MOTTI STORICI SABAUDI
COMMENTATI ED ILLUSTRAI
CARLO EMANUELE IV
(1751-1819)
IN QUESTO MOMENTO, PADRE SANTO, D I
MENTICO TUTTE LE M IE SVENTURE, E R I-
TROVO A I VOSTRI P IED I TUTTO QUELLO
CHE PERDEI.
Parole profferite da Re Carlo Emanuele IV di
Sardegna a Papa Pio V I (Braschi), nella Certosa di
Firenze, nel 1802.
A proposito, diremo che per quanto si riferisce
alla restituzione della visita ai Sovrani da parte del
Pontefice, da tempo una consuetudine mai smentita
non consente questo atto in forma ufficiale. Ciò non
esclude però (e proprio nei riguardi di Casa Savoja
se ne sono avuti esempi) che il Papa possa e voglia
in una circostanza che egli sceglierà, recarsi alla Reggia
Italiana, per intrattenersi coi Sovrani in forma asso
lutamente intima.
Si ricorda al riguardo la visita che in un’ora tra
gica due esuli, Carlo Emanuele IV e Maria Clotilde,
fecero ad un Papa esule, Pio V I, nella Certosa di
Firenze. L'incontro fu degno della tragedia politica
che aveva sconvolto le due Reggie: i Sovrani si pro
strarono a terra, ed il Papa vacillante (aveva 82 anni)
si affrettò a sollevarli. La Regina però riuscì a baciargli
i piedi e il Re disse:
«In questo momento, Padre Santo, io dimentico
tutte le mie sventure, e ritrovo ai vostri piedi tu tto
quello che perdei ».
«Sire — rispose il Papa — tu tto è vanità, eccetto
che amare Iddio e servirio. In Gelo ci aspettano troni
e corone che g li uomini non possono rapirci!».
Due anni dopo nel 1805 i Reali coniugi venivano
a Roma per Pasqua a compiere a tti di religione ed a
prepararsi al loro singolare destino: l'una e l'a ltro
morirono in concetto di Santi. E la tomba di Carlo
Emanuele, fattosi novizio della Compagnia di Gesù,
£ a Sant'Andrea al Quirinale il segno più illustre delle
glorie religiose di Casa Savoja a Roma.
CARLO ALBERTO
(179S-1849)
1) JE ATANS HO : ASTRE -
Aspetta la m ia stellù !
( Aquila stretta fra le lampe «li na leone alato e sedato).
Divisa già d i Amedeo V I, riassunta da Carlo
Alberto appena salito al trono — sopra s ig illi del 1831
— a significare che egli aspettava la sua stella per
osare a tempo opportuno.
Anche Brunetto Latin i nel Canto XV deU’/a/èriM
p ro fe ti» a Dante:
Se ta M |ai taa Nella
fU s p w i U fa v a ^m sio parta.
(Croce contornata di rose e di spine, eretta fra tre
del Golgota, sopra uno dei quali, a destra, sta deposta la
reale).
Carlo Alberto assunse questa divisa negli uhaj
tre mesi di vita — dall'aprile al luglio 1849 — d u ra li
per l'amore di Dio e del suo Popolo. E un
privato ed originale, conservato nel Museo Adriani
Cherasco.
4) DIO PROTEGGA LTTALIA !
Sopra medaglie e monete del 1848, ed anche sopri
un archibugio da caccia a percussione, con quatti^
canne, e piastre stupendamente ornate di incisioai
fogliami, adoperato da Carlo Alberto nel 1848.
sitato oggi nell'Armeria Reale di Torino.
5) ADERTT JAM TEMPUS. MELIUS EST Mi
IN BELLO QUAM VIDERE MALA
NOSTRAE •
Verrà il mio giorno... M eglio morire
guerra che assistere a lle sventure del popolo nostro,
La prima parte del motto è to lto da V
ibgi
Bue., Edoga IV , v. 48. Sulla lama della spada
Carlo Alberto conservata nella Reai Armeria di llJ
rino (Armadio 54 - S. 25)
F1EUI, A VENTA PIÈ SAN MARTIN, SE
NO J'ALMAN AN FARAN FÈ S. MARTIN
NOI «
So ldati
,
bisogna prendere San M artino
,
altri-
iti
g li A u striaci fa ran fa re San M artino a noi.
Motto di eccitamento gridato da V ittorio Etna*
irle II alla battaglia di San Martino, 24 giugno 1859,
momento più crudo della mischia. I l gioco delle
noie ricorda la consuetudine piemontese di mutare
ione nel giorno appunto di San Martino.
FRANGAR NON FLECTAR! «
M i rompo ma
■mi
piego!
2) PATIENCE! -
Aver pazienza!
(Parole formanti una Croce del Calvario).
Nella lunga attesa trionfò la pazienza, che fa
il Re una Croce del Calvario, e l'astro invocato pam
brillare finalmente, ma tragicamente, sulla Corona
lu i, che negli insanguinati campi lombardi venne Nh|
tato col tito lo di Re d 'Ita lia , dopo la resa di Peschànk IIMA rn n T F nA CAVALIERE ED UN S I
Due motti che V ittorio Emanuele profferiva so
ie con Massimo d'Azeglio, durante il Ministero di
■est'ultimo, durato dal 7 maggio 1849 al 4 nov. 1852.
NON SIAMO INSENSIBILI AL GRIDO D I
il volontario esilio di Oporto, a significare
l’abdhBoLORE CHE DA TANTE PARTI DTTALIA
zione volontaria da lu i fatta alla Corona del Rey
«E
leva verso
di
noi
.
È sundkl » ■ j- ____ j-h -
r
------
tuo
VITTORIO EMANUELE I I
(1820-1878)
Nel discorso della Corona, letto da V itto rio Ema-
mle l i all'apertura del Parlamento Subalpino il
gennaio 1859, si contenevano, tra le altre, le me*
arabili parole surriferite.
S'è discusso a lungo se il coraggioso linguaggio del
lefosse dovuto a iniziativa di lu i, o del Ministero, o
suggerimenti d i Napoleone I I I . La discussione parve
quando Pietro Vayra nel suo libro
I I Museo
della Casa d i Savoja
(Torino, 1880) pubblicò
fac-simile del discorso della Corona nel testo prò*
al Re dal Ministero, con le correzioni portatevi
pugno dal Sovrano stesso che ne mutarono
lietamente il tono e l'ardimento, dove la celebre
si legge tu tta di mano di V itto rio Emanuele II.
invece dopo l'esauriente memoria di L. C. Bollea,
Grido d i dolore del
1859 (nel «Bollettino Storico*
ografico Subalpino », anno X V I, 1911, IV ), la
■ale conferma la versione già narrata da G. Massari,
ila
di V itto rio Em anuele I I d i Savoja
(voi. I, p. 367),
•a si può più dubitare che quelle parole furono sug-
trite da Napoleone I I I , come variante alle bozze del
fseorso che g li era stato mandato in esame: la frase
scritta da lu i in francese («
tout en respectant les
fùés
Nous ne pouvons pas tester insensibles aux
ch i
1) CHISSÀ COME M1NVIDIERA M IO FRAi
TELLO !
Grido d i gioia esclamato da V ittorio Emaniteli,
ancor Duca d i Savoja, nella battaglia di Goito (304-
1848) quando, rimasto ferito al fianco destro, dichiai*
di Apprenare così più virilmente la bella v itto ria .
2) NO, MARESCIALLO, NELLA M IA CASA
LA PAROLA È SEGNO D I FEDE: CASA SA
VOJA CONOSCE LA V IA DELL’ES ILIO , NOI
QUELLA DEL DISONORE.
Parole lapidarie dette da V ittorio Emanuele I I •
Vignale Novarese nel marno 1849, all'indomani
A è
l'infausta giornata d i Novara, al Maresciallo austri*»
dello Statato.
de douleur qui viennent jusq u 'à nous de tant de points
de rIta lie
») e la minuta pubblicata dal Vayra non
conteneva che la traduzione letterale fa tta di pugno
da V ittorio Emanuele sul testo imperiale.
È stato opportunamente osservato (V. una let*
tera dell’Aw . Gino Trespioli, «Corriere della Sera »,
Milano, 14 mano 1912) che la storica frase non fu
improvvisata da Napoleone 11 per 11, ma era pensiero
maturato da lunghi anni, giacché si trova già nel*
l'opuscolo
Onor M ilita re
, pubblicato il 18 maggio 1833
e firmato
Un vecchio soldato ita lian o .
I l qual «vecchio
soldato » era il giovanissimo cospiratore Luigi Napo
leone Bonaparte, che rivo lto agli eserciti dei vari Stati
Ita lian i eccitava a prestare orecchio «al grido di
dolore che sale da ogni parte della penisola ». Ventisei
anni dopo, Napoleone I I I dettava e ripeteva a V ittorio
Emanuele I I ia storica frase.
Potremmo anche aggiungere che secondo un piano
sottoposto dal Conte d i Cavour a Napoleone, e da
questi approvato, l'occasione alle ostilità fra Pie*
monte ed Austria, nel 1859, doveva essere porta da
una protesta che sarebbe stata presentata dai citta*
dini di Carrara a V ittorio Emanuele contro l'oppres
sione del Duca d i Modena e dal conseguente inter
vento del Re in favore della c ittà tiranneggiata. Le
circostanze politiche resero superfluo tale intervento
(ma la protesta fu effettivamente presentata con le
firme d i 3000 cittad in i carraresi), tu ttav ia la frase
del
grido d i dolore
fu inserita nel discorso della Corona
per preparare, assai probabilmente, l'opinione pub
blica a questo avvenimento. (V. anche Fum agalli,
Chi rh a detto?,
Milano, Hoepli, 1921).
7) IL RE D I PIEMONTE D IMENTICA I TORTI
RICEVUTI COME DUCA D I SAVOIA.
V ittorio Emanuel* I I da semplice Principe Eredi
tario — Duca d i Savoja — aveva avuto assai a dolersi
dello zelo indiscreto e della pedanteria d i un Ufficiale
superiore, incaricato da Cario Alberto d i invigilare
sulla condotta del figlio. Quando quest'ufficiale, dopo
Novara, dette le sue dimissioni e si allontanò da Corte,
il giovane Re lo fece chiamare e, con molta affabilità,
g li disse le parole surriferite, ripetendogli che ricono
sceva in lu i un antico e devoto servitore della Dinastia,
pregandolo perciò fervorosamente d i riprendere i l suo
servino.
RICCARDO A M AR IN I
TIPI E STAMPA DELLA T0OGRARA CARLO ACCAME — TORINO
tXREZIONE E REDAZIONE: PALAZZO MUNICIPALE. SEGRETERIAGENERALE • ABBONAMENTOANNUO L MB- UNNUMERO SPARATO L. »
I