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letc dare a un paesaggio di montagna, di­

pinto su un cartellone pubblicitario, il mas­

simo dell'attrattiva, dovete (da una parte o nel

fondo, come più vi piace) far spuntare al­

cune torri, quelle che ogni sciatore, in Italia

e in Europa, conosce ed ama. E se volete poi

di quel luogo dire in una frase tu tte le virtù,

fate la prova: non dite Sestriere è bello, c’è

molto sole, molta neve, od altro: dite Se»triere

è Sestriere. A dire altrimenti fareste ridere.

Come fan ridere coloro che dicono di amare

Giulietta, oppure Luisa, perchè sono bionde,

o perchè camminano leggere, o infine perchè

sanno ridere bene; mentre amano Giulietta

perchè è Giulietta. Luisa perchè è Luisa.

La nostra città trova un motivo di viva sod­

disfazione nel fatto di avere a poco più di

un'ora di automobile la più originale e a ttra ­

ente tra le località europee di sport invernali.

Anche Torino si avvantaggia di questa fama

così rapidamente cresciuta. È una ragione viva

ed attuale per essere ricordata da chi forse la

dimenticherebbe. Passano e pas­

sano, per la nostra città, uomini

e donne che hanno in comune

soltanto la foggia delle scarpe e

dei pantaloni, e nulla più; diver­

sissimi gli uni dagli altri, vanno

verso l'alto o ne tornano. Nel

primo caso sovente se, provate a

fermarli, vi fanno qualche do­

manda; in genere sono le funivie

a renderli increduli. A tu tte le

altre bellezze credono in blocco

per una lunga tradizione: si è in

Italia, e tanto basta. Ma vogliono

sapere se davvero esistono tre

funivie tu tte di grande interesse

turistico e sciistico, quali non

può vantare nessuu'altra sta­

zione di sport invernali; vogliono

sapere se è vero che i punti di

arrivo delle tre funivie, su tre

montagne diverse, in tre pano­

rami diversi, sono punti di par­

tenza delle più varie discese, ca­

paci di soddisfare tanto il prin­

cipiante quanto il campione.

Rispondete loro che è proprio

così.ed

ognuno nel suo linguaggio

dice che allora è bello davvero.

I

giorni trascorsi lassù, a due­

mila metri, restano poi nella

memoria come un'isola felice,

che di lontano sempre più emer­

ge dal mare dell’esistenza quo­

tidiana e grigia. Si fanno sco­

perte curiose e strane, incontri

impreveduti e importanti. Ta­

luno quasi crede dj ritrovare la

propria adolescenza, in quella

atmosfera rarefatta e pura, con quell’esercizio

fìsico che a poco a poco gli ridà l'impressione

di possedere nel suo corpo uno strumento ma­

gnifico. di solito stupidamente sprecato. È

bello, dopo la corsa aspra, stare fermi, volti

verso il sole, con gli occhi socchiusi. In certe

m attinate chiare ci si sente improvvisamente

diversi, come se anche dentro gli uomini si

allargasse d’improvviso il vuoto del cielo. Nel

vasto silenzio le voci umane assumono signifi­

cati nuovi, le parole comuni giungono come

rivelazioni improvvise. Tutto sa di novità e di

prodigio. È bello — dicevamo — stare fermi,

dopo la corsa rapida, con gli occhi socchiusi.

Ma non soltanto per godere il sole. Mille

altre

cose rapidamente si aggiungono,

per accre­

scere la nostra gioia. Stesi

su

di una

poltrona

a sdraio, in una

delle grandi verande degli

alberghi tu tti

magnifici, subito ci si accorge

che

il sole non è Tunica meraviglia. Sulla pol­

trona accanto c'è, per esempio, un bimbo;

lo pregheremmo di non andarsene, perchè se

lui

non getta ogni tanto un pic­

roio

grido, se non scatta, se non

blandisce con Tesile voce la sua

mamma, se non fa una qu a ­

lunque di queste cose noi tro-

\ iamo

molto meno bello tenere

«ili

occhi chiusi. Di solito, in città,

pensiamo che i bimbi sono noiosi;

ma

lassù è t ut t a u n ’altra cosa.

Dopo un giorno o due si ir.s-

para a scegliere la poltrona a

Mlraio. Stare sdraiati a quel mo­

do è una cosa molto importante,

non è questione di pigrizia. Del

re>to la stanchezza dello sci è

una stanchezza agile, molto di­

versa da quella del lavoro. Sem­

bra quasi che tutti ubbidiscano

a un richiamo poetico quando

corrono, dopo la colazione, a oc­

cupare i loro posti; forse si sd ra­

iano per concordare il loro corpo

con l'orizzonte che è limite di

tutte le cose. Subito dopo si s ta ­

bilisce sui presenti un’atmosfera

di mito. Chi ha saputo scegliere

bene la poltrona è il più fo rtu ­

nato. C'è per esempio un giova­

notto che è riuscito a porsi ac-

canto a una signora che la sera

prima ha molto ammirato nella

*ala da ballo. L'ignoto giova­

notto non parla, e la signora

ignota non sorride. Da lontano

viene il silenzio, e li fascia. Se

uno sciatore solitario sui campi

di neve getta a qualcuno un

grido di richiamo, i due si p a r­

lano con quella sua breve parola.

Tutto è favorevole ai segreti pensieri, tu tto

rivive nell'intimo con modi assillanti e chiari.

Per chi non si lascia prendere da quel fer­

vore queste son cose da nulla. Ma peggio per

lui. Del resto che siano cose da nulla lo am­

mettiamo per primi; ma sono esse a fare la

felicità, tan to più viva e completa quanto più

le cose che la determinano sono lì per lì incon-

si'tenti e indicibili. E in queste cose da nulla

è non soltanto il presente, ma Tavvenire del

Sestriere. A poco a poco per tu tti Sestriere

vorrà dire un periodo, o molti periodi, di vita

felice. Già oggi è questo il più grande ed il

più vero richiamo pubblicitario, perchè gli

uomini nulla amano più di quel che loro ri­

corda delle felici giornate. Qui è la spinta

segreta a ritornare lassù, per chi vi capitò

anche una sola volta. Gli altri, coloro (ma

dunque

esistono?)

che

non vi sono mai stati,

vogliono provare:

possibile che sia davvero

una cosa

tanto straordinaria, quel benedetto

Sestriere; perchè mai

gli

gravita intorno la

curiosità di tu tto un Continente. E provano.

Anche perchè, a dire proprio la verità, non

è ormai più confessabile l’ignoranza candida

di non conoscere il paese delle torri. Si pos­

sono confessare tante altre cose, ma se uno

dice « Sestriere » non si può ribattere: « cos’è,

non ci sono mai stato ». Ci sarebbe da essere

screditati per sempre. Si rinuncerebbe a figu­

rare nelTelenco delle persone appartenenti alla

buona società. La quale buona società ha

naturalmente una gerarchia; e sapete quale?

La gerarchia degli alberghi di Sestriere. Se si

dice che il tale è dei principi, o dei duchi, non

si vuole già indicare la sua progenie; ma sem­

plicemente il suo recapito nei brevi giorni di

invernale felicità. Una volta tanto la nobiltà

dell’alloggio può sostituire quella degli avi.

Ed è giusto che tutto si rinnovi, sopra i due­

mila metri; non soltanto Paria nei polmoni,

o il sangue nelle vene, ma anche le consuetu­

dini e i costumi.

VWITA