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eravani tutt'occhi e tutt'orecchi : scoppiavano tra le

«aette certi giudizi così vivi e pittoreschi, ila tra­

mandarsi meritatamente di hocca in bocca. Ma la

generosità di Farinelli pure imparavamo a cono­

scere. sempre pronta a propugnare le nobili cause,

a difendere l'ingegno, a soccorrere i bisognosi.

Il risalto, che il suo temperamento conferiva ad

ogni azione e ad ogni atteggiamento, aveva una ri­

sonanza così inusata in noi perchè — compresi me­

glio più tardi — in esso sentivamo il segno di una

particolarissima affinità, ('.he Farinelli fosse della

schiera dei rinnovatori della cultura italiana al prin­

cipio del secolo, e dunque amico di Croce. Gentile

e dei Yociani fiorentini, era per dei giovani la prima

garanzia della sua giovinezza. Nel gruppo dei rin­

novatori però egli si distingueva ancora per una sua

caratteristica di elementarità, di vicinanza alla na­

tura. che ai giovani di quella generazione, rifug­

gente daU'intellettualismo. riusciva specialmente

suggestiva. Sentivamo aria di orizzonti aperti in­

torno a lui. Ci bastava guardargli quelle sue solide

scarpe, così spesso ricamate in giro alla suola del

fango della sua collina, per provare un vtf.j*o desi­

derio di libertà e d'ampiezza. Quand'egli diceva di

esser andato « ramingo per tante terre e sotto tanti

cieli ». intendevamo che non aveva passato i suoi

giorni solo nelle biblioteche di mezza Europa: il

seguirlo pareva promettere una bella avventura. In­

vero seguirlo voleva dire anzitutto l'obbligo di viag­

giare fuor d'Italia, di rompere il cerchio ancora me­

schinamente provinciale della nostra vita d'allora.

I na piccola avventura era già andarlo a trovare

nella villa sospesa tra gli alberi, alta sulla città,

col Po ai piedi e le Alpi in fronte. Nello studio

zeppo di libri d'ogni letteratura Farinelli ci rice­

veva indulgendo alla nostra ignoranza e alla nostra

petulanza, ridendo di molte cose, sulle quali noi

pure amavamo ridere, ma altresì investendoci con

una valanga di domande, notizie, indicazioni, in­

citamenti. Ci difendevamo come potevamo, ri­

traendo chissà quale utile positivo per i nostri la­

vori; ma ritornavamo felici, come se fossimo stati

ospiti in una terra meravigliosa.

\ enne la guerra, e la famiglia romantica andò a

combattere. Poi ognuno prese la sua strada, cer­

cando di non mostrarsi indegno della scuola da cui

usciva. Ma la casa del Maestro rimase aperta, a To­

rino come a Beigirate e a Gmunden. e ciascuno di

noi vi andò più volte a cercare consiglio e conforto.

Poiché nuovi vincoli di amicizia rinsaldarono pii an­

tichi. i miei ricordi di Arturo Farinelli crescono co­

gli anni. Ma. significativamente, i più vivi restano

-empre quelli che hanno un qualche sfondo di na­

tura. Così un giorno ho ben netto in mente. Ero

andato a trovarlo a Yillahassa. in Yal Pusteria. nel-

1estate del 1931. ed egli, dopo avermi fatto correre

tutta la valle fino all'azzurro lago di Braies, mi pro­

pose di salire insieme sul

Diirrenstein.

Aveva allora

*essantaquattr’anni; il

Diirrenstein

è alto 2840 me­

tri. r il tempo era minaccioso. Stupii alquanto; ma,

poiché si mostrava deciso e aveva invitato anzi già

un giovine alto-atesino, partimmo, lo non ero si­

curo. come lui. che non ci saremmo presa l'acqua;

egli però procedeva spedito ed ilare, il sacco sulle

spalle, e dunque gli andavo dietro di buon grado.

Quanto più la sera si faceva buia, e la valle in cui

salivamo erta, e il nostro passo lento, tanto più mi

sentivo commosso della volontà di queU'aiiziaiio,

che non voleva saper d'ostacoli e che, al pensiero

di passar la notte in alta montagna e di raggiungere

all'indomani ancora una volta una bella cima, era

lieto come un fanciullo. All'albergo della

Platz-

tviese

pensò lui a tenerci allegri coll'infrenabile vi­

vacità del suo discorso, solo oscurata tratto tratto

dal timore, che il tempo non tenesse. E la mattina

dopo lo vidi alzato per il primo, a spiare il cielo.

Qualcosa sembrava promettere quell'alba bianchic­

cia’. perciò ci mettemmo in cammino. Presto ci colse

la nebbia, ma chi non volle saperne di tornare, fu

Farinelli. Potemmo infatti raggiunger la vetta. Non

c'era quasi vista; ma Farinelli non fu meno felice:

indicava col dito i monti visibili e gl'invisibili, si

entusiasmava a quello scenario fantastico, a cui la

nebbia dava proporzioni infinite. I gesti larghi delle

braccia, ch'egli ama, erano perfettamente a tono

nella gioia di quell'immensità.

Si accompagnarono a noi nello

scen*W #*

due ra­

gazze. ch'egli più di tutti divertì con distolsi briosi,

e per le quali non dubitò di perder tempo a cercar

fiori. Ma finalmente ci prese la pioggia. Cavallere­

scamente Farinelli cedette alle bisognose alcuni dei

suoi indumenti: lo rivedo ancora camminare di

huon passo per ore ed ore sotto l'acqua, incappuc­

ciato in una corta mantelletta. paziente e baldan­

zoso come un

hidalgo.

E non è rimasto quel di prima anche adesso che

— oh vano comando di regolamenti! — dovrebbe

considerarsi « a riposo»? — Andatelo a trovare nel

suo piccolo castello sulle pendici delle colline di Ca-

voretto: è sempre reduce da qualche viaggio, da

Roma o da Beigirate, dalla Svezia o dalla Germania;

scrive sempre delle lettere ai mille amici dispersi

in ogni angolo del mondo, ai mille postulanti che

s'attaccano alla sua spada d'accademico; ha sempre

parecchi lavori per le mani, e freme ancor sempre

di qualche ira magnanima. Y'i farà per qualche

tempo partecipi delle sue novissime esperienze, pas­

sioni, odi, amori. Ma infine vi trarrà dall'una al­

l'altra delle sue stanze tappezzate di libri per farvi

ammirare da tutte le finestre, aperte su tutto l'oriz­

zonte percorso dal sole, i colli, la valle, il piano,

le montagne. Per poco bene che abbiate scelta la

giornata, ci sarà sempre un tramonto interessante,

e dal Monviso al Rocciamelone il sole animerà di

colori e di ombre le Alpi. Ascoltatelo allora! Com­

miscrando la vanità dei contrasti e delle ambizioni

umane, celebrerà con occhi lucenti quel suo rifugio

nella natura eterna, e così parlando ripeterà quel­

l'invito all'essenxialità umana, in cui si assomma

tutta la sua opera.

Tarimo. R . Lmirerùtm.

LEONELLO VINCENTI

«I