Scheda: Tema - Tipo: Storia

L’immigrazione a Torino dal dopoguerra agli anni Settanta

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Torino è al centro di flussi migratori che raggiungono dimensioni rilevanti negli anni del miracolo economico. Tra gli immigrati prevalgono quelli provenienti dal Sud Italia. L’ondata migratoria porta a un aumento della popolazione e alla crescita di atteggiamenti di rifiuto ed esclusione.

 


Periodo di riferimento: 1951 - 1975

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  • emigrazione

L’immigrazione a Torino

A partire dal primo dopoguerra, Torino è al centro di un consistente flusso migratorio che, iniziato nei primi anni Cinquanta, raggiunge il suo apice nel periodo del miracolo economico proseguendo per tutti gli anni Settanta del Novecento. A partire sono soprattutto uomini e donne residenti nel Sud Italia, zona di fame e miseria, attratti dalle possibilità lavorative offerte dalle fabbriche cittadine, che attraversano una fase di straordinario sviluppo, a stento supportato dalla manodopera locale. Città dell’industria e capitale dell’auto, Torino esercita una forte capacità attrattiva, ben esemplificata da una filastrocca, molto diffusa tra i bambini della Puglia: “Torino, Torino, che bella città, si mangia, si beve e bene si sta!” (1). Tra il 1958 e il 1963 più di 1.300.000 meridionali abbandonano le proprie case per trasferirsi nel Centro e nel Nord Italia; tra essi sono più di 800.000 coloro che si dirigono verso le grandi città del triangolo industriale, prima tra tutte Torino. Ogni giorno, sulle banchine della stazione di Porta Nuova, si riversa un numero sempre più consistente di persone arrivate a bordo del “Treno del Sole”, un convoglio che in ventitre ore attraversa l’Italia, dalla Sicilia al Piemonte. Un flusso migratorio che si traduce in una crescita immediata della popolazione torinese, passata dai 753.000 abitanti del 1953 a 1.114.000 del 1963 (2), molti dei quali costituiti da immigrati, che portano il saldo migratorio cittadino a essere quello “più elevato di tutte le altre città italiane”(3).

 

Le traiettorie migratorie

Sul territorio cittadino si snodano parabole migratorie che vedono i nuovi arrivati dal sud sostituirsi a quelli dell’Italia settentrionale, i primi ad arrivare in città. A partire dagli anni Cinquanta lo scenario muta radicalmente: pugliesi, calabresi, lucani, siciliani e sardi prendono il sopravvento sugli immigrati dell’Italia settentrionale, “fino ad allora la maggioranza assoluta”. Secondo il censimento del 1971, risiedono in città 77.589 siciliani, 106.413 pugliesi, 44.723 calabresi, 35.489 campani e 22.813 lucani: Torino diventa così “una città meridionale di dimensioni paragonabili a Palermo”(4). Anche il Veneto rappresenta un consistente serbatoio migratorio. Un’immigrazione, quest’ultima, risalente ai primi decenni del Novecento e che prosegue negli anni seguenti, come dimostrano i 65.741 immigrati veneti residenti in città nel 1971. Molti di essi provengono dalle zone bracciantili di Rovigo e del Polesine, messe in ginocchio nel 1951 dall’alluvione del Po. Un evento drammatico, che porta a Torino anche una cospicua quota di individui originari della provincia di Ferrara. Un altro tassello del mosaico è costituito dalla comunità sarda, che ha a Torino radici antiche, dal momento che i primi flussi migratori dall’isola risalgono al periodo sabaudo: una lunga tradizione migratoria, che nel 1971 raggiunge la quota di 19.858 individui (5). Infine vi sono gli immigrati giunti in città dalla campagna e dalle montagne circostanti: uomini e donne che sostituiscono le fatiche della terra con la catena di montaggio, attratti dal posto fisso e dello stipendio sicuro offerti dalla grande fabbrica.

 

L’accoglienza dei torinesi

Nell’immaginario di chi emigra, Torino assume i contorni di una realtà capace di offrire casa e lavoro, ponendo fine alla miseria e agli stenti patiti nella terra natia. In realtà così non è, poiché l’arrivo in città si trascina dietro problematiche e difficoltà di non facile superamento. Differenze culturali e identitarie trasformano infatti l’incontro tra i torinesi e gli immigrati, specialmente quelli giunti dal sud, in un momento dai contorni frastagliati e spigolosi. Una discriminazione che assume le sembianze dei cartelli affissi ai portoni delle case arrecanti la frase non si affitta ai meridionali, oppure quella dell’attuazione di dinamiche esclusive che passano attraverso epiteti carichi di astio (napuli, terroni, mau mau) coniati dalla popolazione locale per definire, identificare, “screditare e deridere gli individui nativi delle regioni del sud” (6). Un fenomeno diffuso, inerente molti comparti della vita quotidiana e che sembra essere accettato anche da «La Stampa», principale testata cittadina, che, lontana dallo svolgere un ruolo di avvicinamento tra torinesi e immigrati, alimenta sulle proprie pagine, attraverso articoli, annunci e servizi, stereotipi e pregiudizi nei confronti degli immigrati del sud Italia, ampiamente consolidati tra i lettori torinesi. Si crea così una situazione di emarginazione, superata attraverso una progressiva condivisione di spazi ed esperienze nella sfera pubblica, privata e lavorativa, che consente di scalare il muro che divide i torinesi dagli immigrati incanalando il rapporto sui binari di un’integrazione pressoché pienamente avvenuta.

 

Note

1. Laura Derossi, Il treno del sole, in Valerio Castronovo (a cura di), Storia illustrata di Torino, Vol. VIII, Torino tra ieri e oggi, Sellino, Milano 1994, p. 2126.

2. I dati relativi alla popolazione torinese sono reperibili in Stefano Musso, Lo sviluppo e le sue immagini. Un’analisi quantitativa. Torino 1945-1970, in Fabio Levi, Bruno Maida (a cura di), La città e lo sviluppo. Crescita e disordine a Torino 1945-1970, Franco Angeli, Milano 2002.

3. Adriana Castagnoli, Torino dalla ricostruzione agli anni Settanta, Franco Angeli, Milano 1995, p. 54.

4. Stefano Musso, Lo sviluppo e le sue immagini. Un’analisi quantitativa. Torino 1945-1970 cit., p. 51.

5. I dati relativi alla provenienza degli immigrati residenti in città nel 1971 sono raccolti in Città di Torino, Assessorato all’urbanistica, Torino e i comuni della prima e seconda cintura. Analisi della situazione dei servizi pubblici, Città di Torino, Torino 1974.

6. Marcella Filippa, Discrimini. Profili dell’intolleranza e del razzismo, Sei, Torino 1998, p. 115.

 

Bibliografia

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