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accettare la Costituzione del

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I 2.

Questa quasI mcruenta rivo–

luzione trovò eco poderosa nel cuore degli italiani e sovratutto

de' napoletani, che di mal animo sopportavano il tirannico governo

dei Borboni.

A Nola fu proclamata la Costituzione, promessa dal Murar, da

pochi dragoni condotti dal sottotenente Morelli, i quali aveano

inalberata la bandiera dai tre colori, rosso, azzurro e nero, colore

quest'ultimo del vessillo dei Carbonari.

In breve insorsero parecchi presidii e minacciavasi dai popoli

una sollevazione, onde il Re dovette cedere e concedere, spergiu–

rando,

la

Costituzione, strettovi anche dalla tremenda sollevazione

siciliana.

Questi fatti non potevano non suscitare in Piemonte grandis–

sima agitazione, e si fu quando si seppe del disegno dell' Austria

di soffocare colle armi la libertà napoletana che le nostre popo–

lazioni, almeno la massima e miglior parte di esse, apertamente

esprimevano

il

desiderio ardente che il Piemonte accorresse in

aiuto dei fratelli. E questo era pur desiderio dell'esercito che ane–

lava ad una guerra contro l'Austria, non voluta dal Re, nè dai

suoi più favoriti consiglieri.

La nobiltà, a cui costoro appartenevan tutti, era però discorde

c divisa in due fazioni: i reazionari ad ogni costo, non partigiani

dell' Austria, ma abborrenti da ogni cosa che venisse o paresse

venir di Francia, che a loro non ricordava che le rovine del trono

c dell'altare e gli eccessi de' giacobini; Revel, Roburent, Vallesa,

ne erano i capi. Alla fazione opposta appartenevano i giovani che,

cresciuti durante

la

dominazione napoleonica, nutrivano verso l'Au–

stria odio intensissimo. Gloriosi nomi segnava questo partito: A–

lessandro Saluzzo, Carlo Asinari di S. Marzano, Cesare Balbo, Gu-.

glielmo Moffa di Lisio, Giacinto Collegno, Annibale Santorre De–

rossi di Santa Rosa. Erano questi i capi più influenti del nuovo

partito; e, 'di tendenze più dinastiche che democratiche, non se–

paravano mai nel loro pensiero la dinastia dalla nazione nel grande

disegno di

affrancar

la patria dal giogo straniero e di darle liberi

ordinamenti. Capo naturale di questo partito generoso dovea esser

necessariamente Carlo Alberto, Principe di Carignano, che il gabi–

netto viennese avea tentato di escludere dal trono in caso di estin–

zione del

Luna

primogenito. Della parte che ebbe in quegli eventi,

tanto diversamente giudicata, non è caso di discorrere in questo