Cascina Bianco nel quartiere Vallette
La cascina Bianco, edificata probabilmente nel 1724, sorge su una grangia cinquecentesca distrutta durante l’assedio di Torino nel 1706.
La Cascina Bianco sorge su una precedente grangia appartenuta a Giacomo Ferroglio nella seconda metà del cinquecento. Dopo diversi passaggi di proprietà, la cascina viene acquistata dall’avvocato Carlo Emanuele e da Giovanni Battista Bianco, figli del banchiere Alessandro di Torino.
Durante l’assedio di Torino la cascina è stata saccheggiata e distrutta. Dopo la ricostruzione avvenuta probabilmente nel 1724 come attesta un’incisione sull’arcata del fienile, nella cascina Bianco fu impiantata, negli anni ’60 del XVIII secolo, da Domenico Rubietto, una filatura da seta.
Nella Carta topografica della caccia, datata 1762, l’edificio presenta una planimetria a “C”, con la manica lunga rivolta verso la vicina bealera.
Nel 1790 l’architetto Amedeo Grossi la rileva come «il Bianco cascina dell’Illustrissimo sig. Conte di Sandigliano sita vicino alla Chiesa parrochiale di Lucent». In quel periodo l’edificio è inserito in un paesaggio agricolo costituito da campi, prati e dal corso delle bealere Naviglio Nuovo e Vecchio.
Il Catasto napoleonico del 1805 registra un ampliamento planimetrico con l’edificazione di un nuovo corpo di fabbrica verso la corte interna.
Nelle mappe del Catasto Gatti del 1820 non si registrano variazioni planimetriche e la cascina risulta composta da case rustiche, giardino, cortile, orto, prati e campi. In quel periodo la proprietà è attribuita alla signora Giacinta Foglio nata Sartoris.
Nel 1840 il geometra Antonio Rabbini, nella Carta Topografica della Città, segnala ulteriori ampliamenti ai quali si aggiungono quelli registrati nel successivo Catasto del 1866 che trasformano l’impianto planimetrico del Bianco in una “C” che chiude completamente la corte interna.
Nella prima metà del XX secolo alle costruzioni storiche della cascina si aggiungono ulteriori corpi di fabbrica anche isolati nella corte interna, come attesta la Carta I.G.M. del 1935.
Nella seconda metà dello stesso secolo si registrano significative variazioni: la cascina viene frammentata in due unità abitative, con altrettanti proprietari, e ampliata con nuovi corpi di fabbrica, come dimostra la Carta I.G.M. del 1974. Attualmente il nucleo più antico versa in stato di abbandono e si presenta in cattivo stato di conservazione, mentre la restante parte, dopo diversi ampliamenti e ristrutturazioni, è adibita a uso residenziale.
Bibliografia
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Fonti Archivistiche
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- MuseoTorino