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GIOVANNI BATTISTA CUNEO

Montevideo. 6 Settembre 1851.

Alio

caro e buon amico,

La tua lettera del 23 marzo, è vero, tardò molto a venire,

ma non per questo giunse meno grata al cuore del tuo caro

compagno, che ti ringrazia delle affettuose e calde parole

con che ti piacque dargli novella prova della costante ami­

cizia tua. E passato troppo tempo dacché io ti scrissi, per

aspettare a risponderti; l'occasione d'un legno a vela che

frapporrebbe alla nostra corrispondenza un troppo lungo

intervallo, mi fa cogliere l'opportunità del vapore. E prima

di tutu- ringrazio la tua signora madre, l'ottima tua con­

sorte e i cari tuoi ragazzi del pensiero con che han voluto

consolare questo lontano e quasi ignoto amico loro, pregan­

doti di ricambiare loro gli affettuosi saluti coll'aggiunta dei

miei caldi voti perchè Dio li conservi tutti lungamente

al

tuo amore. Molte delle cose di cui

tu mi fai parola erano

già a mia notizia, come tu prevedevi, ma questa circostanza

non deve farti credere ch'io leggessi con minore interesse

quanto me

ne

dici in proposito; la tua opinione sul corso

delle cose, quantunque note, non può non riuscirmi utile

e cara ad un tempo. Del Parlamento so le prodezze fino

agli ultimi di giugno, e nulla mi sorprese; sapevo bene di

quali elementi fosse composto nella sua maggioranza; per

me qualunque più iniquo partito che possa immaginarsi

contro le attuali istituzioni,

è

cosa più che certa che quei

servili l’ammetterebbero con tanto di cuore purché il Mini­

stero lo volesse, ma li Ministero vorrà fino a un certo segno

per non chiudersi da per sé l'adito agli onori ed agli ambiti

posti. Leggo anche i giornali, meno i due nuovi campioni,

che disputano, o meglio occupano oggi il posto lasciato

vuoto dalla

Gazzetta del Popolo, i quali non ci vengono

spediti. Del

Progresso io non sono pienamente soddisfatto,

e

ne parlai al nostro egregio amico Riccardi. Si direbbe che

questo giornale, dopo la sua fondazione fino a tutto maggio,

che io non so nè conosco date posteriori, abbia subito una non

lieve modificazione sia nelle sue tendenze come nella reda­

zione dei suoi articoli. E il suo primo periodo pareami meglio

confacente ai nuovi bisogni, e più degno atleta dell'idea

italiana, il suo linguaggio era più caldo, disinvolto e talora

spirava una nobile audacia, che scuoteva e infiammava;

oggi lo ravviso, o mi inganno, alquanto dimesso, guardingo,

a trascinarsi dietro le altrui orme e vivere quasi di una

vita a imprestito. lo non vi scorgo più l'espressione sentita,

energica della vita italiana, che ha coscienza di sè

e delle

sue forze: parmi, direi,

l'eco

dei sentimenti e affetti d'altre

persone. Tu saprai meglio di

me

se veramente è

retto

il

mio giudizio, e a quali cause

è

dovuto

questo mutamento,

se pure, come io

credo,

v'è di

fatto. La

Croce

di Savoia

giustifica il suo titolo; tu

non t'aspetti certamente ch'io

me

le

cavi il cappello

e

mi inchini a essa dinnanzi, ma non

negherò ch'io ne leggo con attenzione gli scritti special-

mente in materia

d'economia e che in genere trovo il

giornale

fatto con

amore

e con cura instancabile,

motivi

per cui considero pericolosa la sua diffusione. Bisogna con­

fessare che

gli

organi della democrazia non sono ne così

diligentemente condotti,

diretti con tanta intelligenza,

U

e tanta copia di dottrina, e questo è difetto gravissimo

nelle attuali circostanze del paese. Dell'Italia del Popolo

di Genova, del quale ho veduto appena i primi numeri,

lodo l'intento e gli sforzi, ma finora offre poco valido appoggio

alla combattuta democrazia. Mi duole che

/'Uguaglianza

faccia eco al socahsmo e vorrei che coteste fantasticherie

di Francia fossero tenute dai severi intelletti italiani in

quel conto che mentano, lo non vedo che nella Francia me­

desima i pensatori più assennati dieno gran peso a tutto

quel gridare di alcuni utopisti, od illusi, nè Mazzini, che

certo comprende quant'altri mai le quistiom sociali, dà

importanza più che di vaghe aspirazioni alle pretese dot-

tr ne dei nuovi riformatori, che altro non fanno se non

introdurre l'anarchia, e mantenerla, nel campo democra­

tico. Della

Propaganda di Genova non avevo saputo più

nulla e da quanto me ne dici mi pento anch'io d'averla

raccomandata ; e ben facesti a lavartene le mani. In oggi

qualunque associazione che non tenda a fortificare negli

animi l'idea nazionale italiana e ad istruire nel tempo

medesimo intorno ai doveri di cittadino ed uomo deve essere

condannata come inutile e dannosa, scopo al quale sono

certissimo mirerà sollecita l'associazione degli operai sta­

bilitasi

costì e

in altre parti dello Stato. Ottima cosa fai,

caro mio, dirigendo le

tue

premure in prò di questa nobile

classe di cittadini, che colle robuste sue braccia, mantiene

m fiore lo stato e con imperterrito animo lo difende; operai

e camoagr.oli sono il nerbo della nazione, e coloro che

meglio comprendono le verità che gli apostoli della dottrina

trasmessaci da Cristo, unico nostro padrone, non tralasce­

ranno di ripetere loro. Gli uomini dati cl lavoro sono quelli

che meglio conservano, cosi come il corpo, sani la

mente

ed il cuore, e perciò capaci di più nobili e generosi sensi,

che hanno a sdegno il servaggio od ogni altro imperio che

non sia quello delle leggi votate e consentite da essi. Perciò

immenso è il bene che da associazioni siffatte

potrà

deri­

vare tra non molto all'Italia, la quale libera ed

una potrà

farsi soltanto coll'efficace concorso di tutti gli uomini del

popolo. In una mia, scritta a Meneghm, prima di ricevere

la tua mcaricavalo dirti che sarebbe stato

conveniente pro­

muovere la stessa associazione in Portomaurizio

e nella

valle,

ora io vedo

che

tu

avevi già pensato a questo, e me

ne

rallegro teco e

meco ad un

tempo; manifestava pure il

pensiero

di collegare in una

tutte le associazioni di operai

sparse

nello

Stato

e ne

scrissi

anche

a

Genova a taluni dei

promotori in

quella

città,

e

se mai

non

aveste voi

altri fatto

ancora i passi opportuni potresti rivolgerti

in mio nome

al sig.

Ulisse Borzmo pittore, in

ogni

caso però terrai

questo nome per quello di un amico. So del progetto di ele­

vare un edificio, che si costrurrebbe mediante fondi dell'as­

sociazione, e lavoro gratuito dei soci, destinato alle sue

adunanze, e il progetto realizzato sarebbe il più bell'elogio

e dell'istituzione e del generoso sentire dei nostri fratelli,

ed io mi auguro che presto mi arrivi la nuova dei lavori

già cominciati, lo suppongo che nello stesso locale o in

altro penserete egualmente a istituire una scuola tecnica,

i

eh'è una necessità per tutti. I metodi trovati dalla scienza

;