Stazione Sperimentale Agraria di Torino
Il 18 aprile 1871 venne istituita a Torino la Stazione Sperimentale Agraria presso il Regio Museo Industriale in via dell'Ospedale 32 (piazza Valdo Fusi), con Regio decreto n. 188. Nel 1897 fu trasferita nella sede di via Ormea 47.
01. La Stazione Sperimentale Agraria
Alla fine del XVIII secolo e per tutto il secolo successivo iniziarono a fiorire in Italia, come nel resto d’Europa, società ed accademie costituite per promuovere lo sviluppo dell’agricoltura. Si trattò di iniziative sorte per volere di studiosi ed eruditi a cui, con il passar del tempo, si aggiunsero il riconoscimento e il sostegno dei governi, interessati ad accrescere le rese dei prodotti agricoli, a perfezionare la selezione del bestiame d’allevamento, a introdurre nuove coltivazioni e a migliorare le condizioni di vita delle classi più disagiate e degli agricoltori. A Torino nel 1785 venne creata l’Accademia di Agricoltura e nel 1842, su iniziativa di Cavour e l’assenso del re Carlo Alberto, si costituì presso Palazzo Alfieri anche l’Associazione Agraria Subalpina con l’obiettivo, tra gli altri, di dare origine a un Comizio agrario in ogni capoluogo di provincia.
Dopo l’Unità, con Regio Decreto del 1866, i comizi agrari vennero istituiti in tutto il territorio nazionale per incentivare e migliorare l’agricoltura, per diffondere la conoscenza dei regolamenti sanitari e delle leggi, fare opera di informazione tra i contadini per diffondere le coltivazioni migliori, i metodi più adatti alla coltivazione, gli strumenti più moderni e perfezionati, promuovendo esposizioni e concorsi di macchine e strumenti agricoli, organizzare corsi di agraria e biblioteche rurali. I Comizi introdussero l’uso di migliori sementi e di macchinari più evoluti, promossero l’associazionismo contadino nella forma del credito rurale, della creazione di cooperative di acquisto e di vendita, e attraverso la costituzione di cantine e latterie sociali. Furono anche i promotori della nascita delle Cattedre ambulanti di agricoltura. Dando luogo a un diramato collegamento fra l’Amministrazione statale e provinciale e i coltivatori privati di cui raccoglievano le istanze e i suggerimenti, essi diedero un fondamentale contributo al progresso dell’agricoltura. Verso la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, quando lo Stato avocò a sé o alle Province le Cattedre ambulanti sottoponendole alla propria vigilanza, i Comizi agrari entrarono in crisi a causa della mancanza di finanziamenti. Inoltre la proliferazione di vari altri enti autonomi, di cui loro stessi erano stati promotori, contribuì a porli in posizione marginale e ad aggravarne le difficoltà. All’interno di questo quadro, proprio mentre lo Stato cercava di dar loro una veste istituzionale, partecipando alla loro gestione e assumendone il controllo di movimenti e iniziative che andavano ormai perdendo la loro iniziale vitalità, il 18 aprile 1871 su istanza del ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio, Vittorio Emanuele II con Regio Decreto (n. 188) istituì la Stazione Sperimentale Agraria.
Dall’articolo 1 si evince che si trattava di «una stazione di prova a spese della provincia e del Comune e col concorso dello Stato» con sede presso il Regio Museo Industriale Italiano in via dell’Ospedale 32 (oggi Piazzale Valdo Fusi) le cui finalità, andavano «dall’analisi delle terre, delle acque e quella dei concimi, allo studio degli strumenti e delle macchine agrarie, alla divulgazione.» La Stazione era retta da un Consiglio composto di sette membri di cui uno di nomina governativa, due dal Comune e altri due dalla Provincia. Il direttore e il professore di chimica agraria del Regio Museo Industriale ricoprivano rispettivamente la carica di presidente e di direttore. Il Comune provvedeva al mantenimento della Stazione con ottomila lire annue, la Provincia con quattromila e il Governo con seimila.
Il Comune di Torino provvide la Stazione anche di un appezzamento di terreno presso il castello del Valentino da usarsi come campo sperimentale (1). Più tardi, quando quel terreno venne destinato ad altro uso, la Stazione usufruì di parte del giardino del Museo, situato nell’attuale Piazza Valdo Fusi.
Il laboratorio di chimica agraria, situato al piano terreno della parte occidentale del Regio Museo Industriale, era costituito da nove locali: «laboratorio del professore, tre laboratori per gli assistenti e gli allievi, sala delle collezioni, gabinetto per le analisi eudiometriche e per le osservazioni con lo spettroscopio e col saccarimetro a polarizzazione, magazzino di deposito, studio del professore, sala per la collezione di materie prime, raccolta di concimi artificiali, di terra».
Fin dal suo nascere la Stazione partecipò attivamente alla vita scientifica internazionale, effettuando studi sulla conservazione della frutta, sul colore artificiale della conserva di pomodoro, sulla fermentazione dei vini, sui concimi fosforici, sui vini delle province di Torino, Cuneo, Como e Novara, sulla composizione degli aceti e sulle barbabietole e aumentò il numero di esami svolti su campioni di prodotti agricoli richiesti sia da enti pubblici sia da privati. Verso la fine del secolo le richieste di analisi da parte di privati aumentarono notevolmente, cosicché la Stazione poté permettersi di abbassare i prezzi, consentendo anche ai piccoli agricoltori di usufruire del suo servizio.
Fin dal 1876 nelle adunanze del Consiglio amministrativo venivano lamentate la carenza di spazio e le condizioni precarie del laboratorio messo a disposizione dal Museo Industriale e si era cominciato ad avanzare l’ipotesi di poter disporre di locali più consoni. La Giunta municipale accolse le richieste della Stazione e approvò lo schema di convenzione con il Ministero che stabiliva che il Municipio si assumesse «l’incarico di costruire a proprie spese l’edificio, in conformità al progetto redatto dal competente ufficio, per il valore presunto di £ 35.000». L’edificio sarebbe rimasto di proprietà del Municipio, che lo avrebbe affittato al Governo per 29 anni alla condizione che esso servisse «di uso esclusivo della Stazione Agraria», fissando il prezzo della locazione in £ 2.000 annue.
Il Consiglio comunale nelle sedute del 5 e 8 aprile 1893 deliberò la costruzione della nuova sede, specificando che le obbligazioni del Comune erano relative solo alla parte muraria e ai finimenti di fabbrica e che «… al detto fabbricato sarà annessa un’area di circa m.q. mille, quale è indicata nel progetto, colla profondità lungo la Via Ormea di m. 23 e confinante ad est con la proprietà del professore Piero Giacosa…».
In realtà, per volontà del Ministero, l’edificio venne affittato direttamente alla Stazione che pagò la pigione con i soldi destinati al suo mantenimento. Nel mese di febbraio 1897 ebbe luogo il trasferimento della Stazione nei nuovi locali di Via Ormea 47. In questo modo la Stazione si avvicinava non solo alla sede dell’Accademia di Agricoltura e dei suoi nuovi orti sperimentali, ma veniva anche a trovarsi nelle vicinanze sia della nuova «Città della Scienza» in cui erano raccolte le Facoltà scientifiche universitarie, sia dell’Orto botanico, in una posizione coerente con le sue finalità, che mantenne per oltre un secolo.
02. La nuova sede della Stazione in via Ormea 47
Il trasferimento nella nuova sede avvenne sotto la direzione di Mario Zecchini e decretò la definitiva separazione, non solo fisica, fra i destini della Stazione e quelli del Regio Museo Industriale, destinato di lì a non molto, nel 1906, a trasformarsi e a generare il Politecnico di Torino.
Incaricato dal Ministro di coordinare la preparazione di una mostra speciale sugli istituti agrari da esso dipendenti, nell’ambito dell’Esposizione di Torino del 1898 egli riuscì ad ottenere, come campo sperimentale, un terreno del Comune in zona Lingotto (2) e ospitò al primo piano della palazzina la Cattedra ambulante di agricoltura di Torino, nata nel 1897.
Tuttavia il trasferimento coincise con un grave periodo di crisi della Stazione. Nell’annuario n. 5 del 1898, ultimo ad essere pubblicato fino al 1916, Zecchini scrisse che la dotazione economica risultava invariata dal 1871 e raffrontava la situazione italiana con quella migliore dei paesi nordamericani o del Belgio e della Germania. La crisi fu ulteriormente aggravata dalla lunga malattia che colpì Zecchini e che lo costrinse a ritirarsi nel 1906. Nel 1908 riprese incarico che tenne fino alla morte avvenuta nel 1912, ma è assai probabile che a causa delle precarie condizioni di salute la sua azione fosse sempre meno incisiva. La Stazione venne retta fino al novembre 1913 da Risbaldo Nuvoli. Il 1° dicembre 1913 venne nominato direttore Francesco Scurti che rimase interrottamente in carica per quarant’anni, fino al 1953, portando l’attività della Stazione al suo massimo sviluppo e a un ruolo d’avanguardia sul piano nazionale e internazionale (3).
Note
(1) Annuario 1871. Il Presidente Alfonso Cossa ringrazia il Comune per le somme di denaro elargite e per il terreno concesso alla stazione, ma non fornisce indicazioni di località a parte l’essere nei pressi del castello del Valentino. Nessuna indicazione è stata reperita in proposito nemmeno negli atti comunali.
(2) Il contratto, scaduto nel 1911, non venne più rinnovato. Non sono stati trovati Atti comunali che diano conto della transazione tra Comune e Stazione. Nel 1915 però Scurti scrisse al Ministero di aver trovato un terreno confinante con quello affittato in precedenza al Lingotto, regione Barse, vicino a Moncalieri e chiese il permesso di prenderlo in locazione, ma il Ministro negò il permesso per motivi di bilancio).
(3) Riferimenti bibliografici:
Marina Benassi, Dalla Stazione Sperimentale Agraria alla Sezione Operativa periferica di Torino dell’Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle piante (1871-2001), in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Officina Libraria, Milano, 2007
Vittorio Marchis, La Stazione Agraria presso il Regio Museo Industriale, in: Daniele Jalla (a cura di), Il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti”, Officina Libraria, Milano, 2007
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