Ghetto ebraico
Ghetto vecchio: delimitato dalle vie Maria Vittoria, Bogino, Principe Amedeo e san Francesco da Paola. Ghetto nuovo: via des Ambrois 2.
Il ghetto ebraico torinese, il cui centro principale risale al 1679, è una porzione di città compresa tra le vie Maria Vittoria, Bogino, Principe Amedeo e San Francesco da Paola. L’isolato è definito da due blocchi residenziali che si affacciano su cortili interni, costellati di ballatoi che si snodano sui quattro lati.
Nel 1679, Maria Giovanna Battista di Nemours, reggente, stabilì con un decreto la creazione del ghetto di Torino, primo e unico esistente in Piemonte e nel Ducato da lei governato, fino al 1723. Venne collocato nell'ex area dell'Ospedale di Carità, che occupava l'intero isolato del Beato Amedeo, su contrada San Filippo, qui furono recuperati preesistenti edifici, che erano dedicati all'ospitalità dei poveri, spostati nel Palazzo degli stemmi in via Po, per sistemare la quasi totalità delle famiglie ebree. L'ingresso principale era allora in contrada San Filippo (oggi via Maria Vittoria). Era strutturato in cinque cortili - detti Cortile Grande, dei preti, della vite, della taverna e della terrazza - tra loro comunicanti attraverso dei corridoi coperti, chiamati Portici oscuri. Nel Cortile della vite si trovava la Sinagoga di rito spagnolo (Sefardita - Sefar in ebraico signica Spagna), mentre quella di rito italiano era nel Cortile Grande. Il Cortile della terrazza era adibito a forno per la cottura delle azzime, mentre nel sottosuolo del Cortile Grande c'era la vasca del bagno rituale, il Mikvè. La crescita della popolazione - più di mille persone - e l'arrivo degli ebrei di Cuorgnè, resero necessario nel 1724 l'ampliamento del ghetto, utilizzando l'edificio sito nell'isolato adiacente di San Benedetto, con l'ingresso principale in via del Moro, oggi via des Ambrois (ancora oggi è visibile il portale), che ospitava anche la Sinagoga di rito tedesco (Askenazita). Molto più densi rispetto agli isolati contigui, gli edifici del ghetto si distinguono nelle loro facciate: a parità di altezza con le case limitrofe, sono sovrapposti 4 piani più un ammezzato. All'interno erano collocate tutte le principali attività necessarie alla comunità. Le attività lavorative degli ebrei erano per lo più limitate a lavori artigianali, quali sarti, calzolai e altre piccole attività.
Con le Regie Patenti di Carlo Alberto (Lo Statuto, firmato da Carlo Alberto il 4 marzo, getta le basi per l’abolizione delle discriminazioni giuridiche a danno degli ebrei, i cui diritti civili vengono riconosciuti con il regio decreto del 29 marzo 1848, n. 688; il decreto luogotenenziale 15 aprile 1848, n.735 ammette gli israeliti al servizio militare. Finalmente, la legge 29 giugno 1848, n. 735, dispone il pieno riconoscimento anche dei diritti politici: “La differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici ed alla ammissibilità alle cariche civili e militari”), il ghetto non ebbe più la necessità di esistere, poiché gli ebrei potevano acquistare alloggi anche in altre zone della città e quindi il ghetto si svuotò progressivamente e gli stabili vennero venduti e ristrutturati, è infatti ottocentesca e neobarocca l'immagine attuale dell'isolato del ghetto. I cancelli che ancora oggi sono visibili non sono i cancelli del ghetto, anche perché non corrispondono alle 4 aperture sulle vie del quadrilatero tra le vie San Francesco da Paola, Maria Vittoria, Bogino e Principe Amedeo. L'unica apertura originale corrisponde all'ancora esistente portone centrale dell'isolato dalla parte di via Principe Amedeo, mentre tutti gli altri cancelli vennero posti dopo il 1848. Il portone principale del ghetto era nell'attuale via Maria Vittoria, in posizione centrale e veniva chiuso dall'esterno alle 23, per evitare che entrassero estranei per fare affari con gli ebrei che tenevano il banco dei pegni, dando denaro in cambio di oggetti di valore.
Nella seconda metà dell'Ottocento dunque i palazzi del ghetto vennero venduti e ristrutturati, le famiglie ebree poterono trasferirsi anche in altri quartieri della città.
Nel novecento, gli ebrei torinesi risiedono in tutte le zone della città, i più benestanti alla Crocetta, le famiglie meno abbienti in San Salvario, in prossimità della Sinagoga (costruita nel 1884).
Bibliografia
- Pellegrini, Max, Le aree segregate. Approcci teorici e un caso storico: il ghetto ebraico di Torino, Celid, Torino 1992
- Allegra, Luciano, Identità in bilico. Il ghetto ebraico di Torino nel Settecento, Zamorani, Torino 1996
- Foa, Anna, Andare per ghetti e giudecche, Il Mulino, Bologna 2014 , pp. 111-116
- Franco, Valentina, La città degli ebrei a Torino, Tesi di laurea, Politecnico di Torino, I Facoltà di Architettura, a.a. 2008/09, relatore Guido Montanari
Sitografia
Fonti Archivistiche
- ASCT Fondo danni di guerra, inv. 94-98, cart. 2
- http://archiviebraici.hapax.it/
Fototeca
Oggetti correlati
Temi correlati
Luoghi correlati
Ente Responsabile
- Mostra Torino: storia di una città
- Museo Diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà