02. L'inizio della Resistenza (1 ottobre 1943 - 29 febbraio 1944)
Dopo l’occupazione della città da parte dei tedeschi le minoranze politicizzate si attivarono e si organizzarono le prime forme di resistenza. La posta in gioco in città come in montagna, per gli occupanti così come per i partigiani era il controllo del territorio.
"Dopo l’occupazione della città da parte dei tedeschi le minoranze politicizzate si attivarono e si organizzarono le prime forme di resistenza. La posta in gioco in città come in montagna, per gli occupanti così come per i partigiani era il controllo del territorio. L’8 ottobre a Torino si incontrarono Ilio Barontini, Remo Scappini, ispettore del Partito comunista per il Piemonte, e Ateo Garemi che provarono a organizzare i primi Gruppi di Azione Patriottica (i Gap) con l’obiettivo di colpire il nemico con azioni spettacolari, rapide e improvvise, condotte individualmente o con pochi elementi. Il 14 dello stesso mese Giuseppe Solaro venne ufficialmente nominato alla guida del Partito fascista repubblicano torinese costituitosi a metà settembre. Dieci giorni dopo il 25 ottobre 1943 Domenico Giardina, seniore della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, venne raggiunto dai colpi di Dario Cagno e Ateo Garemi in pieno centro, a pochi metri dalla Casa Littoria. La reazione fascista fu immediata: nel giro di 48 ore si arrivò all’arresto degli autori dell’attentato. Il successo dell’operazione di polizia comportò una sottovalutazione delle forze partigiane e del possibile sviluppo del conflitto nel tessuto urbano. L’omicidio venne visto come un evento estemporaneo; ciò fu in parte confermato dalle difficoltà incontrate dai Gap a organizzarsi nel mese successivo. A novembre si contavano infatti non più di dieci gappisti, costretti in uno stato di impotenza. La chiamata alle armi per i militari dell'esercito delle classi 1923-1924-1925 contribuì invece a fare affluire nuove forze presso le formazioni partigiane che andavano formandosi sulle montagne.
In questi primi mesi i tedeschi non reagirono alle provocazioni dei partigiani, per cercare di sfruttare il più a lungo possibile le risorse locali senza inasprire il conflitto. Fu questa la principale ragione per cui in molte città del nord, e tra queste Torino, non furono gli attacchi contro i tedeschi, ma quelli contro le autorità fasciste, nuovamente insediate, a scatenare le prime reazioni. Il Partito fascista repubblicano volle in questo modo dare l’impressione di controllare il territorio e restituire un’immagine di efficienza all’alleato tedesco. L’attenzione degli occupanti si spostò invece in provincia dove la Resistenza era più organizzata e le valli alpine furono investite da operazioni di rastrellamento e di rappresaglia.
L’8 novembre Torino subì il primo bombardamento diurno, compiuto da un centinaio di aerei: i morti furono 202 e i feriti 346. Il 17 novembre le grandi fabbriche cittadine furono interessate da una serie di scioperi spontanei, causati principalmente dalla fame e dallo scarsissimo potere di acquisto dei salari. Nonostante le concessioni economiche, gli scioperi proseguirono per numerosi giorni. A dicembre venne costituito il Tribunale speciale, incaricato di giudicare i “traditori al soldo del nemico” e i Gap ritrovarono nuove energie, grazie anche all’arrivo a Torino, da Genova, di Giovanni Pesce. Il 23 dicembre, il giorno dopo l’esecuzione di Cagno e Garemi presso la caserma Montegrappa, il noto gerarca fascista Aldo Morej venne ucciso nel primo attacco gappista condotto in città da Pesce. L’attentato suscitò preoccupazione presso gli ambienti fascisti poiché fu il segnale di una ripresa del fenomeno di resistenza in città e mise in luce una realtà più organizzata rispetto ai mesi precedenti. L’uccisione del federale Resega a Milano e il susseguirsi di alcuni attentati gappisti anche nel mese di gennaio allarmarono Solaro e i suoi uomini. Tra il 15 e il 22 gennaio a Torino vennero effettuate migliaia di perquisizioni, ma le operazioni preventive non impedirono la riuscita dell’attentato dinamitardo del 22 gennaio 1944, all’albergo Genova di via Sacchi. L’evento portò alla prima feroce rappresaglia: due giorni dopo cinque antifascisti di Vanchiglia, arrestati all’inizio dell’anno e detenuti alle carceri Nuove, furono fucilati al Martinetto e i loro cadaveri esposti sul luogo dell'attentato. A tale azione la stampa fascista diede grande risalto. A gennaio e a febbraio partirono dalla stazione di Porta Nuova i primi convogli carichi di deportati politici diretti al campo di concentramento di Mauthausen. La guerra in città era iniziata." (1)
Note
(1) Barbara Berruti, Andrea D'Arrigo, 2. Linizio della Resistenza (1 ottobre 1943 - 29 febbraio 1944), in Adduci, Nicola [et al.] (a cura di), Che il silenzio non sia silenzio. Memoria civica dei caduti della Resistenza a Torino, Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà - Istoreto, Torino 2015, pp. 42 - 44
Bibliografia
- Marchis, Riccardo (a cura di), Carlo Chevallard. Diario 1942-1945: cronache del tempo di guerra, Blu, Torino 2005
- Adduci, Nicola, Gli altri: fascismo repubblicano e comunità nel Torinese (1943-1945), Franco Angeli, Milano 2014
- Peli, Santo, Storie di Gap: terrorismo urbano e resistenza, G. Einaudi, Torino 2014
- Adduci, Nicola [et al.] (a cura di), Che il silenzio non sia silenzio. Memoria civica dei caduti della Resistenza a Torino, Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà - Istoreto, Torino 2015 , pp. 42 - 44
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