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222-

della

libertà

italiana, come già, molti anni primn, nei giorni di ti–

rannia, Re Carlo Alberto affidavagli lo scrivere un lavoro dram–

matico ispirato, se non a liberi, almeno ad indipendenti sensi.

Tutti sanno che ne nacque il

Vitige,

saggio ardito, ma non feli–

cissimo, di libera poesia.

Il Brofferio si accinse all'opera, scrivendo con tutta libertà e ve–

rità, come il Re aveagli ordinato, ma non potè condurla a termine

e fu compiuta poi da un suo amico antico e carissimo, Mauro

Macchi.

Brofferio, popolarissimo in Piemonte per la sua arditezza, per la

parte presa ai moti del rSz r , per le sue prigionie in causa poli–

tica, conosciuto come letterato ed avvocato valentissimo, tenuto in

fama di ardente rivoluzionario, fu chiamato fra i primi in Parla–

mento ed in esso per lunghi anni fu grande, inarrivabile oratore,

sostenitore d'ogni ampliamento, d'ogni sviluppo di libertà, promo–

tore coraggioso d'ogni deliberazione che accennasse a far più sol–

lecita la liberazione e l'unificazione dell'Italia indipendente.

L'indole sua battagliera lo portò, più spesso che l'intima convin–

zione, al partito estremo di opposizione sistematica con cui sfol–

gorava la tribunizia sua magniloquenza. Gare ed invidie di partito,

ravvivate dalla di lui riluttanza a soffrir obbiezioni , dall'abitudine

inveterata del continuo sarcasmo, dalle violenti polemiche giorna–

listiche della sua

Voce ilei deserto

con la

Gazzetta del Popolo

del

Govean, lo ridussero in mala condizione di fronte all' opinione

pubblica, ond' ebbe acerbamente amareggiati gli ultimi anni della

sua esistenza già tanto tribolata.

L'ultima opera sua fu il canto di guerra scritto d'ordine del Go–

verna nel r866.

Morì in una sua villa presso Locarno il

25

maggio di quello

stesso anno.

** *

Appena giunta in Torino la funesta notizia della morte di An–

gelo Brofferio, i numerosi colleghi, amici ed ammiratori del va–

lente oratore, dopo di avergli resi solennemente gli estremi onori

accompagnandone

la

salma all'ultima dimora dove, per decreto del

Municipio del 28 maggio r866, veniva deposta nella tomba stessa

in cui già riposavano le ceneri di Gioberti, La Farina e Valeria,