Piazza Palazzo di Città. Fotografia di Paolo Mussat Sartor e Paolo Pellion di Persano, 2010. © MuseoTorino
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Portici
Una delle caratteristiche di Torino più frequentemente ricordata anche dalle guide è la presenza costante, nel centro cittadino, di portici. Il sistema porticato torinese ha un’estensione lineare di oltre 12 chilometri.
I portici seguono lo sviluppo di importanti assi storici monumentali: via Roma, via Po, via Pietro Micca , via Cernaia, via Sacchi, tratto iniziale di via Nizza e di via Milano verso piazza della Repubblica, corso Vittorio Emanuele II, corso Vinzaglio.
I portici si adattano anche allo sviluppo planimetrico delle principali piazze della città: piazza Castello, piazza San Carlo, piazza Vittorio Veneto, piazza Statuto, piazza Palazzo di Città, piazza Carlo Felice.
I portici donano un aspetto uniforme ad architetture talvolta profondamente differenti come concezione e diversificate come epoca di realizzazione. Si può passare, senza soluzione di continuità, dai portici di Carlo Promis per piazza Carlo Felice e corso Vittorio Emanuele (dal 1850) al tratto piacentiniano di via Roma, compreso tra le vie Cavour e Gramsci (1935) a quelli castellamontiani di Piazza San Carlo (i più ampi con i loro 7,50 metri di luce, degli anni ’30 e ’40 del Seicento), a quelli alfieriani di piazza Palazzo di Città (i più stretti con poco più di 4 metri di sezione, del 1756), per giungere, verso ponente, a quelli juvarriani dei Quartieri militari (1716-1728), deviando poi verso quelli di piazza Statuto (dal 1863) o, verso levante, allo straordinario sviluppo continuo, vera scenografia urbana, della cortina di via Po (decreto reale del 1673, opera di Amedeo di Castellamonte), che si conclude ancora una volta nel sistema porticato progettato da Giuseppe Frizzi per piazza Vittorio Veneto (1825). Ulteriore caratteristica della declinazione soprattutto ottocentesca del motivo dei portici è, poi, la presenza dei “cavalcavia a terrazza”, ossia di sistemi di passerelle che collegano alla stessa quota, quella del piano nobile, palazzi prossimi ma separati tra loro dal passaggio di una via. Il sistema fornisce un collegamento, coperto o qualche volta a semplice terrazza, che permette di non interrompere il profilo continuo dei portici con innegabili implicazioni di comodità d’uso e di respiro prospettico e scenografico (Devoti, Chiara, Portici, in Gambarotta, Bruno [et al.] (a cura di), Torino. Il grande libro della città, Edizioni del Capricorno, Torino 2004, p. 885)
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Piazza Statuto
Piazza Statuto fu l’ultima delle grandes places di Torino. Edificata con capitali stranieri e su progetto dell’architetto Giuseppe Bollati tra il 1864 e il 1865, nel 1879 divenne la quinta scenografica del monumento al traforo del Frejus.
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Quartieri Militari - ex caserme negli isolati dei Santi Celso e Daniele
Realizzati su progetto del Primo Architetto di S.M. Filippo Juvarra e su commessa del sovrano Vittorio Amedeo II, i Quartieri Militari rappresentano lo sbocco verso occidente della città capitale (Porta Susina), ridefinito contestualmente con la previsione del terzo ampliamento. I due grandi isolati porticati, risultano adibiti a caserme, con la piazza d’armi quale spazio aperto, mentre la retrostante piazza Susina (attuale piazza Savoia) funge da cerniera con la città antica. A Ignazio Birago di Borgaro si deve l’inserimento del piano attico, aggiunto nel 1768.
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Piazza Carlo Felice
La sistemazione della piazza fu definita nell’ambito del Piano d’ingrandimento della capitale preparato nel biennio 1851-1852 dall’architetto Carlo Promis (1808-1873) per regolare la crescita delle zone di Porta Nuova, Porta Susa, Borgo Dora e Vanchiglia.
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Piazza Palazzo di Città, già Piazza delle Erbe
Sita nella parte centrale della vecchia città romana, la Piazza Palazzo di Città si costituisce già dal primo medioevo quale centro attivo e area di mercato della vita torinese. Attraverso l’asse di Via Palazzo di Città è collegata alla piccola Piazza Corpus Domini.
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Piazza Vittorio Veneto, già Piazza di Po
La grande piazza - già Vittorio Emanuele I - intitolata al Comune trevigiano che sancì la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale, fu edificata secondo un chiaro linguaggio neoclassico a partire dal 1825, su progetto dell’architetto ticinese Giuseppe Frizzi. Gli edifici che danno sulla piazza furono bombardati in più occasioni, nel 1942 e 1943.
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Piazza San Carlo
Complesso ambientale progettato da Carlo di Castellamonte tra il 1637-1642 sull’asse della Contrada Nuova nel quadro del primo ampliamento della città. Completata nei primi anni Cinquanta, la nuova piazza risultò un capolavoro di organizzazione formale.
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Piazza Castello (moderna)
La piazza, ideata da Ascanio Vitozzi nel programma di generale rinnovamento di Torino voluto da Carlo Emanuele I, segna l’avvio del primo ampliamento della città. Il piano, promosso nel 1606, fu attuato per gradi, a partire dal 1612.
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Piazza Castello
La piazza, già denominata piazza del Castello, fu progettata come piazza regolare porticata antistante al Palazzo Ducale a fine Cinquecento; la configurazione attuale è l’esito di interventi di sopraelevazione su progetto di Benedetto Alfieri nella seconda metà del XVIII secolo.
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Complesso di corso Vittorio Emanuele II (tra corso Vinzaglio e corso Re Umberto)
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Isolati di Piazza della Repubblica o di Porta Palazzo, già noti come Isole di Sant’Ignazio e di Santa Croce
La totale riplasmazione degli antichi edifici medievali che definivano lo sbocco settentrionale della città, a partire dal 1729, sancisce nel disegno di Juvarra (1678-1736) il nuovo accesso monumentale alla città.
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Complesso di corso Vinzaglio
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Via Pietro Micca
Progettata nell’ambito del piano di risanamento promosso dalle autorità civiche nel 1885, la via diagonale Pietro Micca fu aperta nel decennio successivo, decretando la scomparsa di isolati antichi e fatiscenti in cui persisteva una minaccia latente alla salute collettiva.
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Contrada di Po
Asse portante attorno al quale, dal 1673, viene pianificato e realizzato il secondo ampliamento di Torino, già previsto dal duca Carlo Emanuele I. Il disegno unitario delle facciate porticate di via Po è il segno impresso dalla dinastia sabauda sulla città.
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Via Roma nuova
La ricostruzione di via Roma, con la radicale trasformazione dei suoi edifici, delle sue funzioni e dei suoi utenti, è testimonianza dei piani di riorganizzazione della struttura urbana diffusi nella cultura urbanistica e architettonica italiana tra le due guerre. Grande scontro tra innovatori e tradizionalisti, ma soprattutto un banco di prova per le culture tecniche della città nell’intreccio con i capitali immobiliari.
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