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ut “ TORINO DEL PRIMO OTTOCENTO NELLE IMPRESSIONI

DI MADAME DE BOIGNE „

L

a Contessa di Boigne, nata Carlotta Eleonora

Adelaide di Osmond, lasciò della lunga sua vita

(

1780

-

1865

) tre volumi di «Memorie••includenti un pe­

riodo, di notevole interesse per lo storico, che si esten­

de dal regno «li Luigi X V I alla rivoluzione del

1848

.

Nata, si può ben dire, sui gradini di un trono —

sua madre a Versailles era dama «li Madame Ade­

laide, una delle tiglio di Luigi X\ — od amica di

giovinezza di Maria Amelia duchessa d'Orleans e

poi regina dei Francesi — trascorsi gli anni dell in­

fanzia fra principesse e cortigiani, continuò poi, du­

rante remigrazione in Inghilterra, la sua educazione

ed istruzione.

Dal protratto soggiorno inglese, essa derivò l’in­

teresse alla politica e delle idee assai più « liberali •

delle comuni del proprio ambiente di nascita.

Sposata sedicenne al generale «li Boigne ohe ne

aveva quarantanove, il matrimonio fu st«*rile «* non

soltanto «li figliolanza; pure nel campo morale una

fusione spirituale fra i due sposi non avvenne mai.

Il generai»*, bravo sohlato «* «li non dubbia dirittura

morale, non portava tuttavia alla moglie parità di

vedute, di modi di sentire, ma piuttosto fjkceva

pompa di una perenne gelosia (madame «le Boigne

la chiamerà

«

orientale

»

nelle memorie). I na prima

separazione burrascosa era successa a«l un breve

perio«lo di vita in comune; una seconda, durante l’emi­

grazione in Inghilterra, e «[Uesta in termini amiche­

voli e resa tale «ialla conservazione «lei rapporti epi­

stolari. La Contessa «li Boigne ritornò a vivere con i

genitori, seguendo dopo la seconda restaurazione 1«*

vicende diplomatiche del padre, marchese «li Osmond

nelle ambasciate di Torino e di Londra.

Ricca di doti naturali «li intelligenza e di «l«»ti

acquisite di cultura, la Contessa di Boigne seppe

sostenere con disinvolta sicurezza la parte talora

difficile di giovane signora separata «lai marito; «filet­

tante di musica e «li pittura, espino sempre «lurante

la lunga vita le belle qualità «li intelletto e fu pure

scrittrice. A testimoniare questa sua attività, restano

due romanzi « I*» maréchale d ’Aubemer » e « Une

passiou dans le grami momie • e«l i tre volumi prima

citati delle « Memorie ».

Non partecipò direttamente alla vita politica, ma

sì in modo indiretto costituemlc il suo * salone » uno

dei più noti e frequentati del tempo.

Per la sua conversazione e per la sua corrispon­

denza, ebbe rapporti con le persone più in vista;

basti citare Gnizot e Lamartine tra gli uomini e

M d a n w Récamier e Madame de Stael tra le signore.

Le riunioni alle quali presiedeva, furono per mezzo

secolo una delle maggiori attrattive e tali rimasero

pure, «juando vecchia, quasi cieca «*«l immobilizzata

nel letto, più non potevansi invocare le «loti tìsiche

«l«*lla giovinezza.

Si scrisse e si «fisse «die la Contessa «li Boigne

rappresentava in modo mirabile il passaggio dal

vecchio al nuovo regime; « !«• justo milieu • che «li­

vellile in seguito motto c segnacolo di un partito,

fu per lei assai prima norma costante del vivere. 1

Se la lettura d«*lle sue ><Memorie • costituisce per

chi è amante degli studi st«*ri« i una fonte «li notevole

interesse, spesso di vero «filetto, più specificatamente

il periodo clic si riferisce al soggiorno torinese della

scrittrice, è por noi piemontesi ricco di u«*tizie cu­

riose ed interessanti, come «niello che dona, nelle

impressioni «fi una donna «l’oltralpe, il riflesso di quel

tempo tanto lontano. Lontano, s’intende, non tanto

nella misura assoluta «legli anni: poco più «li un se­

tolo. «|iianto per le ra«licalmente, mutate condizioni

di vita sociale.

L'ambasciata di Torino alla quale il ministro

Talleyraml assegnava il marchese «li Osmond, padre

della Contessa «li Boigne, oltre che per ovvie ragioni

politiche «li contiguità territoriale, era considerata

di primaria importanza per la stretta parentela esi­

stente tra le dm* case regnanti. Luigi X V

11

I, re «fi

Francia e Carlo Kmanuele IV, re «li Sardegna, erano

«lue volte cognati p«*r ragion «li matrimonio essendo

le mogli, rispettivamente, sorelle «U*l secondo e «lei

primo.

Le esitazioni del marchese di Osmond ad accettare

tale sede poco «la lui desiderata, erano state vinte

appunto con tale argomento «lell’ « ambasciata di

famiglia », argomento sussistente c«d nuovo re di

Sardegna Vittorio Kmanuele

1

° salito al tromi dopo

l’abdicazione del fratello.

Ed argomento ancora più suadente di Talleyrand,

la sede ambitissima «li Londra, passava per Torino...

P iù ancora del pa«lre, la Contessa di Boigne partiva

mal «fisposta per Torino «lei cui soggiorno anticipava

con se stessa le noie.

Poco propizia in verità ai gusti raffinati di tal «lama,

re«Iuce da Lomlra e da Parigi, si presentava la vita

torinese del

1814

.

11 re dopo sedici anni di esilio sardo, rientrato con

cristallizzata l'identica mentalità dell’anno della par­

tenza (

1798

). La corte organizzata o meglio disorga­

nizzata di conseguenza; paggi di vent’anni prima

reintegrati in carica, ma con... vent’anni dì più;

ufficiali retrocessi a cadetti; così nella magistratura,

così neH'amminÌ8trazione, ecc. ecc. Uno sguardo per­

spicace e spesso caustico come quello della Contea**

» I

di Boigne, non poteva non vedere le sfumature risi­

bili «li questo stato «li cose e, scorgendole, non trarne

spunto di canzonatura.

Nel suo complesso, la vita «Iella s«>cietà torinese

d'allora, non trovava certo nella Contessa di Boigne

un giudice mite.

Sola eccezione alla sua mordacità, il nucleo «legli

uomini di studio, viventi p«*raltro trincerati nella

cerchia un poco sdegnosa della loro solitudine, ma,

degni, se avvicinati, «li ogni rispetto, di «tgni amm i­

razione.

Con innegabile senso di umorismo, a proposito dei

« temi «fi conversazione • «li moda al tempo del suo

arrivo, la di Boigne cita le interminabili discussioni

sull'opportunità o meno «li un certo fastoso lampa-

«lario fatto collocare nel soffitto del « teatro Regio »

•lai governatore napoleonico, principi* Camillo Bor-

ghese, durante appunto l'interregno francese e per

probabile ispirazione della vezzosa consorte, la prin-

«•ipessa Paolina, la prediletta sorella «li Napoleone.

Occorre del resto per spiegarci questi e«l altri

giudizi alquanto aciduli della di Boigne, riportarsi

ai tempi e ricordare quanta importanza, anche se

non meritata, l’aristocrazia desse a«l ogni modifica-

zinne «li usi, «li costumanze, solo che concernessero

la vita «Iella Corte.

Ritornando al « teatro Regio *>e«l alle costumanze

«li allora, l’autrice rievoca le regole, i protocolli inde-

rogabili che presiedevano durante « la stagione »•all’as­

segnazione «lei palchi distribuiti nei vari ordini di

decrescente importanza alla nobiltà, alla più alta

borghesia, ecc. e, — fatto più notevole — che a tale

distribuzione presiedeva lo stesso Re, accompagnato

«lai suo confessore!

(Ili spettacoli, erano disorganizzati come il restante;

il pubblico dei palchi, disattento ed in continua con­

versazione, mentre «lue cantanti appena discreti, cir-

condati da altri attori assolutamente mediocri, si

prodigavano sul palcoscenico. Per la maggiore libertà

«li rapporti sociali, concessa durante questo periodo

«lell’anno, pur senza arrivare alla promiscuità delle

classi, un più facile scambio «li conoscenze; qualche

giovane della nobiltà meno antica, ammesso nei palchi

«It ile dame di più alto lignaggio, onde l’appellativo

di <ami «le loge » dato a questi, che, fuori della sta­

gione teatrale, mai avrebbero varcato la soglia dei

palazzi aviti. In compenso, — significativo senso di

tempi in mutazione — la totale scomparsa dei « cava­

li* ri serventi » vissuti con immeritata rinomanza nel

sei e nel settecento.

Ma, se scomparsi i « cavalieri serventi », permane­

vano però nella Torino di allora, sempre secondo la

•li Boigne, frequenti legami irregolari e la saldezza

morale dell’istituto era molto incrinata nelle famiglie

nobili, sia per la disinvoltura di alcune mogli, sia per

l'acquiescenza di qualche marito.

Ije visite da famiglia a famiglia della nobiltà, che

cessavano completamente durante la stagione d’opera

al x Regio », riprendevano subito dopo la chiusura di

**so; la di boigne cita, a questo proposito, molti

nomi di più nobili famiglie e, tra

questi, alcuni d à

più noti e dei più cari al nostro ricordo, per l’orma se­

gnata da’ loro componenti in tutto il «Risorgimento».

Basti citare i Cavour ed i Balbo.

Nella sua disamina della vita torinese, la di Boigne

non tralascia «li sottolineare la topografia delle strade

intersecantisi ad angolo retto (è questo un costante

luogo comune dei visitatori di fuori, divisi con eguale

passione nell’elogio e nel biasimo); l’architettura dei

palazzi dalle ricche facciate e dai miserevoli interni.

E, la vita interiore degli appartamenti, resa più

vacua, più arida dall’assenza «lei forestieri, che, in

altre città (leggi Parigi) sono la nota dominante,

mutevole e variamente interessante.

Nel febbraio del

1815

, la Contessa «li Boigne seguì

il padre a Genova, dove la Corte e il corpo diploma­

tico si erano trasferiti, per ricevervi la Regina, reduce

«ialla Sardegna.

E fu durante tale, soggiorno ligure, che la placida

atmosfera «Iella corte piemontese, fu, come altre

corti grandi e piccole, scossa all’improvviso dalla

non supposta notizia della partenza di Napoleone

dall’isola d ’Elba per destinazione ignota.

A Vienna, se«le allora di congresso politico, sovrani,

principi e diplomatici radunati, seppero con stupore

la temibile novella e corsero tosto ai primi r ";

Per parte sua, il marchese di Osmond, ambasciatore

«li Francia a Torino e padre, come ho detto, della

nostra memorialista, si affrettò a spedire una staf­

fetta al ministro francese degli esteri Talleyrand che

si trovava appunto a Vienna per il Congresso.

Nell’ambiente «Iella Corte sarda, si riteneva che

Napoleone intendesse sbarcare in qualche punto delle

coste italiane per unirsi alle truppe napoletane di

Murat, suo cognato, che da qualche tempo si riar­

mava. Gli austriaci, tramite il generale Bubna, chie-»

«levano senz'altro al governo sardo di entrare in

Piemonte per «misura di difesa», ma il governo stesso,

anticipatore di ben altri rifiuti all’Austria, non diede

consenso alla proposta e neppure modificò il proprio

punto di vista, quando l’Austria minacciò di trince­

rarsi dietro al Po, lasciando scoperte le terre pie­

montesi. E, si aggiunga subito a questo proposito

che, pure in seguito, quando gli ambasciatori delle

varie potenze si trasferirono a Gand al seguito del

profugo re Luigi X V i l i, il solo a mancare, fu l’am ba­

sciatore sardo, (s’intende che la di Boigne, francese,

dà torto a quella condotta « neutrale » di fronte a

Napoleone ed a Murat).

Frattanto, all’infuori delle più lente comunicazioni

delle Cancellerie, su l’ali del vento e per virtù d ’ignoti

giungevano in Piemonte, come in altre parti d’E u ­

ropa, le notizie della rapida marcia di Napoleone e,

ciò che più conta, i suoi successi continui ed immediati.

I l panico, del resto, non colpiva tanto le popola­

zioni di loro natura pacifiche o almeno indifferenti,

ma

i sovrani ed i principi.

Il

Re

di Sardegna era rientrato a Torino.

E, quivi, da varie parti, incominciavano a giun­

gere

illustri profughi, primo tra essi, fl Papa (Pio V II

Chiaramonti).