Concessione e promulgazione dello Statuto Albertino
Dopo averne annunciato la concessione l’8 febbraio, il 4 marzo 1848 Carlo Alberto concede lo Statuto, rinunciando alle prerogative del potere assoluto.
7 febbraio, presieduto da Carlo Alberto alle 8 del mattino si riunisce il Consiglio di conferenza; per riportare la quiete nel paese il re decide di annunciare con un proclama le basi della carta costituzionale. I ministri e gli alti ufficiali esaminano e discutono i punti dello Statuto; il conte Carlo Beraudo di Pralormo, il conte Lodovico Peyretti di Condove, il marchese Giovanni Raggi e il cavalier Luigi Provana di Collegno si mostrano sfavorevoli alla concessione di istituzioni rappresentative. Verso le ore 16, al termine della riunione, il re riceve freddamente i due sindaci di Torino, latori dell’indirizzo del Consiglio comunale richiedente la costituzione. Dopo aver seguito l’invito a rimanere tranquilli, verso sera alcuni cittadini si riuniscono in Piazza Castello e nei pressi di Palazzo Reale
8 febbraio, a Torino verso le ore 15,30 viene affisso un editto in cui Carlo Alberto espone in quattordici articoli le basi dello Statuto per stabilire un sistema di governo rappresentativo che lasci comunque al potere regio la maggiore ampiezza di azione. Il decreto è accolto con entusiasmo: alle 18 Torino è tutta illuminata e le strade percorse da manifestazioni imponenti, in cui alle lodi al re, tra applausi, grida e sventolio di centinaia di bandiere, si mescolano le invettive anti austriache e anti gesuitiche
8 febbraio, una grande folla, radunatasi in Piazza Vittorio, guidata da Roberto d’Azeglio raggiungeva piazza Castello e Palazzo Reale; i dimostranti, sempre guidati dal d’Azeglio e da Amedeo di Chiavarina e Nicolò Vineis, si portano nella piazza del Palazzo Civico per salutare i sindaci e quindi vanno a rendere omaggio al nunzio apostolico, ai ministri di Napoli e di Toscana e a Pietro di Santa Rosa. Infine si recano in contrada Dora Grossa dinanzi al Collegio dei gesuiti, nel massimo silenzio e con le bandiere capovolte. I domenicani festeggiano con l’illuminazione della loro chiesa, sulla cui porta viene posta un’iscrizione invocante la benedizione divina su Carlo Alberto
9 febbraio, a Torino proseguono i festeggiamenti; le contrade e i portici di Po sono affollati come negli ultimi giorni di carnevale; molte le carrozze per le vie. Alla sera, durante la rappresentazione di una commedia al Teatro d’Angennes, gli attori portano sul petto una coccarda turchina; il pubblico acclama il re e lo Statuto, cantando l’inno di Mameli; da alcuni palchi sventolano le bandiere e in segno di concordia e fratellanza le signore intrecciano i fazzoletti. Nel corso del consueto passaggio, gli alunni del Collegio dei nobili, gestito dai gesuiti, vengono tutti fregiati con una nappa tricolore italiana, da cui pendono nastri turchini
10 febbraio, a Torino il Consiglio comunale rinuncia ai titoli feudali della città, e cioè a quelli di contessa di Grugliasco e di signora di Beinasco. In un Consiglio di conferenza sempre presieduto dal sovrano si delibera l’accelerazione dei disegni di legge relativi alla guardia civica, alla stampa e all’emancipazione dei valdesi. Si festeggia con un banchetto i sindaci di Genova, inviati a esternare al re la propria gratitudine. La Camera di agricoltura e commercio vota un indirizzo di ringraziamento al sovrano
11 febbraio, un proclama di re Carlo Alberto stabilisce che il sistema di governo rappresentativo venga esteso alla Sardegna e stabilisce che a partire dal 1° aprile venga omologato il sistema di importazione e di esportazione tra i beni prodotti sull’isola e negli stati di terraferma. Numerosi cittadini, riuniti nel Caffè di Piemonte per discutere sull’organizzazione della festa prevista per domenica 13 febbraio, eleggono una commissione di nove membri, presieduta da Roberto d’Azeglio (e di cui fecero parte, tra gli altri, anche Angelo Brofferio e Riccardo Sineo), il quale al termine della seduta si raccomanda che nella festa venga inalberata soltanto la coccarda azzurra, gradita al re. La festa nazionale, a causa del cattivo tempo, viene infine rimandata a domenica 27 febbraio. Per esprimere la propria riconoscenza a Carlo Alberto, anche i seminaristi escono a passeggio con la coccarda tricolore sul petto
12 febbraio, il Corpo decurionale, salutato nel percorso da due ali di folla plaudente, si reca nella chiesa civica del Corpus Domini, splendidamente addobbata e affollata di fedeli, per la celebrazione del Te Deum per la concessione dello Statuto; l’arcivescovo Fransoni intona l’inno sacro
13 febbraio, a Torino giungono molte deputazioni provinciali non avvisate in tempo del rinvio della festa nazionale; viene comunque allestito per loro un banchetto, con l’intervento di numerosi cittadini e della commissione organizzatrice del 27 febbraio, con brindisi a Carlo Alberto, Gioberti, ai martiri lombardi, col canto dell’inno di Mameli e di una canzone piemontese di Brofferio, applauditissima
16 febbraio, i gesuiti vengono espulsi da Cagliari. Il consiglio comunale di Torino offre un banchetto ai deputati di Chambery, per esaltare i legami fra le due città
17 febbraio 1848, “L’Opinione” avanza la richiesta motivata di un’ampia amnistia a favore dei condannati politici nei processi del 1821, del 1831 e del 1834. Gli avvocati torinesi festeggiano la costituzione con un banchetto, seguito da una veglia e da un intrattenimento musicale
18 febbraio, nel pomeriggio Carlo Alberto, tra gli Evviva della popolazione, visita l’Ospedale di carità e il Ricovero di mendicità. Al Teatro Carignano si tiene una serata nazionale, con canto di inni popolari, segnata da scarso pubblico e assenza di nobili. Trapela la notizia che ogni giorno, per la tutela dell’ordine pubblico, tutti i reggimenti di stanza a Torino, tengono 100 soldati consegnati in caserma
20 febbraio, molti torinesi vestiti in costume italiano si recano a cena alla Trattoria delle Indie, per presentare e festeggiare il nuovo abbigliamento, da alcuni deriso
21 febbraio, a Torino si tiene un gran ballo a corte, a Palazzo Reale, dalle ore 20 alle 2 del mattino. Nel Salone della Rocca, a beneficio della Piccola Casa della Divina Provvidenza e delle Scuole Infantili di Torino, si tiene un’accademia vocale e strumentale
23 febbraio, a Torino, appresa la notizia della proclamazione della legge marziale a Milano, una folta schiera di torinesi si porta sotto l’abitazione del ministro plenipotenziario inglese Ralph Abercromby, per manifestare la gratitudine per l’appoggio del governo inglese alla causa italiana, dichiarato da Lord Palmerston ai Comuni, e nel contempo la protesta contro l’Austria. Il ministro britannico riceve una deputazione di dimostranti, guidata da Brofferio
24 febbraio, a Torino l’arcivescovo Fransoni vieta agli studenti di teologia di prendere parte attiva alla dimostrazione indetta per il 27 febbraio. Data la ressa prevista per la festa, il proprietario del Caffè Nazionale introduce per quel giorno un biglietto d’ingresso al locale, il cui ricavato sarebbe stato destinato a beneficio della Piccola Casa della Divina Provvidenza, che tuttavia rifiuta ravvisando un balzello imposto agli avventori in una festa patriottica
25 febbraio, a Torino iniziano i divertimenti teatrali straordinari in occasione della festa del 27: al Teatro Carignano si tiene un gran concerto nazionale con orchestra e cori; nei due giorni successivi una festa da ballo in maschera sarebbe stata organizzata al Teatro Regio
27 febbraio, la festa nazionale di Torino inizia alle ore 9 con l’adunata generale nei viali della Piazza d’Armi, dalla parte di Porta Nuova e della Crocetta. Anche i militari di stanza a Torino, per disposizione di Carlo Alberto, sono autorizzati a partecipare. Accompagnati dal rombo dei cannoni, i partecipanti, indicati dagli organizzatori in circa 100 mila, ordinati in drappelli separati di 20 persone su 2 file, composti dai membri delle deputazioni delle città e dei paesi del Piemonte, delle corporazioni d’arti e mestieri, delle unioni, delle società, formano un corteo lungo circa 2 chilometri, sventolante centinaia di coccarde azzurre, in cui spiccano al primo posto il drappello dei valdesi, circa 500, scesi dalle loro valli, e quello dei lombardo-veneti, senza bandiera e vestiti a lutto
27 febbraio, il corteo, muovendo tra due ali di folla, percorre le contrade della Provvidenza (via XX settembre), dei Carrozzai (via San Quintino), della Madonna degli Angeli, (via Carlo Alberto), di Po e della piazza Vittorio Emanuele, e giunge ai piedi della gradinata della Gran Madre. Ai quattro angoli del ponte sul Po quattro bellissimi modelli rappresentano i fiumi Po, Arno, Tevere e Sebeto, simboli dell’Italia tutta
27 febbraio, alle ore 11, da un altare eretto sul pronao della chiesa, viene intonato l’inno ambrosiano: mentre i drappelli del corteo sono sulla piazza, la coda è appena giunta davanti alla chiesa della Madonna degli Angeli. Terminata la funzione religiosa, il corteo percorre la piazza Vittorio Emanuele e la contrada di Po, giungendo in piazza Castello, e per tre ore sfila sotto la galleria d’armi davanti a Carlo Alberto, ai due suoi figli e al principe Eugenio, tutti a cavallo, circondati dallo stato maggiore
27 febbraio, verso le 18 ha inizio l’illuminazione straordinaria della città: la Gran Madre, piazza Vittorio Emanuele, contrada di Po, piazza Castello, Palazzo Civico «erano coperti di lumi sì fittamente che avresti detto che i palazzi e gli edifici erano di fuoco; migliaia e migliaia di lumiere sagomavano gli stipiti, gli archi, gl’intercolonnii». Sulla Gran Madre fiammeggia l’iscrizione Viva lo Statuto. In cielo si vede un globo aerostatico ornato di fuochi di bengala
27 febbraio, verso mezzanotte, quando si stanno spegnendo le ultime illuminazioni, la città è «cheta e silenziosa come un deserto». In occasione della festa si erano effettuate, a spese del comune, quattro lotterie di commestibili nelle piazze Palazzo di Città, Castello, San Carlo e Carlina, ciascuna con distribuzione di 1500 biglietti alle persone bisognose. I commestibili elargiti erano focacce, salami, capponi, quarti di castrato, pezzi di manzo, lingue salate, farina di meliga, riso, mele e vino
28 febbraio, mentre la rivoluzione di Parigi suscita enorme impressione a Torino, i sindaci di Torino comunicano al consiglio decurionale l’alto gradimento e l’ammirazione espressi da Carlo Alberto per la dimostrazione del giorno precedente. I sardi residenti a Torino giustificano al “Risorgimento” l’assenza della loro bandiera nel corteo del 27, essendo stato negato dalla commissione il primo posto che loro competeva
1° marzo, a Torino, nel salone dell’Albergo Trobetta il Consiglio decurionale offre un banchetto alla commissione organizzatrice della festa nazionale. Alla fine una folla numerosa si raccoglie sotto le finestre invocando armi nella supposizione che l’insurrezione di Parigi abbia come effetto immediato la guerra
2 marzo, durante il Consiglio di conferenza presieduto da Carlo Alberto viene letto il progetto dello Statuto, tradotto dal francese in italiano; si stabilisce di chiamare la camera alta Senato e non Camera dei Pari; si prendono importanti decisioni in merito alla legge elettorale e a quella sulla stampa.
dopo che il 1° marzo i gesuiti erano stati costretti a lasciare Genova, a Torino si tiene una dimostrazione popolare contro i gesuiti che, per disposizione governativa hanno cominciato a lasciare la città, insieme alle suore del Sacro Cuore. La manifestazione viene sciolta con la forza. Nei giorni successivi i gesuiti, che rappresentano per l’opinione pubblica la parte reazionaria della Chiesa, sarebbero stati espulsi anche da altre città del regno, come Novara, Chambery, Aosta, Chieri, Voghera.
2 marzo, ufficiali provinciali e militari in congedo di varie classi di leva vengono richiamati alle armi; a tale scopo viene pubblicato un avviso dei sindaci che invita i proprietari, i commercianti, i capi di bottega o di officina con i loro figli, gli impiegati, i militari in ritiro, tra i 21 e i 55 anni, a presentarsi
3 marzo, i sindaci di Torino Colli e Nigra invitano i cittadini a iscriversi alla costituenda guardia nazionale; a tale scopo il governo mette a disposizione della cittadinanza 500 fucili per un primo esperimento
4 marzo, a Palazzo Reale Carlo Alberto firma lo Statuto dopo molte esitazioni e un profondo conflitto interiore che l’aveva indotto a pensare anche all’abdicazione. Il nuovo ordinamento costituzionale piemontese è modellato sulla Costituzione francese del ‘30. Viene riconosciuta l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, garantita la libertà individuale, di riunione e una certa libertà di stampa, istituita la guardia civica. L’articolo 1° assicura la tolleranza dei culti già esistenti.
4 marzo, a partire dalla sera, oltre 600 cittadini, radunati sotto i portici di piazza San Carlo e ordinati in varie squadre comandate dal colonnello Giacomo Durando, perlustrano le vie cittadine.
5 marzo, i francesi residenti a Torino sono invitati a riunirsi nel Caffè del Piemonte per prendere accordi sulla celebrazione funebre in ricordo dei loro fratelli morti per la libertà
6 marzo, su proposta del sindaco Colli il comune apre una sottoscrizione a favore delle famiglie dei giovani chiamati alle armi
marzo, la chiesa dei Santi Martiri, già officiata dai gesuiti, viene ora officiata dal parroco di San Rocco
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Ente Responsabile
- Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino