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Dillii ulta che. per quanto graudis-

•ime .«nini poi nulla al confronto di

quell»* presentale dalle operazioni

•ucci ssive. cioè dalla formazione del

molo nel tuho, dopo averlo raccor­

dato alle condutture di certe specia-

li-ime pompe costruite espressa­

mente per giungere alle estreme ra­

refazioni di gas qui richieste.

Perché, prima di immettere nel tuho

quel Neon-Argon che dovrà dargli

tanto splendore, occorre avere eva­

cuata tutta Paria interna, operazione

resa ancora più complicata dal fatto

che le pareti del vetro e special-

incute le superfici delle parti metal­

liche sono sempre ricoperte da un

lesero e aderentissimo strato di gas

die con la Mia persistenza si oppone

aun \unto molto spinto.

Ma per fortuna, ecco che questo velo

diventa quasi del tutto eliminabile

riscaldando al rosso gli elettrodi, il

clic -"ottiene inserendo una corrente

elettrica ad alta tensione e regolando

opportunamente il grado di rarefa­

zione nel tuho. che diverrà anch esso

rovente alle estremità e caldissimo

nel tratto intermedio.

Realizzata ili questo modo una com­

pleta evacuazione dell'aria, si « l a ­

ta » ripetutamente il tuho con il nas

di riempimento, lo si e\acua ancora

e »i procede infine all'immissione del

"a- imitile definitivo, regolandone

poi la giusta pressione agendo sulla

pompa a vuoto.

Finito? Non ancora, perchè occorre

xerificare la buona accensione del

tuho proxaudolo sotto quel carico di corrente per

il quale è stato progettato.

Se la luminosità non è soddi-facente. ricomincia

•la capo l'evacuazione. Se tutto va hene. insistere

anche per qualche giorno con un intensità di cor­

rente alquanto più alta della normale, e solo se in

questo periodo non sarà avvenuto alcun cambia­

mento nel colore della luce, chiudere definitiva­

mente il tubo fondendo con una piccola fiamma il

raccordo capillare che lo univa ancora alla pompa.

1. i trasformatori? Ebbene di questi vi facciamo

grazia, ma ci sarebbe da dir tanto sul loro conto.

Ognuna delle nostre fabbriche cittadine

se

li pro­

duce in un annesso reparto, con la tendenza, co­

mune alla moderna tecnica dei tubi luminosi, di

adottare per essi tensioni meno elevate di un tempo.

In questo modo il tratto di tubo ehe si può illumi­

nare risulta più corto, ma il risultato finale è lo

-tesso, impiegando per ogni insegna un maggior

numero di trasformatori. E si ha l'inestimabile

vantaggio, appunto per la minor tensione, di un

più facile isolamento delle condutture

e

dei tubi

—allietano

m

II« ora (arali la rinnovata «la Roma

che oggi funzionano egregiamente anche sotto la

pioggia o la neve con i loro 10-20.000 volta, men­

tre qualche anno fa. quando audaxano a 50.000 e

oltre, i prendeva il ballo di San Vito appena il

tempo minacciava e stavano spenti a metà per tutto

l'inverno.

* * *

Oggi i tubi luminescenti hanno sempre nuovi im­

pieghi, essendo passati dalla primitiva e più sem­

plice funzione di richiamo pubblicitario a quella

decisamente decorativa. Inoltre si richiedono, nella

maggior parte dei casi, uno splendore di luce e una

pienezza di colore, di fronte ai quali le vecchie in­

segne ci sembrano ormai di un'altra epoca.

Allora, fino a ieri se vogliamo essere sinceri, non

si aveva che il solito rosso del Neon e l'azzurro cia­

notico della sua miscela con Argon e mercurio, così

nuda e cruda che dava freddo solo a guardarla e

un aspetto fantomatico a tutto quanto, voi com­

presi, capitasse nel suo livido alone. Una luce sen-

It