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Sovrano (

4

). Era altresì intendimento del re chiudere

nuovamente la città con un muro di cinta, di cui era

già stato definito il tracciato (

5

); tale opera non sarà

però mai realizzata in senso fisico.

Si concreta invece un complesso sufficientemen-

te organico di proposte di intervento urbanistico nei

punti nodali di accesso alla città, a latere dell'accre-

scimento demografico che stava concretandosi in

quegli anni in Torino. Le grandi piazze, già previste

nei piani francesi, vengono risolte con complessi

monumentali ad architettura unitaria; intorno ad

esse, negli anni Venti dell'Ottocento, si realizzano i

primi ampliamenti ottocenteschi, cui va ad aggiun-

gersi la lottizzazione della fascia meridionale lungo

íl Viale del Re (Corso Vittorio Emanuele II)

(fig. b1).

Grande prestigio aveva assunto, nel panorama

cittadino, la zona della Porta di Po, sia perché di lì

era avvenuto il rientro del re nel 1814, sia perché si

collegava all'Oltrepò tramite il nuovo ponte in pietra

napoleonico (

6

), sia ancora perché, a sua confron-

tanza, stava per sorgere il Tempio della Gran Madre

di Dio (

7

). Per la zona in sinistra Po vengono prepa-

rati Piani di Ingrandimento fin dal 1817, approvati

dal re nell'anno successivo (

8

); le difficoltà che il

progetto approvato incontrava per l'esecuzione in-

ducevano però alla ricerca di soluzioni alternative.

Si ottiene nel maggio del 1825 la definitiva appro-

vazione reale al progetto di Giuseppe Friz-

zi (

9

), con un ampliamento costituito da sei isole

edilizie, poste in doppia fila su entrambi i lati della

piazza.

Pressoché contemporaneamente viene affrontato

il problema del

Borgo di Po ottre il ponte,

legato

alla piazza ed alla Via Po secondo una assialità bipo-

lare, dal castello all'erigendo tempio celebrativo del

ritorno dei Savoia. Fin dal 1 818 erano stati approvati

progetti di sistemazione della piazza (di Ferdinando

Bonsignore), successivamente integrati in un piano

regolatore, approntato dal Consiglio degli Edili, che

ottiene l'approvazione reale con Regio Biglietto del

1° aprile 1823 (

10

). La soluzione adottata (sebbene

eseguita con un sostanziale ritardo e con minor forza

rispetto alle attese primitive di integrazione del bor-

go in una dimensione cittadina) presenta una piazza

arretrata rispetto al fiume e dominata dal tempio, che

mantiene le principali direzioni d'innesto dei colle-

gamenti foranei: la Strada della Madonna del Pilone

e S. Mauro (Corso Casale) e le due afferenti alle

residenze reali di Villa della Regina e di Moncalieri.

Ai primi anni della Restaurazione (1818) risal-

gono anche gli studi per la sistemazione urbanistica

del fronte meridionale della città, complicata dal

sentito dislivello nella fascia sud-orientale dei terre-

ni, già sede delle fortificazioni. I primi progetti di

Gaetano Lombardi per

l'amptiazione e l'attestimen-

to detla Città verso porta nuova

ipotizzano una

piazza semiellittica, porticata e dichiaratamente

aulica, a sottolineare l'importanza di un accesso

assialmente diretto al Palazzo del Re. La solu-

zione viene ridimensionata e semplificata dallo

stesso progettista nel 1822, presto approvata e mes-

sa in atto, tanto che già a febbraio dell'anno suc-

cessivo sono emesse Regie Patenti per le esen-

zioni delle erigende fabbriche da imposte pre-

diali (

11

).

La grande piazza a semiottagono con risvolti ret-

ti ben si prestava al collegamento con la zona di

prevista espansione fronteggiante quello che sarà il

Viale del Re (

12

). Fin dall'inizio degli anni Venti lo

stesso Lombardi aveva progettato l'ampliamento ad

isolati regolari allineati sul filo meridionale che, pur

totalmente slegati dalla struttura della « città-fortez-

za» ne riportavano le assialità, in vista di una possi-

bile integrazione futura; al momento l'unico legame

era costituito, sottopassando il dislivello dei baluar-

di, dalla Contrada della Posta (Via Accademia Al-

bertina), in asse alla Piazza Carlina. I1 Borgo Nuovo

nasce come zona a bassa densità edilizia, adiacente a

giardini. La maggior richiesta di aree fabbricabili

induce tuttavia ad una conversione delle tipologie

edilizie: le isole sul corso vengono edificate piutto-

sto intensivamente e già nel 1834 si sistema l'area di

saldatura tra nucleo centrale e bordo rendendola in

parte edificabile ed in parte sistemata come Giardino

dei Ripari; le aree verdi verranno ulteriormente ri-

dotte a favore di un maggior numero di lotti fabbri-

cabili agli inizi degli anni Settanta (

13

).

Ancora un ponte, il Ponte Mosca sulla Dora (14)

fissava una precisa direzione per una eventuale altra

espansione della città, a settentrione. Fin dal 1819

Gaetano Lombardi aveva definito la « Gran Piazza

Emanuele Filiberto » , ottagonale, a saldatura della

città antica con il sempre più fiorente borgo produt-

tivo esterno « del Pallone», poi Borgo Dora. Nello

stesso anno di inizio dei lavori per il ponte, 1823,

Carlo Mosca avvia gli studi per un ulteriore amplia-

mento verso l'esterno, assato sulla linea congiun-

gente piazza e ponte, che viene approvato due anni

dopo (

15

). L'ampliamento consiste in una doppia

serie di cinque lotti regolari sui due lati della via di

adduzione all'Oltredora, innestata sulla Gran Piazza

con uno slargo simile a quello juvarriano e, all'e-

stremo opposto, con uno slargo quadro ed esedra

ripetuto anche al di là dei lotti fabbricabili. Le obiet-

tive difficoltà orografiche, ma ancor più il tipo di

attività e di popolazione allocate nella zona, rendono

molto difficile il crearsi delle condizioni di attuabili-

tà del progetto che, nonostante gli incentivi fiscali,

verrà realizzato solo nei lotti più prossimi alla piazza

e sarà poi modificato (16)

Il prevedibile ampliamento verso la Porta Susi-

na, che avrebbe completato il sistema delle piazze-

cerniera, non ha invece luogo per la sussistenza

di vincoli militari relativi alla vicina Cittadella.

La Piazza dello Statuto verrà autorizzata solo nel

1864 (

17

), pur se la sua costruzione aderirà agli stes-

si principi che avevano informato le scelte proget-

tuali precedenti.

La città degli anni Trenta dell'Ottocento (fig. bi)

risulta dunque fortemente ridefinita entro il perime-

tro dei viali e delle piazze (

18

). Al di là di questo

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