Porte urbane
Le porte, di epoca romana, sopravvissero nel medioevo, mutando tuttavia in parte la propria funzione. Il loro uso decadde nei secoli XVII e XVIII, di pari passo con l’ampliamento della città e la realizzazione di nuove mura e di nuovi accessi.
L'età romana
Le quattro porte torinesi, databili alla fine del I secolo a.C., sorgevano in corrispondenza degli assi urbanistici: Principale Destra e Principale Sinistra rispettivamente a sud e a nord del cardo massimo; la Decumana e la Pretoria rispettivamente a est e a ovest del decumano massimo. Caratterizzate da una struttura ripetitiva, con torri poligonali a sedici lati e interturrio (ossia il prospetto libero compreso tra le torri stesse) a ordini sovrapposti, esse mostravano un’evidente valenza simbolica e programmatica, caratteristica ricorrente nei manufatti di età augustea.
Completavano il sistema, all’interno, articolati edifici destinati a ospitare il corpo di guardia (la statio), mentre all’esterno, probabilmente sin dalle origini, sorgevano opere note con il nome di antemurali. La presenza di queste ultime è, tuttavia, documentata con certezza solo nel 1065.
Proprio alla fase romana risalgono gli unici resti coerenti delle porte torinesi. In particolare, si conservano la Porta Principale Sinistra (oggi nota come di Porta Palatina), pressoché integra, e le due torri della Porta Decumana, inglobate nelle strutture di Palazzo Madama.
Il medioevo
Peculiarità del medioevo torinese è la tendenza a trasformare le strutture delle porte in spazi a servizio del potere pubblico. A partire dal X secolo la porta occidentale, che nel frattempo aveva cambiato nome in Segusina, fu utilizzata come sede dei marchesi di Torino e, di riflesso, talvolta definita «castello». Nel 1047 la porta settentrionale era proprietà dei canonici della cattedrale. All’epoca era chiamata Doranea e così sarebbe stato ancora per oltre due secoli: per veder affermarsi il nome di Palazzo o Palatina, infatti, si sarebbe dovuto attendere non solo la costruzione nei suoi pressi del palazzo imperiale, ma anche la sua rovina.
Meno conosciute sono invece le vicende occorse alle porte orientale e meridionale. La prima, documentata a partire dal 1208 come Fibellona (denominazione di origine ignota, ma comunque riferibile a un varco aperto accanto all’originaria Porta Decumana, che nel tempo era stata occupata da strutture edilizie) è nota soprattutto in relazione alla fabbrica del castello di Torino, il quale, realizzato a partire dal 1317 da Filippo di Savoia-Acaia (1264-1334), ne acquisì il nome. La porta meridionale assunse invece sin dal 1075 il nome di Marmorea. Sebbene ancora documentata dall'iconografia del XVI secolo, essa fu tuttavia in parte smantellata al principio del Trecento per ricavare materiali edilizi da utilizzare proprio nella fabbrica del castello sabaudo.
L'età moderna
La pratica medievale di utilizzare le porte per usi pubblici, anche in ragione del loro elevato valore simbolico, comporta necessariamente un intasamento edilizio dell’interturrio. Questa pratica potrebbe aver avuto un ruolo da un lato nella moltiplicazione di varchi – tanto che, nei secoli XII-XIII, sono documentate almeno sei porte “nuove” – dall'altro nella ridefinizione del ruolo che esse, singolarmente, assumevano nel panorama urbano. La prima a perdere in parte la propria funzione di accesso privilegiato sembra essere stata proprio la Porta Palatina, a favore della più occidentale Porta Pusterla. La Porta Marmorea cadde invece definitivamente in disuso quando su progetto di Ascanio Vitozzi (1539-1615) fu aperto, dopo il 1587, il primo tratto della contrada nuova (odierna via Roma). Ma è soprattutto nel Sei e nel Settecento, con il progredire del progetto di ingrandimento della città, che le porte originarie, ormai circoscritte, al pari della mura, entro un perimetro difensivo ben più ampio, caddero definitivamente in disuso.
I nuovi accessi principali della città, che di fatto recuperarono, traslandola verso l’esterno, la giacitura di quelli antichi, continuarono tuttavia a essere connotati da una valenza simbolica. E' noto per esempio il caso della Porta di Po che, raffigurata in una tavola del Theatrum Sabaudiae, fu progettata da Guarino Guarinin el 1679 circa e demolita nel 1816 durante la seconda occupazione francese di Torino.
Bibliografia
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Sitografia
Fonti Archivistiche
- Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Codice Vaticano Barberiniano Latino 4424.
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Ente Responsabile
- CeSRAMP