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La struttura fisica e organizzativa della città

nel processo storico di trasformazione urbanistica pianificata

(

1

)

Micaela VIGLINO

Il destino di « città fortezza» cui i Savoia aveva-

no votato, fin dal momento del trasferimento da

Chambery, la nuova capitale, si viene realizzando

— dalla costruzione della Cittadella (1564), alla fine

del Settecento attraverso diverse fasi.

Già dai primi interventi sul tessuto urbanistico

medievale, che si era mantenuto entro la perimetra-

zione della città romana, si delinea nelle sue conno-

tazioni essenziali un fenomeno che, fino al periodo

preunitario e con riflessi anche successivi, definisce

la strutturazione storica di Torino: l'organizzazione

urbanistica incentrata su assi viari « progettati », che

ne costituiscono il supporto. Nella dinamica dello

sviluppo della città il sistema per assi rettori della

composizione urbana si manterrà rigorosamente

aderente al modello morfologico originario e si inte-

grerà in esso come scelta progettuale permanente.

Fin da

l' «

invenzione » vitozziana per la nuova

Capitale (

2

) tra Cinquecento e Seicento la

struttura urbanistica della città viene infatti configu-

randosi sul supporto di un sistema viario organizzato

bipolarmente tra la zona di comando e le porte delle

fortificazioni, oltre che sulla continuità, congruità e

uniformità del tessuto edilizio. Tale organizzazione

si sosterrà sugli stessi parametri sino alla fine del

XVIII secolo. L'immagine del potere che la Monar-

chia assoluta intendeva trasmettere fisicamente at-

traverso le strutture urbane necessitava altresì di poli

emblematici di riferimento, sui quali far convergere

gli assi viari per rendere immanente, ovunque, la

presenza del «comando» e per facilitare in senso

strategico i collegamenti del Palazzo del Principe

con la Cittadella e con le porte. L'asse della Contra-

da Nuova si incentra dunque sull'ingresso del nuovo

palazzo nella Piazza del Castello, collegandolo con

la porta a Sud, in direzione della residenza reale

extraurbana di Mirafiori.

I tre successivi ampliamenti, a meridione, a le-

vante, a ponente, decisi rispettivamente nel 1619,

nel 1673 e nel

1

702, confermano la scelta del model-

lo di sviluppo articolato su assi rettori bipolarizzati:

Piazza S. Carlo e Contrada Nuova (Via Roma),

Contrada di Po, Contrada di Porta Susina (Via del

Carmine), incentrate sulle omonime porte cittadine,

costituiscono l'elemento portante di ciascuno degli

ampliamenti.

Il sistema si completa con la rettifica di percorsi

stradali preesistenti durante gli interventi di ripla-

smazione urbanistica nella «città quadrata», regolati

da Regi Editti: Contrade di Porta Palazzo (Via Mila-

no) e del Senato (Via Corte d'Appello) nel 1729;

Contrada di Dora Grossa (Via Garibaldi) nel 1736:

Via e Piazza Palazzo di Città nel 1756.

La «città murata» cessa di esistere nel momento

in cui viene decretato il disarmo delle fortificazioni,

cui sopravvive militarmente la Cittadella che verrà

disattivata solo nel 1852; la distruzione della fortez-

za di Torino così come degli altri nodi difensivi

dell'intero territorio sabaudo in Piemonte era sta-

ta sancita da Napoleone con un Editto del 23 giugno

1800, di pochi giorni posteriore alla vittoriosa batta-

glia di Marengo.

Torino, dopo le riplasmazioni del tessuto della

seconda metà del Settecento volte ad ottenere com-

plessi edilizi da affitto, presenta una organizzazione

urbana compatta. La città risulta tutta strutturata

secondo una maglia prevalentemente ortogonale ed

uniforme, tuttavia con strade e piazze principali

connotate da forte gerarchia fisica e funzionale.

Se la struttura interna della città è morfologica-

mente definita, altrettanto non avviene per la fascia

che ne segna il confine. Per questo motivo fin dal

1802 vengono presentati e discussi piani urbanistici

che hanno come primario obiettivo comune la ride-

finizione del perimetro della città, stravolto dall'ab-

battimento delle fortificazioni in corrispondenza del-

le porte e comunque disarmate ovunque. Varie solu-

zioni si succedono e propongono,

in

modi formal-

mente diversi ma concettualmente omogenei: grandi

piazze nei luoghi già sede delle porte della città,

legate tra loro da un sistema di ampi viali di circon-

vallazione alberati.

Le scelte progettuali dei piani precedenti vengo-

no in parte confermate nel

Ptan générat d' embeltis-

sement

del 1809 e verranno riprese e consolidate

nelle proposte e realizzazioni della prima Restaura-

zione (dal 1817). Le quattro grandi piazze, cardine

dei collegamenti tra città e territorio, riflettono si-

tuazioni diverse di innesco di preesistenti direttrici

extraurbane nelle forme dissimili: ad esagono e ad

esedra quelle a ponente e levante, ad ottagono e

quadrato con esedre quella verso Nord e l'opposta.

L'imponente sistema dei viali di circonvallazione

sul quale si arrestano, mediante

rondò

di snodo, i

principali collegamenti esterni, sarà completato alla

metà del secolo, dopo un primo potenziamento

come già si è detto — negli anni immediatamente

posteriori alla prima Restaurazione.

Una delle prime operazioni che il Re Vittorio

Emanuele I compie, ritornando in possesso delle

proprie prerogative, è a carattere urbanistico, pur se

di tipo vincolistico. Con un

Regio Vigtietto

del 6

febbraio 1816 (

3

) si preoccupa infatti di bloccare

qualunque intervento edilizio, entro la città, nei

sobborghi o sui siti già sede delle fortificazioni.

Questi ultimi terreni saranno poi riceduti nel luglio

dell'anno successivo alla Città di Torino, dopo lo

spianamento compiuto per sua cura ed a spese del

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