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« lo

|mi>>o

dire di non e»>er tornala mai a mani

\uote, quando ho rerrato Dio nell'affanno e nel

dolore. Con rio è detto infinitamente troppo, ed io

non po*«o nè devo dire di più ».

G otnit,

Confessioni d'un'anim a bella

i libro VI de

l.e esperienze di V ilhelm Mei*ter\.

Ci sono molti modi di viaggiare: tanti, si può dire,

quanti sono i viaggiatori. K non è difficile classifi­

carli per gruppi, questi modi vari, secondo le età.

i secoli, le tendenze. Gli antichi, quando non sal­

pavano alla scoperta di lembi nuovi di mondo —

ed era in fondo un interesse scientifico, o pratico

che li muov eva : solo più tardi la deformazione ro­

mantica ne farà dei cercatori inesausti d'ignoto:

essi sapevano hene quello che cercavano e volev ano

— gli antichi dunque visitavano le terre straniere

e malnote come luoghi da studiare curiosamente,

soprattutto nei costumi, negli edifìci, nelle curiosità

varie: il

Milione

di Marco Polo insegna. Anche

Odisseo aveva veduto, nel suo vagabondaggio lungo,

molte città, e aveva conosciuto l'indole delle genti.

1 moderni viaggiano diversamente: sono più « tu ­

risti», più svagati, più « crocieristi » : i migliori

viaggiatori nostri contemporanei risentono almeno

un poco di questa maniera : il Valéry Larband stesso,

uno dei più originali vagabondi che mai ci siano

stati, italiano in Italia, inglese in Inghilterra, let­

tore accanito di bei libri rari di ogni terra ove

prende dimora, deliziandosi di ogni segreto di lin­

gua che si svela, appassionato amatore di donne e

di bei nomi femminei. È il viaggiatore felice, che si

appaga nel suo errare: non inai esule, perchè sem­

pre nella sua patria, anche solo di un'ora; e si

pensa che mai la

sehnsucht

, la nostalgia, debba ri­

volgergli l'animo verso la sua casa, nell'ora del cre­

puscolo.

Che dominava, invece, il melanconico cuore dei

viaggiatori romantici, e tanto si allargava sul loro

cielo di perpetui esuli, che. si può dire, il loro giorno

intero ne rimaneva dominato. Erranti in terre sem­

pre nuove e desiderate alla pare dell'anima in pena,

sempre ne rimanevano delusi, e riprendev ano il loro

cammino con altre visioni nella mente, e una no­

stalgia nuova nel cuore, per i paesi abbandonati,

per la patria. Cercavano senza posa per il mondo

la pace che fuggiv a il loro cuore, creatore irrequieto

sempre. Byron. Lenau. Foscolo stesso, perfino il

Leopardi, pur nella breve parabola dei suoi viaggi

e della sua vita. Cercatori di pace assai più che di

terre.

Arturo Farinelli è il viaggiatore romantico: nessuno

riconoscerebbe in lui il contemporaneo dei turisti

dei nostri giorni. II viaggio per lui è, più che una

passione, una necessità: un rorrere dietro al pro­

prio sogno alla Morgana che continuamente si ar­

retra dinanzi agli occhi ingannati, e chiama intauto

con la voce fascinatrice. La Spagna, il suo immenso

amore, la sua seconda patria, quella di cui non parla

che con uu tremito nella voce, per cui abbandonò

la famiglia, i luoghi più cari, la sua terra, come

la conobbe? Donde gli nacque la passione? Quasi

per caso, per influsso direi magico di parole: un

compagno gliene parla; gli cita nomi illustri: Lope

de Vega Carpio, Calderón de la Barca. Ruiz de

Blasco y Henao, e lui rimane affascinato da quella

« sonorità stupefacente », come da una musica. Non

li ha mai letti, questi poeti ispanici, non sa forse

bene che siano, e li sogna, e già intuisce che ne sarà

dominato per tutta la vita. Scende a Genova e alla

vista delle navi ancorate lancia il suo pensiero «di

una libera vita e della conquista dei mari e del

cielo». È come un nuovo Colombo, forse quella

antichissima terra di Lope e di Calderón gli appare

quasi terra da scoprire nei mari. È così fissato il

carattere puramente fantastico, di sogno, che ha

tutto l'amore vagabondo del Farinelli. Non ha nep-

pur letto relazioni di viaggio, nè descrizioni esoti­

che. che gli abbiano acceso la fantasia: sono bastati

dei nomi, un suono, per innamorarlo della Spagna:

e questo amore durerà una vita. Si sente il legame

ai suoi fratelli romantici: amore di terre lontane,

che fa dolere il cuore di nostalgia: immagini di un

mondo che appare tanto bello e consolatore nella

lontananza angosciosa e deluderà poi. amaramente,

quando sarà raggiunto. Pellegrinaggi perpetui del

personaggio romantico dietro il proprio sogno, in

cerca di una pace che non può venire, finché il

cuore sospira. Sentite il Farinelli con quel suo

amore che lui crede di Spaglia, ma è solo di terra

lontana, inappagato: «Confidavo le mie pene alle

acque, ai monti, ai fiori, anche ai sottili steli d'erba,

e a certe pietre fisse nei muriccioli che certo m'in­

tendevano e mi davano quiete e pace». Un ultra­

romantico, de Munet. preso anche lui dalla sua

sehnsucht

spagnola, ne cantava i dolci amori delle

madrilene, senza mai aver varcato i confini di Fran­

cia. Più saggio forse, che lasciava il sogno restar

sogno, lontanissimo. Di solito i romantici lo rincor­

rono, e si affannano di non trovarlo mai. e lo inse­

guono ancora. Vedete Farinelli: è appena salpata

la sua nave, rotti i rapporti colla famiglia, troncati

gli studi, e già la vanità della sua ansia lo afferra

sotto le stelle, mondi immensi e infiniti : « Quella

passione ispanica che con me tragittava, l'alto ideale

che doveva dar luce al mio avvenire, le speranze

nutrite, le sciagure sofferte, la patria che abbando­

navo, la fuga compiuta, che era mai tutto ciò? E

potevo immaginare un destino e una storia a me

stesso entro gli abissi dei destini di un universo? Il