggregazione e sovrapposizione di strutture intorno all’originale nucleo della porta romana.
Introduzione
In età romana gli ingressi allo spazio urbano, i punti di passaggio dall’esterno all’interno, avevano una loro autonomia architettonica che spesso corrispondeva anche a un’evoluzione del tutto separata da quella delle cortine murarie. In diversi casi, come probabilmente è accaduto ad Augusta Taurinorum, la porta poteva essere costruita ben prima che si elevasse la cinta muraria, con il solo scopo di monumentalizzare l’ingresso allo spazio urbano. Le porte erano quindi collocate su un perimetro astratto o segnato da una semplice palizzata che divideva dal punto di vista amministrativo e religioso la città dalla campagna.
La struttura della porta a cavedio
Verso la fine dell’età repubblicana le sperimentazioni architettoniche nella realizzazione delle porte urbiche portano al perfezionamento di una tipologia che avrà molto successo, quella della porta con cavedio. Si tratta di porte doppie con un cortile aperto centrale e il lato verso l’esterno chiuso da una saracinesca o da battenti; alte torri laterali poligonali fungevano da rinforzo prima solo della cortina esterna e poi anche di quella interna. Il cortile interno, circondato da alte mura, aveva la funzione di monumentale vestibolo d’ingresso alla città, posto di controllo e probabilmente di riscossione dei dazi, e di eventuale trappola per gli assedianti che fossero riusciti a forzare la prima porta.
La porta “Decumana”
La struttura, del tutto simile a quella della Porta Palatina, era costituita da quattro fornici, carrabili quelli centrali e pedonali quelli laterali, compresi tra due torri a pianta esadecagonale (a sedici lati) su base quadrata. La muratura ha paramenti esterni in mattoni sesquipedali e un conglomerato interno di ciottoli e malta; a intervalli regolari il piano è segnato da un corso di mattoni. Sugli spigoli interni dei fornici laterali erano inseriti grossi blocchi in pietra che fungevano da paracarri e sulle pareti interne di tutti e quattro i passaggi sono ancora visibili le guide di scorrimento delle grate di chiusura delle porte, che venivano manovrate dal piano superiore. Sulla facciata occidentale, rivolta verso la città, sono conservati brevi tratti dell’innesto perpendicolare delle pareti del cavaedium, l’avancorpo quadrato a corte interna aperta che monumentalizzava l’ingresso in città. Sotto i fornici sono ancora visibili tratti di un basolato che è probabilmente frutto di una pavimentazione realizzata in epoca successiva alla costruzione della porta. Sotto il basolato del fornice settentrionale sono venute alla luce una tubatura in piombo (fistula) per l’adduzione dell’acqua.
In età romana la porta aveva certamente un nome che a noi non è noto. L’attuale denominazione di Porta Decumana deriva dalla letteratura ottocentesca.
Dopo l’età romana
L’apertura della porta antica rimane in uso a lungo, anche se con una certa discontinuità nella manutenzione stradale, sia dentro la città che verso la campagna. Le indagini archeologiche hanno messo in luce una serie di successive e non sempre coincidenti tracce viarie sul lato esterno alla città fino a un progressivo interramento della sede stradale. Dopo un periodo di probabile riconversione agricola dei terreni, nella prima metà del XII secolo viene sistemata una nuova grande strada in ciottoli; meno di duecento anni dopo, all’inizio del XIV secolo, l’apertura della porta viene chiusa in seguito alla trasformazione della struttura in castello.
Il “castrum vetus”
Alfredo d’Andrade (Alfredo Cesare Reis Freira de Andrade, Lisbona 26 agosto 1839 – Genova, 30 novembre 1915, architetto e direttore dell’Ufficio dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria), sulla base di alcune osservazioni fatte durante il restauro di Palazzo Madama, ipotizzava la creazione di un “luogo forte” sulla struttura della porta romana già tra X e XI secolo. In seguito alle ricerche più recenti possiamo oggi dire che una dimora signorile si aggrega alla porta urbica ancora funzionante in un momento forse un po’ posteriore a quanto ipotizzato da D’Andrade. La residenza, impreziosita dall’uso di finestre e marmi antichi recuperati dalla demolizione della prima cattedrale, era probabilmente una pertinenza vescovile. Nel corso del XIII secolo la dimora, forse in mano a nuovi proprietari, si amplia con l’aggiunta di ulterori corpi di fabbrica all’esterno della porta antica. Dalla formazione di un vero e proprio castello che ingloba la porta nel Duecento, ormai documentato anche dalle fonti, deriva la necessità di una nuova apertura nelle mura, la Porta Fibellona, citata dai documenti a partire dal 1208, che darà il nome al castello quando, alla fine del XIII secolo, vi si insedieranno i primi Savoia subentrati alla signoria del marchese del Monferrato.
Palazzo Madama. Il Museo
L’intero palazzo, con il palinsesto delle sue bimillenarie componenti, è stato indagato e restaurato, tra il 1884 e il 1887, da Alfredo d’Andrade. Dopo le scoperte ottocentesche, tra il 1971 e il 1974 è stato riaperto lo scavo in corrispondenza della scala elicoidale quattrocentesca della corte del castello e nel 1987 sono stati effettuati dei sondaggi nel fossato per verificare la fattibilità del progetto dei nuovi servizi tecnologici. La complessa fase di restauro e riallestimento del palazzo, avviata nel 1997, ha permesso di aprire un nuovo capitolo, affrontando la revisione e la rilettura delle complesse strutture sovrapposte nella corte del castello. La riorganizzazione dei percorsi museali ha indotto infatti al ripensamento della soluzione scelta al termine dello scavo di Alfredo d’Andrade, suggerendo di riportare integralmente in luce i resti emersi in questa sala, rendendoli visitabili con passerelle vetrate.
Bibliografia
- Pejrani Baricco, Luisella - Maffeis, Laura, Dall’età romana ai lavori per Madama Cristina: percorsi archeologici, in Romano, Giovanni (a cura di), Palazzo Madama a Torino. Da castello medioevale a museo della città, Fondazione CRT, Torino 2006, pp. 17-34
- Pejrani Baricco, Luisella, L'indagine archeologica, in Pagella, Enrica - Viano, Carlo (a cura di), Palazzo Madama a Torino. Dal restauro al nuovo museo, Silvana editoriale, Cinisello Balsamo 2010, pp. 130-133
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Ente Responsabile
- Mostra Torino: storia di una città
- Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie