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L'attestamento della ferrovia di Novara era in-

vece proposto dall'Antonelli in Vanchiglia, sull'asse

antico delle Contrade dell'Arco e della Posta (Vie

Accademia Albertina e Rossini); solo le decisioni

della Commissione municipale ne avrebbero definito

la collocazione nel settore di Porta Susina, privile-

giando, con la posizione della stazione (1856), l'al-

tro primario asse barocco di Via S. Teresa.

Sulla riorganizzazione cittadina del piano degli

anni Cinquanta non erano state ininfluenti preoccu-

pazioni di difesa, tanto che nelle scelte pianificatorie

aveva pesato la partecipazione dei delegati dei Co-

mandi militari e non a caso Carlo Promis, artefice

principale della progettazione, era ufficiale e profes-

sore di architettura all'Accademia Militare.

All'architetto viene affidata anche la complessa

questione della Cittadella, che doveva essere disatti-

vata, perché non più rispondente ai «moderni» con-

cetti difensivi, recuperandone i terreni per renderli

edificabili. Alla smilitarizzazione promossa dal Mi-

nistero della Guerra nel 1852, seguono l'anno suc-

cessivo due progetti del Promis (

27

) intesi a sfruttare

intensivamente le aree liberate, usando una scansio-

ne ad isole finalizzata a saldarsi alla lottizzazione

prevista sulla Piazza Statuto a Nord-Ovest, alle

frange della città settecentesca regolarizzandone

il perimetro , agli ampliamenti meridionali. Il

Progetto di Ingrandimento della Città di Torino ver-

so ta Cittadelta,

a cura dell'Ingegnere Capo del

Comune, Edoardo Pecco, è approvato dal Consiglio

Comunale il 29 novembre 1856 e con Regi Decreti

del 5 aprile 1857 e del 17 luglio 1858, in accogli-

mento di alcune varianti (

28

). Vi emerge l'idea di

impianto della scacchiera dei grandi viali, la cui pro-

secuzione caratterizzerà le espansioni meridionali di

Torino durante tutto il XIX secolo e ancora succes-

sivamente. Allo spostamento della Cittadella è an-

che legato il problema delle localizzazioni successi-

ve, in senso centrifugo, delle piazze d'anni (29).

Un segno fondamentale sul territorio ed un di-

verso regime dei suoli viene a costituirsi in epoca

coeva ai piani di ingrandimento della Torino preuni-

ta

ri

a con la Cinta Daziaria del 1853 (fig. b5). Dopo

aver deliberato di tracciare una linea definitiva da

recingersi con un muro, il Consiglio Comunale ri-

conduce le richieste — del consigliere Quaglia di

costruire « opere, in caso di guerre, atte a coprire per

tempo la città e difenderla dalle rapine e dall'impeto

di scorreria nemica » ad una più modesta ipotesi di

muro che può anche servire contro « un colpo di

mano» (

30

). Il tracciamento è approvato, con due

provvedimenti distinti, per la zona piana sulla

sponda sinistra del Po e per la zona sulla sponda

destra (

31

). La porzione territoriale inserita nella li-

nea daziaria risulta più che quintupla rispetto al co-

struito coevo, testimoniando ipotesi di sviluppo di

notevole portata. I punti nodali, all'incrocio con le

direttrici foranee, sono identificabili dalla posizione

degli uffici daziari di primo e secondo ordine, rispet-

tivamente sugli « stradali » di Nizza, Francia, Mila-

no, Casale, Piacenza e sulle strade per Stupinigi,

Orbassano, Lanzo e Vanchiglia. Nella zona Oltrepò

erano localizzati, oltre alle porte sulle strade lungo il

fiume, due «baracconi» agli arrivi dalla Valle dei

Salici e dalla « vigna detta della Regina >>. La linea

daziaria, qui tracciata in modo elementare — a tratti

segmentari che non si confrontano con l'assetto fisi-

co dei luoghi verrà ridefinita con un Regio Decre-

to del 5 marzo 1871 (

32

).

All'interno della cinta daziaria un'altra demar-

cazione territoriale, pur teorica, stabilisce i diversi

destini di edificabilità dei terreni urbani: nel giugno

del 1862 viene decretata la perimetrazione territoria-

le entro la quale vige il

Regotamento d'Ornato e

Potizia edilizia

(approvato contemporaneamente in

modifica e completamento del regolamento del

1843) (

33

). Il tracciamento della spezzata chiusa

(fig. b5), dopo aver prefissato ipotetici limiti di svi-

luppo sulle direttrici esterne — ove in effetti erano

in corso fenomeni di insediamento consolidatisi es-

senzialmente nei borghi esterni (di S. Donato ad

occidente e lungo la strada di Nizza a Sud) e negli

ampliamenti dei preesistenti (Borgo Dora e Borgo di

Po) —, avviene unendo geometricamente i punti

così definiti, senza tenere in conto alcuni altri vinco-

li fondamentali quali quelli orografici o quelli deri-

vanti dalla viabilità esistente. La linea di demarca-

zione si dimostrerà di fatto ininfluente sulla futura

pianificazione della città e non ne verrà tenuto conto

neppure nei più immediati nuovi piani di amplia-

mento.

Alla metà degli anni Sessanta la città « capitale »

non più tale in effetti dopo lo spostamento a

Firenze (1865) e poi a Roma (1871) — aveva avuto

una nuova fase di consolidamento entro i limiti a suo

tempo stabiliti dai piani d'ingrandimento, riflettendo

anche negli edifici la logica di sviluppo coordinato

per parti e di stretta integrazione con la città esisten-

te, di cui riproponeva i caratteri di uniformità e ge-

rarchia funzionale. Il «segno urbano» delle princi-

pali assialità viarie, su cui si reggono le nuove parti

di città, è infatti coglibile nella morfologia dell'edi-

lizia da reddito, risolta (pur senza la compattezza

che le avrebbe conferito un progetto unitario) con

palazzate «uniformate» nei principali caratteri strut-

turanti, delle quali i portici costituiscono la garanzia

di continuità formale. Il carattere unificante dei por-

tici sarà un parametro progettuale costante, decreta-

to anche in tempi successivi per evidenziare la pri-

marietà gerarchica di alcuni assi viari: interesserà la

Via Sacchi nel 1884, la «diagonale» Pietro Micca

nel 1885 e, nel nostro secolo, la Via Roma Nuova.

Il continuo aumento di popolazione e la conse-

guente nascita di borghi « spontanei » sulle vie fora-

nee rende tuttavia inderogabile la necessità di piani-

ficare altre aree, onde regolamentarne l'edificazio-

ne. Fin dal 1853 per il settore meridionale, più tar-

divamente per gli altri, si erano ripresi studi e dibat-

titi per la progettazione di nuovi ampliamenti

oltreché per la miglior esecutività di quelli già sanci-

ti, attraverso « varianti » —. Un decennio di studi si

conclude negli anni immediatamente postunitari

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