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Provato già durante il suo pontificato iniziatosi

nel

1800

, alle amarezze deil’esilio e della prigionia,

(Napoleone, confiscati i suoi Stati, lo aveva tenuto

prigioniero a Genova, a Savona, a Fontainebleau),

sopportava con dignità e calma impareggiabili questo

ulteriore involontario viaggio, senza mai abbando­

narsi nei suoi conversari ad espressioni di amarezza

o di corruccio; la parola «serenità», dice la di Boigne,

pareva inventata per lui.

Altro arrivo a Torino, quello della Infante Maria

Luisa duchessa di Lucca, pure conosciuta sotto il

titolo di Regina d ’Etruria.

Differito per le nuove circostanze e « sine die » il

ritorno della Regina dalla Sardegna, tutto il corpo

diplomatico era rientrato alla capitale.

Fu in questo frattempo che, la presenza in Toiino

del Santo Padre e l’importanza degli avvenimenti,

ispirarono, per soddisfazione del Re, dell’esercito e

della popolazione, il desiderio di veder esposta la

Santa Sindone.

È noto che la preziosa reliquia, proprietà della d i­

nastia Sabauda, è conservata in Torino: dal

1578

nella maggior chiesa di San Giovanni e dal

169-1

nella apposita cappella detta appunto della Santa

Sindone.

La suggestiva cerimonia è minutamente descritta

dalla di Boigne nelle sue « Memorie ».

Radunate le truppe del presidio nella piazza f a ­

stello, dopo la benedizione delle loro bandiere fatta

dal Pontefice, si procedette secondo l'apposito ceri­

moniale, allo spiegamento del Sudario.

Il Re, con la sua corte, con gli appartenenti al

corpo diplomatico, quelli soli di fede cattolica, i

cavalieri del supremo online della SS. Annunziata,

le altre Eccellenze, i Cardinali, i Vescovi. Questi e.

non altri dignitari erano ammessi nella sala dove si

preparava la cerimonia.

Per la cronaca, tre sole donne presenti ed uua —

è ovvio — l'autrice delle « Memorie ».

Il cofano contenente la sacra reliquia, fu portato

in processione solenne dal Capitolo metropolitano

dalla Cappella della Sindone alla sala del reale palazzo.

Ognuno dei vari cofani che — l’uno dentro l’altro —

racchiudevano il sacro Uno, eran aperti successiva­

mente, mentre un processo verbale constatava lo

stato delle serrature; piuttosto una levata di sigilli,

che una vera e propria funzione religiosa. Frattanto,

però, il Cardinale che apriva le serrature recitava

ogni volta una preghiera.

Ma, giunti all’ultimo cofano « cassette qui est assez

grande et toute luisante d ’or » principiarono e s’in ­

tensificarono le preghiere e le genuflessioni.

Il Papa, si avvicinò ad un tavolo, dove il Sudario

fu deposto da due Cardinali; tu tti i presenti si ingi­

nocchiarono (a questo punto del racconto, l’autrice

afferma che sede più acconcia alla cerimonia, sarebbe

stata a suo modo di vedere una chiesa e che, invece,

l’essere in un salone e la immediata vicinanza degli

astanti, dim inuiva alquanto il carattere mistico alla

cerimonia stessa).

Infine, il Sommo Pontefice, estratto dall'ultimo

cofano il prezioso lino, lo portò, accompagnato dal

Re che immediatamente lo seguiva, e, circondato dai

Cardinali, sul balcone dove lo distese.

L a di Boigne, dalla posizione «love si trovava

(ad una vicina finestra) non riuscì a ben scorgere le

impronte insanguinate di ('risto, corrispondenti preci­

puamente ai piedi ed alle mani.

1

Pontefice, tenendo tra le sue mani il Sudario,

10 espose alla folla sottostante, volgendolo di fronte

e di lato dalle due parti, mentre il silenzio era as-

soluto.

Soltanto quando il Papa, tenendo sempre tra le

mani la reliquia, si ritirò dalla balconata, la folla

proruppe in acclamazioni, in evviva, mentre rullavano

i tamburi e tuonava il cannone.

L ’eccezionale cerimonia era finita.

Nel salone intanto, il Pontefice, prima di riporre

11 sacro lino nelle sue varie custodie, invitava i pre­

senti a rendere benedetto qualche oggetto più caro,

ponendolo a contatto con la reliquia.

Con analogo cerimoniale, prima il Papa, poi i

Cardinali procedettero alla chiusura successiva dei

vari cofani e, infine, collo stesso solenne corteo del

Capitolo della Metropolitana, la Santa Sindone fu

riportata nella sua Cappella.

Poiché l’ostensioue della SS. Sindone è assai rara,

e legata sempre a qualche avvenimento della dinastia

Sabauda, e perchè sopratutto l’ostensione del S u­

dario in presenza del Pontefice, fu eccezionale nel

tempo, ho voluto attraverso l’esame di opere specia­

lizzate su questo argomento, cerziorare l'esattezza o

almeno l’attendibilità delle notizie fornite dalla di

Boigne.

E, sono stato indotto a queste ulteriori ricerche,

tenendo conto che la di Boigne scrisse le sue « Me­

morie » dopo molti anni dal soggiorno torinese, vec­

chia ed inferma, con possibili lacune mnemoniche;

che non sovrabbondano certo nelle « Memorie »

stesse, le date dei fatti narrati, «mali punti di riferi­

mento per il lettore, ed infine per le spesso constatate

inesattezze di riferimento di altri avvenimenti pie­

montesi del tempo.

All’infuori di altre pubblicazioni sulla Sindone, che

ne espongono le vicende nei secoli e le successive

ostensioni agli avvenimenti che ne furono occasione e

causa, (e devo dire che pur in esse pubblicazioni

specializzate, ho trovato qualche discordanza di date)

ho potuto, per la cortesia del Canonico Brasa, Can­

cellici •* della Cappella della Sindone, presso la Basi­

lica Metropolitana, prendere visione della « rela­

zione » scritta subito dopo l’avvenimento, dell'osten-

sione appunto del

1815,

cioè di quella della quale

fu

testimone oculare la di Boigne.

Dalla lettura della « relazione * stessa, raffrontata

col racconto della di Boigne, ho potuto constatare

che la descrizione datane, è vicinissima al vero nelle

linee generali e soltanto inesatta in qualche partico­

lare della cerimonia.

M