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I

j

U «li Boigne, a proposito dei vari involucri avvol­

g im i il sacro lino, parla di « sette » cofani, mentre in

realtà sono tre; l’equivoco è presumibilmente sorto

in Ila scrittrice dal fatto delle « multiple cancellate »

che circondano l'altare detto appunto della SS. S in ­

done, nella ('appella omonima, richiedenti per la

loro apertura chiavi diverse e manovrate da elevati

personaggi religiosi, secondo appositi riti.

Così pure, quando la scrittrice riferisce dell’osten-

sione fatta personalmente dal Pontefice «lai « balcone »

scorda «li precisare che il corteo col Sudario, «l«»po

esser passato per via interna dalla Cappella al palazzo

reale propriamente «letto, sempre con fastoso ceri­

moniale «liscese nella « Piazzetta » attraversamela e,

«iltrepassato il « Pa«liglione » (che allora esisteva al

posto dell'attuale cancellata) giunse al « Palazzo M a­

dama » ascendendone lo scalone «l'onore ed arrivando

infine nel grande salone «lei primo piano.

Dal balcone principale di esso salone, verosimil­

mente quello prospiciente l'attuale via Garibaldi, il

Pontefice — «lice le predetta « relazione » — tenen«l«»

sollevata la parte centrale del Sudario e tenendone

due Vescovi le estremità, mostrò al popolo la reliquia;

si portò poi ad altro balcone del salone e ripetè la

cerimonia al fine di renderne edotta la folla stipata

negli altri lati della piazza Castello.

Questo avvenimento «li eccezionale rarità ed im ­

portanza ebbe luogo esattamente, secondo la « rela­

zione », il

21

maggio del

1815

.

Il

Pontefice era giunto da Genova la sera del

19

ricevuto colla massima solennità dal Re Vittori»»

Emanuele I, dal Principe di Carignano, da tu tti i

grandi dignitari del Clero e della Corte; era stato

ospite nel Palazzo Reale, e aveva presenziato nella

giornata «lei 20 a varie funzioni religiose.

Xon ho potuto stabilire se la sua partenza da Roma,

fosse stata veramente dovuta, come afferma la di

Boigne, all'iniziata invasione delle terre pontificie ad

opera di Murat ed al conseguente legittimo desiderio

di sottrarsi a probabile prigionia; oppure se fosse già

diretto a Savona per una funzione religiosa resa par­

ticolarmente solenne dalla sua auspicata presenza.

l>el pari non ho trovato conferma alcuna all’o pi­

nione della di Boigne circa il « motivo » dell’ostensione;

«he cioè, si trattasse di funzione propiziatoria per

scongiurare i pericoli di una restaurazione napoleonica.

Le versioni di altri autori concordano invece nel-

l'attribuire le cause dell’ostensione della Sindone, alla

fine definitiva della prigionia e conseguenti sofferenze

patite dal Pontefice anni prima, ad opera appunto

di Napoleone.

Qualche altro autore, infine, afferma l’ostensione

stessa esser stata dovuta al ritorno di Vittorio Em a ­

nuele

1

nei suoi Stati, dopo l’esilio sardo, e la funzione

resa eccezionalmente solenne dalla presenza casuale

del Papa.

Chiusa questa diversione alquanto prolissa, ma

necessaria per la chiarificazione del mio assunto, e

ritornando alla cronistoria delle « Memorie » per la

sua parte torinese,

la

di Boigne

ricorda che

nel con­

tempo, la situazione europea si manteneva assai

oscura. Truppe francesi premevano al Moncenisio ed il

Piemonte si preparava, pur senza voglia, a richiedere

in ausilio difensivo quelle milizie austriache prima

rifiutate. I l generale Bubna, capo di esse, esitava.

La popolazione, del resto, di esse truppe austriache,

non aveva nostalgia alcuna.

Aveva avuto mo«lo in passato di prenderle in odio,

fin quasi a rimpiangere quelle francesi del tempo

«Iella repubblica e poi dell’impero napoleonico.

« I Francesi — diceva — ci opprimevano molto,

ma mangiavano presso «li noi e con noi; i Tedeschi,

invece, prendono ancora di più e portano via tutto ».

Effettivamente le truppe austriache, non com­

prando nulla o quasi sul luogo, nei paesi occupati,

facendo tutto giungere dalle loro terre, facevano poi

seguire alle spogliazioni, la partenza di furgoni ca­

richi della roba requisita; erano tali partenze che

esasperavano le popolazioni.

Giunse intanto in Piemonte la notizia della bat­

taglia di Waterloo e della sconfitta di Napoleone.

E, poco dopo, quella del ritorno di Luigi X V III

sul trono.

La Contessa «li Boigne, che, per il Piemonte, non

sentiva simpatia alcuna, e, che dal soggiorni» .

rino, nulla traeva «li armonico con i propri gusti,

cercava ogni occasione, ogni pretesto per partirsene.

E l’occasione le venne con un viaggio a Parigi

del fratello ufficiale, al quale si unì per ritornare in

Francia. Nè, in Piemonte, ebbe occasione più mai

di ritornare nella lunga sua vita.

Ho creduto «li un certo interesse per gli studiosi

«Iella nostra vita cittadina attraverso i tempi, stral­

ciare dai volum i delle « Memorie » della di Boigne

le notizie su riferite.

Pure se frammentarie, disordinate, talora inesatte,

e, sopratutto, giudicate attraverso pregiudizi di na­

zionalità, di casta, da esse, poiché indubbiamente

l'osservatrice era di intelligenza acuta e perspicace

e, per il tempo, di idee assai liberali, da es6e —

dico — riaffiorano scorci di quel tempo lontano, usi

e costumi scomparsi e dimenticati, particola.', meno

noti dei vivere torinese, profili anche di persone non

di primo piano e di altre notissime, ma vedute da

un punto di vista per così dire « forestiero ».

E,

sopratutto, l’episudio della ostensione della

Sindone nella coincidenza delle particolari condizioni

politiche del momento, mi parve meritevole di ricordo.

Perchè, pure attraverso all’arida ed un poco scet­

tica descrizione della eccezionale cerimonia, oome a

quella di altri fatti minori di quel periodo, il nostro

pensiero si riporta agevolmente alla « Torino del primo

ottocento » quando già la concordia del Principe col

suo popolo, all’occhio antiveggente del filosofo e dello

storico, poteva lasciar scorgere quella

stessa

concordia

sempre più forte nei decenni venturi,

fondamento

e

guida alle maggiori glorie e grandezze

del

Piemonte e

dell’altre terre tutte d’Italia.

DM . aUWWHWO SALOTTI