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MOTT I STORICI SABAUDI COMMENTATI ED ILLUSTRATI

- 1914-1932

altri quattro attributi:

Amor orbi

*. Amore del mondo;

Pavor hostis,

Spavento del nemico; Paris

lumen.

Lume di pace;

Belli Julmen.

Fulmine di guerra.

10) PROTECTOR NOSTER, ASPICE DEUS, ET

RESPICE IN FACIEM!

-

0 Dio Protettore nostro,

guardaci in faccia e assistici!

(D

av

..

Salmo

83).

Sopra uno stendardo di seta recante al centro la

Vergine che presenta sorretta da Angeli, la S. Sindone.

Ai quattro angoli lo Stemma di Torino; nell'incorni-

ciatura corre il motto. Secondo la tradizione, questo

Stendardo conservato nella chiesa di S. Domenico in

Torino, sarebbe sventolato su una delle tre galere

Sabaude alla battaglia di Lepanto del 1571 (Vedi

P

astob

,

Storia dei Papi,

voi. V ili, pag. 56ò).

11) BEL GRANO È a TUO!

(T re spighe di grano, d’oro, in campo azzurro).

Racconta José Maria Aubin nel suo interessante

Aneddotario,

che durante una caccia di grande stile,

Emanuele Filiberto si spinse un giorno sino ai monti

sopra Oneglia. Dopo avere a lungo ammirato da

quell'alture, l'affascinante bellezza del mare ligure,

il Duca scese verso la costa, finché giunse a un largo

piano coltivato con gran cura e ricco di grani e di

frutti. Ammirò egli anche questa forma di bellezza,

e rivolgendosi a un adusto e vigoroso campagnuolo

che a poca distanza rispettosamente lo osservava, gli

domandò chi ne fosse il padrone. « Io, Signore », ri­

spose l’interrogato, c E foste sempre agricoltore? »,

ridomandò il Duca. «Prima fui soldato ». «E allora,

fortunato il Paese che ha figli al par di voi capaci

di arricchirlo nella pace e difenderlo nella guerra...

Magnifico è questo campo!

Bel grano i il tuo!

». E il

Principe ee ne andò, lasciando lieto ed orgoglioso il

coltivatore del campo benedetto. La frase delTAugusto

cacciatore, conosciuta dai vicini del luogo, divenne

presto onorifico nomignolo del fortunato campagnuolo,

e non andò molto che si convertì nel cognome illustre

dei Belgrano. Diffatti, pochi anni dopo, in compenso

dei leali servigi prestati alla Corona, il Duca Ema­

nuele Filiberto concedeva titolo nobiliare alla famiglia

di quei soldati agricoltori, disponendo che nel novelle

scudo campeggiassero tre belle spighe d’oro: eloquente

emblema di romana virtù.

Mi piace qui riferire quest’aneddoto che ricollega,

nella tradizione popolare, al glorioso Principe Sabaude

l’origine del nome dei Belgrano, per essere cosi meglio

apprezzata la concezione della vera ed operosa nobiltà,

di cui fu investita la famiglia Ligure, donde discese

il Generale Emanuele Belgrano.

12)

QUIS DICERE LAUDES?

-

Chi potrà mai

tesserne degnamente le lodi?

Durante la sua vedovanza, il Duca, che per la

diletta Consorte aveva sempre dimostrata una fer­

vida ammirazione, usava portare al collo un meda­

glione in cui era una croce di margherite, sormontata

dalla corona ducale, col motto:

Quis dicere laudes?

Chi potrà mai tesserne degnamente le lodi?

Il motto

i

tolto dalKEgloga VI,

Silenus,

delle

Bucoliche

di Virgilio, verso 6; «Namque super tibi

erunt, qui dicere laudes — Vare, tuas cupiant, etc. ».

13)

RESPICE FINEM!

«

Bada alfine!

(I

es

.,

Sir^

7, 40).

Il

motto superbo, preso anche da Esopo (XXII,

Si quid agas, prudenter agat et respice finem),

è inciso

su una

spadona

del Duca — oggi conservata nell’Ar­

meria Reale di Torino — e che si adoperava nella

solenne funzione del Capitolo per la Creazione dei

Cavalieri del Supremo Ordine dell’Annunziata. La

spadona

fa parte dell’armatura completa, eseguita

dal celebre armajolo milanese Negroli Fanno 1561.

Tutto ciò che si opera in questo mondo mira ad

un fine. Ma questo non si raggiunge se l’accorta pru­

denza non è di guida alle azioni.

Il

motto venne recentemente assunto dal co

pianto Duca d’Aosta — Emanuele Filiberto di Savoja,

morto il 4 luglio 1931 — l’invitto ed indimenticabile

Duce della Terza Armata, che sulla petraia del Carso,

durante quattro anni di guerra, ebbe, al pari del

Grande Avo, l’animo costantemente

fiso alla méta!

(C ontinua)

R ICCARDO A . M A R IN I