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III -

monumento; un

vrvissimo

applauso della folla salutò il

Martire

d'Oporlo

perennemente effigiato in quel colossale poema di bronzo .

Il barone Ricasoli, allora presidente del Consiglio dei Ministri,

colla eloquenza del cuore e con forbite parole ed idee peregrine,

delineò i fatti gloriosi del magnanimo Re,espose le pagine glo–

riose della vita del gran Monarca, celebrandolo legislatore, soldato

della nazionale indipendenza, vittima espiatoria per la redenzione

d'Italia. Conchiudeva esclamando, che ventidue milioni d'italiani

redenti e liberi per l'iniziativa presa dal Martire d'Oporto, lo sa–

lutavano Magnanimo in quel giorno solenne.

Il monumento grandiosissimo cosi ufficialmente inaugurato, ha

la statua equestre del glorioso e sciagurato Principe posta sopra

altissimo stilobate rettangolare a due ordini che regge il dado della

statua principale.

Sul più elevato sono quattro bassorilievi rappresentanti la bat–

taglia di Goito e quella di Santa Lucia, l'abdicazione dopo la rotta

di Novara e la morte del Re Magnanimo in Oporto. Sovra di

esso, ai quattro fianchi del dado, siedono in apposite nicchie le

statue: del Martirio, con una corona di spine tra le mani; la Li–

bertà, coi ceppi spezzati nella sinistra e colla spada sguainata nella

destra; lo Statuto e l'Uguaglianza civile.

Agli spigoli dello zoccolo inferiore s'ergono maestose altre quattro

colossali statue rappresentanti i corpi più scelti dell' esercito pie–

moritese e che già ho enumerate.

Tutta la parte scultoria è in bronzo, l'architettonica è in granito

lucido di Scozia, nero pel primo zoccolo, rosso pel secondo e pel

dado della statua.

Checchè ne dicano e ne abbiano detto i critici, il monumento

è nell'insieme imponente, espressivo e magistrale; nei particolari

atteggiamenti delle statue meglio non potevasi indovinare

pla–

smare l'espressione allegoric a delle muliebri, il naturalmente tetro

e pensieroso effetto di quei quattro soldati posti là quasi a guardia

del magnanimo e sfortunato loro Re.

Alcuni giornali torinesi dell'epoca furono cosi severi nei loro

giudizi, che troppo evidentemente apparvero suggeriti da invidiuzze

d'artisti incompresi, o da rancori personali e magari anche po–

litici. Ma quelle malsane espettorazioni sono oggi cadute in com–

pleto oblio, imperocchè la massa sana del pubblico, per un istante

turbata e traviata da quel gracidio molesto,

riacquistò

presto la