

- 144-
mente sfidando le ire della Corte, erasi portato agli ospedali a
visitare e soccorrere i feriti. Il malcontento era generale, pro–
fondo, minaccioso.
Accusati di cospirazione, furono in sul principio del marzo ar–
restati
il
Priero,
il
Perrone, ed il principe Della Cisterna, ciò che
non valse che ad accrescere sempre più l'irritazione che anche nel–
l'esercito più forte si manifestava per la sorveglianza inquisitoria
a cui erano soggetti gli uffiziali sospetti di nutrir amore a novità
e di prender parte a segrete riunioni.
Venne
il
punto in cui, dopo
la
rotta de' costituzionali napole–
tani,
il
partito de' confederati vide doversi affrettare lo scoppio della
congiura da lungo tempo meditata, ed il 6 marzo, Caraglio, San–
tarosa, Collegno e Lisio presentavansi a Carlo Alberto, annunziando
che il giorno otto darebbesi principio alla rivoluzione che dovea
dare al Piemonte costituzione liberale e spingerlo a guerra contro
l'Austria a nome della indipendenza italiana.
Vuolsi che il principe acconsentisse, in sulle prime. Fatto è che
se diede consenso all'impresa tosto la ritirò.
I
confederati non se
ne sbigottirono di molto, e chiedendo al principe solo di non op–
porsi alle operazioni loro, differirono di pochi giorni l'esecuzione
del piano. E si decise che a Torino e ad Alessandria contempo–
raneamente scoppiasse l'insurrezione il giorno
IO.
Così fu; al grido
di guerra contro l'Austria molti generosi soldati insorsero; mol–
tissimi o per sospetto, o per neghittosità, o per influenza di su–
periori, se ne schermirono, sicchè
la
causa si potè tener per vinta
fin dai primordi del suo estrinsecarsi.
Re Vittorio, alla sera del nove, dopo lungo colloquio col Prin–
cipe
di Carignano, prometteva assoluta amnistia ai rivoltosi,
la
quale fu sprezzantemente respinta, benchè srssidiata da altro editto
in cui ai sott'ufficiali e soldati prornetrevasi aumento di paghe.
Temevasi un'insidia di polizia; i vecchi militari vedevano nella
grazia offerta, per ciò che a loro parea non delitto ma dovere,
una sanguinosa incomportabile ingiuria.
Vittorio Ferrero, capitano della legione reale leggera, ed uno
de' confederati spediti a Cuneo, ne ritornava al primo avviso e
nella notte dal
IO
all'I I accampavasi con tutti i suoi a S. Sal–
vario, ove nella mattinata seguente era raggiunto dai congiurati
con qu elle poche anni che in quella furia poteronsi procacciare.
A lui si riunirono Avezzana, Brunetti, Arbaudi e Prandi, uffi-