01. L'occupazione di Torino (10-30 settembre 1943)
Nel primo pomeriggio del 10 settembre 1943, i tedeschi del 2^ Reggimento corazzato Panzer-Grenadier della I Divisione “Leibstandarte SS Adolf Hitler” entrarono in città provenienti dall'autostrada Torino-Milano. Erano circa 3 mila uomini ben equipaggiati, dall'aspetto minaccioso e impressionante, «ossuti e verdi come ramarri», scrive Cesare Pavese; si trattava di truppe appena giunte dal fronte russo, abituate dunque più di altre ad una violenza cieca e senza freni.
" Nel primo pomeriggio del 10 settembre 1943, i tedeschi del 2^ Reggimento corazzato Panzer-Grenadier della I Divisione “Leibstandarte SS Adolf Hitler” entrarono in città provenienti dall'autostrada Torino-Milano. Erano circa 3 mila uomini ben equipaggiati, dall'aspetto minaccioso e impressionante, «ossuti e verdi come ramarri», scrive Cesare Pavese; si trattava di truppe appena giunte dal fronte russo, abituate dunque più di altre ad una violenza cieca e senza freni. La lunga fila di carri armati, autocarri blindati e camionette percorse senza difficoltà il lungo asse viario di corso Giulio Cesare giungendo fino a Porta Palazzo, dove si divise irradiandosi verso il centro. In poco tempo vennero così occupati i punti nevralgici di Torino: il palazzo degli Alti Comandi di corso Galileo Ferraris, il palazzo delle Poste e Telegrafi di via Alfieri, la stazione di Porta Nuova e gli altri scali ferroviari. Quasi contemporaneamente caddero in mano tedesca il Distretto militare di via Po e le principali caserme in cui - per ordine del comandante della Piazza di Torino, generale Enrico Adami-Rossi - si trovavano in quel momento alcune migliaia di giovani soldati della guarnigione disarmati e trattenuti. Dall'area centrale, intanto, altri reparti mossero verso la periferia per presidiare i più importanti stabilimenti industriali.
Anche se non vi erano stati fino a quel momento concreti episodi di aggressività da parte dei torinesi, gli invasori si resero subito protagonisti di una fitta trama di sparatorie, esecuzioni e atti di violenza gratuita con il duplice scopo di punire l'alleato “traditore” e amplificare il clima di terrore già esistente nei loro confronti. In questo modo diventava più semplice tenere sotto controllo con poche forze una città a grande concentrazione operaia.
Tra il 10 e il 12 settembre le violenze delle SS provocarono 49 morti e 93 feriti.
Nei primi due giorni, in particolare, alle uccisioni terroristiche di singoli cittadini, colpiti a caso dagli autocarri, si sommarono quattro stragi: la prima avvenne a Porta Nuova nel pomeriggio del 10 settembre. La folla stava assistendo ammutolita al passaggio di una lunghissima colonna di ex militari appena prelevati dalle caserme e scortati verso la stazione Dora per essere inviati in Germania, quando da un tram in transito lungo via Nizza partirono alcuni fischi e urla nei confronti dei tedeschi. La loro reazione fu immediata: il mezzo fu bersagliato da numerose raffiche di mitra, seguite subito da un fuggi fuggi generale e dal lancio di bombe a mano e spari estesi anche all'area di via Sacchi, corso Vittorio Emanuele e via XX Settembre. Sul terreno restarono 3 morti e 11 feriti.
L'apice delle violenze venne toccato l'indomani, nei pressi dell'Opificio militare di corso Regina Margherita 16, quando un gran numero di donne, ragazzi e uomini invase i locali dell'edificio rimasto incustodito per procurarsi vestiario, scarpe e materiali vari utili per sopravvivere. Forse avvertiti da qualche fascista, intorno a mezzogiorno i tedeschi sopraggiunsero con alcune camionette armate di mitragliatrici che aprirono il fuoco sulla folla provocando 17 morti, tra cui la casalinga cinquantaseienne Annunziata Angiolini Mangiavachi, e almeno 17 feriti.
Nel pomeriggio, in corso Stupinigi (l'attuale corso Unione Sovietica), si verificò un terzo grave episodio. Circa 500 dragoni del Nizza Cavalleria erano stati catturati dalle SS e incolonnati sui propri cavalli per essere condotti a Porta Nuova con destinazione la Germania. Mentre la lunga fila stava percorrendo il viale, si verificò un imprevisto: all'altezza di corso Sommeiller il passaggio di un tram nascose per pochi secondi una parte dei prigionieri alle camionette tedesche di sorveglianza. In un attimo, decine di militari scesero dai cavalli e fuggirono nelle case circostanti con l'aiuto della folla assiepata lungo il corso. A quel punto, con un effetto domino, lo sbandamento investì rapidamente tutta la fila di prigionieri lunga quasi un chilometro; davanti all'ospedale Mauriziano un gruppo di dragoni, approfittando dell'accaduto, si lanciò alla carica contro le camionette tedesche facendo dissolvere l'intera colonna, mentre le SS aprivano il fuoco all'impazzata. In terra restarono 3 morti e 22 feriti, tra cui diversi civili.
Verso le 19 si verificò la quarta strage. Nel corso di un pattugliamento, gli occupanti sorpresero una folla di donne, ragazzi e anziani che si stava accalcando nella caserma dell'Aeronautica in via Principe Amedeo, a poca distanza da piazza Vittorio Veneto. Le raffiche sparate immediatamente nella via lunga e stretta provocarono 5 morti, tra cui una ragazzina, e 14 feriti.
Oltre a queste tragiche vicende, la comunità torinese fu segnata anche da esecuzioni di singoli cittadini, violenze e addirittura investimenti mortali provocati dagli automezzi militari, poco pratici di Torino e lanciati a grande velocità. L'occupazione, frattanto, si stava strutturando rapidamente; la Sipo/SD, comandata dal tenente delle SS Alois Schmid, giunse in città il 18 settembre, mentre la settimana dopo si costituì la Militärkommandantur 1005 agli ordini del generale Felix von Klass.
All'opposizione spontanea manifestatasi fino ad allora con la sottrazione dai magazzini e dalle caserme di tutto quello che poteva servire al nemico, comprese molte armi, si aggiunse alla fine del mese la prima azione di opposizione armata all'occupazione. Ne fu protagonista il giovane Alessandro Brusasco, che dopo essere stato arrestato si suicidò.
Tra l'occupazione e la fine di settembre, Torino ebbe 54 caduti e almeno 105 feriti " (1).
Note
(1) Nicola Adduci, 1 L'occupazione di Torino (10-30 settembre 1943), in Adduci, Nicola [et al.] (a cura di), Che il silenzio non sia silenzio. Memoria civica dei caduti della Resistenza a Torino, Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà - Istoreto, Torino 2015, pp. 34 - 36
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