Marco Vennonio Secondo
Le epigrafi recuperate demolendo il bastione della Consolata, costruito dai Francesi tra il 1536 e il 1542, e i vicini tratti della cinta di età romana erano probabilmente servite come materiale per riparazioni o rinforzi delle murature antiche.
Introduzione
L’iscrizione fu fatta incidere in una lastra di pregiato marmo proveniente dalle cave dell’isola greca di Paros, per volontà testamentaria da Brutta Fidia, madre di Vennonio, probabilmente orgogliosa della carriera fatta dal figlio. Marco Vennonio, infatti era divenuto membro del consiglio cittadino e poi quattuorviro e componente delle liste dei giudici a Roma. Come cavaliere era entrato nel ristretto numero di quelli che avevano diritto a ottenere il cavallo a spese dello stato.
La lapide è oggi esposta al Museo di Antichità di Torino nella mostra Archeologia a Torino.
L'iscrizione
M(arco) Vennonio / M(arci) f(ilio) Stel(latina) [Se]cundo / dec(urioni) I[III]vir(o) a(edilicia) p(otestate) / iudic[i ex] V decuri(i)s / equit[i R]omano / equo [p]ublico / Brut[ti]a C(ai) f(ilia) Fida / [ma]ter / [t(estamento)] f(ieri) i(ussit)
A Marco Vennonio Secondo, figlio di Marco, della tribù Stellatina, membro del consiglio cittadino, quattuorviro con potestà edilizia, giudice delle cinque decurie, cavaliere romano insignito con cavallo pubblico. La madre Bruttia Fida, figlia di Gaio, ordinò che fosse fatto per testamento.
Bibliografia
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Ente Responsabile
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