Table of Contents Table of Contents
Previous Page  163 / 336 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 163 / 336 Next Page
Page Background

-

12

5 -

Non occorre ricordare quanto lunga e fiera battaglia destasse

questa proposta. A Corte eravi un partito assai autorevole che .

cercava di persuadere il Re a non permettere

la

presentazione

della legge e fu meravigliosa cosa che Re Vittorio stesse saldo e

si rifiutasse a dare un veto che portava all'abolizione dello Statuto.

Il clero ed i suoi partigiani in ogni modo procacciavano di far

pressione sugli animi e quando malgrado le opposizioni dei loro

campioni alla Camera, con Revel e Balbo a capi, videro perduta

la battaglia tanto eccedettero che non dubitarono ricorrere ad aperte

mmaccie.

Appoggiati ad una querimoniosa protesta del Papa presero in–

solito ardire: una coalizione di vescovi mandò acerba rimostranza

al Senato perchè rifiutasse la legge, preghiera al Re di

ritirarla,

Ma il Re lealissimo non si lasciò smuovere da questi banditori

di torbidi, profeti di rovine} minaccianti una rivoluzione. Si ricorse

alle censure ecclesiastiche} ad aperta ribellione; il Papa richiamò il

suo rappresentante e mandava nuove proteste, cui dignitosamente

rispondeva l'Azeglio che Re Vittorio una sola via intendeva bat–

tere: quella di operare con fede, con giustizia e lealtà.

Il Senato} malgrado le accanite opposizioni de' clericali} approvò

Ia legge: il re la promulgò: il popolo la festeggiò inneggiando a

chi con tanto coraggio aveala promossa e sostenuta. La legge del

9 aprile 185Ò abolì il foro ecclesiastico e segnò un trionfo del

Siccardi,

Il trabocco di queste ire e di queste minaccie ed il riflettere che

ne potevano nascere conseguenze gravissime fece sì che allorquando

si venne a trattare della presentazione della legge sul matrimonio

civile si andavano cercando temperamenti per non sollevare nuovi

clamori.

Il conte Siccardi, vedendo non poter avviar la bisogna sua se–

condo il proprio divisamento , nell'aprile del 185

l,

allegando ra–

gioni di malferma salute} rassegnava il portafogli e tornava all'uffizio

di vice-presidente della Corte di Cassazione.

I

suoi discorsi in Senato erano sempre attesi con impazienza ed

ascoltati con reverent e ammirazione: quelli pronunciati nella ses–

sione 1853-54, durante le discussioni sulla soppressione di comunità

religiose e di assegno ai parroci, rimarranno monumenti di mirabile

eloquenza e di profonda dottrina politica.

Iel 1855 fu nominato secondo vice-presidente dell'Alta Assem-