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UOMINI DI ALTRI TEMPI

UMBERTO COSMO

di DOMENICO CHIARAMELLO

Avvicinarmi ad Umberto Cosmo, parlare e scri­

vere di Lui, e per me ch’ebbi la fortuna di conoscerlo,

compito grato, forse anche superiore alle mie umane

capacità.

Credo ad ogni modo di potere assolvere all’im­

pegno soprattutto spinto dall’affetto e dalla venera­

zione che sempre ho nutrito per coloro che maestri

di sapere, di vita e di virtù, seppero realmente creare

cd istruir; intere generazioni, dando loro la possibilità

di servire l’ umanità in generale, e la propria Patria

in particolare in vera letizia e serenità.

Conobbi Umberto Cosmo a Torino in quella cer­

chia di galantuomini di un tempo purtroppo ormai in

gran parte scomparsa.

Ogni sera, per anni cd anni, essi si davano con­

vegno sotto gli accoglienti portici di corso Vittorio

Emanuele e piazza Carlo Felice, qualche volta anche

in un famoso caffè nelle vicinanze, e passeggiando o

dissertando s’animavano, s’esaltavano, portavano nelle

loro discussioni quel senso vivo di sincerità, d’onestà,

di fede, che mai li condussero a piegare ed a rinun­

ciare alle loro convinzioni più radicate. Cari e buoni

amici che qualche volta accoglievano anche noi, più

giovani ma ardenti di fede come loro e soprattutto

come loro decisi a non piegare. Uomini che si chia­

mavano: Colombino, AUemandi — poi morto a Da-

chau, — Trossarelli, Rcstagno, Ciartoso, Ricaldonc,

Ricca Barberis, ed altri ancora; molti già scomparsi,

pochissimi altri ancora vivi. Uomini di scienza, pro­

fessionisti, industriali, tutti uniti nel desiderio d’ una

migliore società per il domani.

In quell’ambiente esterno alla sua scuola, nel suo

giornale, nella sua famiglia visse modestamente Um­

berto Cosmo, con la sua anima francescana, col suo

sapere umanistico, col suo grande cuore.

Nato a Vittorio Veneto nel 1868 da una famiglia

di patrioti, che subì persecuzioni dall’Austria per la

partecipazione ai moti del 1848-49, si laureò nel 1889,

giovanissimo in belle lettere all’ Università di Padova

e, nello stesso anno, vinse il concorso come insegnante

di lettere nelle scuole governative.

Destinato in Sicilia, passò poi a Temi ed infine al

Liceo di Cagliari che lasciò poi per Torino sin dal

1898, prima al Liceo Gioberti e poi al D’Azegbo ove

doveva rimanere sino al 1926. In questi anni, tenne per

incarico la cattedra di letteratura italiana presso l’Uni­

versità di Torino, illuminando il quotidiano suo inse­

gnamento con un fattivo spirito di studioso c inna­

morato della sua disciplina.

Generazioni di giovani appresero da Lui, cd an­

cora oggi, Uomini affermatisi in ogni campo, lo ri­

cordano.

Umberto Cosmo ebbe vivo

delle nuove

esigenze prospettate in Italia sul finire del secolo X IX

dall’affacciarsi alla vita politica delle masse popolari.

Fu in tal senso socialista: il suo spirito e la sua men­

talità rifuggivano però dal principio della lotta di

classe. Nel senso moderno del termine potrebbe ora

essere definito « un liberale di sinistra », essenzialmente

« un al di sopra dei partiti ».

Fu tra i promotori del socialismo in Sardegna nel

1896, avendo contribuito a fondare la sezione socia­

lista di Cagliari, ma dopo pochi mesi di appartenenza

si dimise dal partito, ne mai più si iscrisse ad altri

partiti politici.

Intorno al 1905 fu tra i fondatori a Torino e pre­

sidente per diversi anni, della Camera federale degli

Impiegati, la prima organizzazione forse sorta in

Italia per la tutela degli interessi di questa categoria

di lavoratori.

Nel 19 17 entrò poi come redattore politico a « La

Stampa», acquistando fama nazionale come giorna­

lista, successivamente trasferendosi alla redazione let­

teraria del giornale.

Nel 1920 venne distaccato dal Ministero della Pub­

blica Istruzione e destinato all’Ambasciata Italiana di

Berlino presso la Repubblica tedesca, con il Senatore

Frassati, nominato allora Ambasciatore.

Anche nei due anni della sua permanenza a Ber­

lino, anni difficili per i rapporti italo-tedeschi. Cosmo

seppe mettere a tutu prova il suo spirito e la sua intel­

ligenza, comprensiva d’ogni e più ampio problema

politico, sociale, economico e culturale.

Ritornato alla sua prediletta Cattedra al D ’Azeglio

nel novembre 1926 venne destituito, unico in tale

data tra i professori del Piemonte, per il suo pensiero

non conforme alla dottrina del fascismo, e per essersi

rifiutato di scolparsi di tali intendimenti e di attenuarli,

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