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si assottiglia la catena delle Alpi, e nel 1833 presentava a Re
Carlo Alberto un abbozzo di un suo progetto di traforo delle Alpi
«
sotto il Monte
Frèjus
tra Bardonnecchia e Modane
»,
La proposta non ebbe favorevole incontro: il proponente fu
tenuto per visionario, Ma egli non si smarrì per ciò di animo,
ed otto anni più tardi, cioè al
20
giugno 1841, raccomandava
la
proposta sua alla Camera di Agricoltura e di Commercio di
Chambéry.
Il progetto non fu più respinto come dianzi;
benchè
lo si te–
nesse come d'impossibile esecuzione, non si venne però a defini–
zione, ed il Médail morì senza il conforto di veder accettata
la
proposta al cui studio aveva consacrata tutta la sua vita.
Però il buon germe era stato gettato in terreno non infecondo,
e nel 1845 il ministro Des
Arnbrois
ordinava all'ingegnere belga
Enrico Mauss lo studio di costruzione di ferrovia tra Susa e Cham–
béry,
mediante traforo dei monti,
Mentre egli studiava a trovar macchine che a sì grande e sì
nuovo lavoro bastassero, incaricavasi l'illustre geologo Angelo Si–
srnonda
di istituire ricerche sulla natura delle roccie che avevansi
ad attraversare,
Ternevasi
di acque sotterranee, di franamenti; il
Sismonda dichiarò che seri ostacoli non si troverebbero, e l'esito
delle sue indagini valse a dar lena a proseguire gli studi.
Dietro questi incoraggiamenti il Mauss presentava nel 1845 un
primo modello di macchina perforatrice, ed all' 8 febbraio
1849
sottoponeva al Governo un progetto di massima per il traforo
del Fréjus con una galleria, la di cui lunghezza dovea essere di
12,290
metri.
Il progetto Mauss, che gli eventi politici stringentissimi avevano
fatto metter in oblio, fu poi respinto dal Parlamento, essendosi
sollevate troppe obbiezioni sulla possibilità di far funzionare
la
perforatrice a vapore, e quasi matematicamente dimostrata la im–
possibilità di trasmettere per forza di funi forza regolata a grande
distanza e di provvedere alla ventilazione.
L'ingegnere Ranco ebbe allora incarico di studiare di bel nuovo
l'ardua questione, che da molti fu trattata con diversa maestria.
Fra questi ricorderò il Piatti, di Milano, che primo accenno alla
possibilità di valersi dell'aria compressa come motore, senza ac–
cennare però ai mezzi di valersene, vale a dire, che del mecca–
nismo perforatore egli non si occupò
nè
punto
nè
poco.