Cascine Ranotte
Le due cascine a corte chiusa, traggono denominazione dalla famiglia Ranotti, proprietaria fin dal XV secolo di terre e fabbricati al di qua e al di là del fiume Stura. Affiancate, ma non comunicanti, sono state ristrutturate dai rispettivi proprietari e adibite a residenza privata.
Le Ranotte, cascine di origine quattro-cinquecentesca a corte chiusa e addossate l’una all’altra, sono attualmente adibite a uso residenziale e circondate da orti privati.
Fino al 1970 almeno, come riportato su Cascine e ville della pianura torinese (Elisa Gribaudi Rossi, Le Bouquiniste, Torino 1970), sulla facciata del rustico della cascina con ingresso su via Tanaro erano visibili alcune decorazioni, dipinte con il colore nero, a forma di stelle a varie punte simili a “rose dei venti”, ma chiamate dagli abitanti della zona “meridiane”.
La struttura odierna è il risultato di successive aggiunte e abbattimenti; comprende costruzioni riferibili ad abitazioni civili, case rustiche, stalle e casi da terra (depositi di attrezzi e prodotti agricoli). La particolare disposizione planimetrica delle cascine si compone di quattro fabbricati, di cui due disposti a “L” e gli altri posti frontalmente.
La famiglia dei Ranotti, dalla quale le cascine traggono la denominazione, compare nei documenti d’archivio fin dal catasto comunale del 1363, quando Oberto Tramesio detto “Rana” dichiara di possedere una casa e due giornate di terra. La ricchezza della famiglia, legata al commercio della carne, si accresce rapidamente, tanto che Vietto e Giovanni, figli di Oberto, che assumeranno il cognome di “Ranotti” derivandolo dal soprannome del padre, dichiareranno, nel catasto del 1380, più di 100 giornate di terreno. Nel 1415 le proprietà sono addirittura raddoppiate. La fortuna della famiglia, come già detto, deriva dall’attività di allevamento, macellazione e commercio della carne e si consoliderà nell’acquisizione di possedimenti e nella gestione di attività su entrambe le sponde del fiume Stura.
La generazione successiva potrà accedere a cariche pubbliche nella città di Torino; in particolare tre membri della famiglia ricopriranno la carica di “chiavario”, ovvero di rappresentante del ceto popolare presso il Comune: Domenico, figlio di Giovanni, nel 1441, Antonio nel 1457 e nel 1460, Berto, figlio di quest’ultimo, nel 1489.
Oltre lo Stura, verso la metà del secolo, registrati nell’estimo del 1445, sorgono edifici dei due rami della famiglia: una “domus cum tectis” con 85 giornate di terra, che darà origine al successivo borgo del Villaretto, e una piccola casa cui fanno capo 132 giornate.
A distanza di circa vent’anni, nel 1464, la “domus cum tectis” è definita “ayrale cum domo, tectis, orto”, a testimonianza dell’avvenuta chiusura della corte, e la piccola casa è diventata una “cassina cum tectis”.
Nel Quattrocento i Ranotti sono inoltre proprietari nell’area al di qua dello Stura della cascina nota in seguito come “Cascina Ranotta” e l’egemonia della famiglia su questo tratto di fiume è confermata dalla concessione comunale a Berto Ranotto della gestione delle imbarcazioni per l’attraversamento del fiume Stura nel 1485, nonché l’autorizzazione alla costruzione di un mulino, il Mulino del Villaretto, chiesta da Berto Ranotto nel 1489.
Il Registro Catastale del 1523 conferma i possedimenti dei diversi rami dei Ranotti su entrambe le sponde del fiume Stura: al di qua una cascina e alcuni casotti con forno, al di là del fiume la Cascina detta “Casa Bianca”, una cascina e terreni “ad gerbidum de Sachis”, il mulino del Villaretto, e una cascina “cum suis edificiis et pertinenciis tegulis copertam”.
Di questi ampi possedimenti quattro-cinquecenteschi dei Ranotti è ancora possibile riconoscere traccia nella cascina Ranotta al di qua dello Stura, che si trova nell’isolato tra via Ala di Stura, Corso Grosseto e via Sospello, nel nucleo centrale del borgo del Villaretto, nel mulino, e nelle cascine Ranotte oltre Stura.
È ipotizzabile che le attuali cascine Ranotte siano il risultato della divisione di un’unica proprietà, definita ancora “Cascina Ranotta” - al singolare - fino ai primi decenni del XIX secolo, come si legge nella mappa del Catasto Napoleonico del 1804 (“Ferme Ranotto”) e nel Catasto Gatti del 1820-’30 (“Cascina Ranotta”), nonostante a quella data i proprietari delle due porzioni fossero già diversi.
Nella Guida alle Cascine…redatta dall’architetto Grossi nel 1790, al contrario, la proprietà risulta indivisa ed è attribuita al Conte d’Arcour: «La RANOTTA cascina dell’Illustrissimo sig. Conte d’Arcour situata alla sinistra della strada di Chivasso distante due miglia ed un quarto da Torino.»
La complessa planimetria delle due cascine Ranotte è rilevata per la prima volta nel Catasto Napoleonico del 1804 come segue: la cascina di levante, a corte chiusa, costituita da una manica a “L” e giardino adiacente a sud; la cascina di ponente anch’essa a corte chiusa, con due fabbricati a manica unica affacciati sulla corte interna.
Nella Carta delle Regie Caccie, del 1816, vediamo aggiungersi alcuni fabbricati lungo la corte della cascina a est, che è rilevata dunque con pianta a “C”.
Il Catasto Gatti non rileva variazioni planimetriche. Il relativo Colonnario Territoriale attribuisce la proprietà della cascina a ovest, costituita da due case rustiche, il cortile, un caso da terra e l’orto al Signor Conte d’Harcour, proprietario anche della Cascina Bellacomba.
Gli eredi d’Harcour rimarranno proprietari della cascina fino al 1909, quando sarà ceduta alla Ditta Sacerdote.
La cascina a est, che, come risulta dal Colonnario, si compone di casa rustica, cortile, orto, campi e uno stagno, appartiene al Conte Carlo Alberto de Cays. La cascina verrà venduta nel 1898 al Signor Giovan Battista Dentis.
Nella mappa del 1840 redatta dal geometra Rabbini non si riscontrano variazioni planimetriche. Il relativo Elenco dei proprietari, confermando il Catasto Gatti, attribuisce le proprietà ai Conti Erasmo d’Harcour e Cais di Pierlas.
Nel catasto Rabbini del 1866 si può constatare l’abbattimento della manica a meridione della cascina a est; il fabbricato a ovest viene inoltre ampliato nell’area relativa alla casa civile. Quanto alla cascina di ponente, la costruzione di strutture verso est, collegando le due maniche antiche, forma una pianta a “C”.
La mappa del catasto Rabbini rispecchia la planimetria a tutt’oggi riscontrabile, nonostante l’abbattimento di alcune porzioni di strutture in rovina.
Attualmente la cascina a levante si presenta con pianta a “L”, ma conserva una porzione dell’antico muro anche su lato verso via Tanaro.
La cascina di ponente possiede fabbricati lungo tutto il perimetro della corte; alcuni di essi sono stati completamente ricostruiti di recente in elevato. Già nel corso del XIX secolo alcune porzioni dell’edificio dovevano trovarsi in rovina, e si era già provveduto pertanto a un rafforzamento dei muri perimetrali, inserendo contrafforti ancora ben visibili su entrambe le cascine Ranotte dal lato della Strada vicinale dell’Abbadia di Stura.
Bibliografia
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- Rabbini, Antonio, Elenco dei nomi dei proprietari delle cascine, ville e fabbriche designate sulla carta topografica della città, territorio di Torino e suoi contorni, G.B. Maggi, Torino 1840 , n.o. 266, 267; A5, B5 Vai al testo digitalizzato
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