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della
libertà
italiana, come già, molti anni primn, nei giorni di ti–
rannia, Re Carlo Alberto affidavagli lo scrivere un lavoro dram–
matico ispirato, se non a liberi, almeno ad indipendenti sensi.
Tutti sanno che ne nacque il
Vitige,
saggio ardito, ma non feli–
cissimo, di libera poesia.
Il Brofferio si accinse all'opera, scrivendo con tutta libertà e ve–
rità, come il Re aveagli ordinato, ma non potè condurla a termine
e fu compiuta poi da un suo amico antico e carissimo, Mauro
Macchi.
Brofferio, popolarissimo in Piemonte per la sua arditezza, per la
parte presa ai moti del rSz r , per le sue prigionie in causa poli–
tica, conosciuto come letterato ed avvocato valentissimo, tenuto in
fama di ardente rivoluzionario, fu chiamato fra i primi in Parla–
mento ed in esso per lunghi anni fu grande, inarrivabile oratore,
sostenitore d'ogni ampliamento, d'ogni sviluppo di libertà, promo–
tore coraggioso d'ogni deliberazione che accennasse a far più sol–
lecita la liberazione e l'unificazione dell'Italia indipendente.
L'indole sua battagliera lo portò, più spesso che l'intima convin–
zione, al partito estremo di opposizione sistematica con cui sfol–
gorava la tribunizia sua magniloquenza. Gare ed invidie di partito,
ravvivate dalla di lui riluttanza a soffrir obbiezioni , dall'abitudine
inveterata del continuo sarcasmo, dalle violenti polemiche giorna–
listiche della sua
Voce ilei deserto
con la
Gazzetta del Popolo
del
Govean, lo ridussero in mala condizione di fronte all' opinione
pubblica, ond' ebbe acerbamente amareggiati gli ultimi anni della
sua esistenza già tanto tribolata.
L'ultima opera sua fu il canto di guerra scritto d'ordine del Go–
verna nel r866.
Morì in una sua villa presso Locarno il
25
maggio di quello
stesso anno.
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Appena giunta in Torino la funesta notizia della morte di An–
gelo Brofferio, i numerosi colleghi, amici ed ammiratori del va–
lente oratore, dopo di avergli resi solennemente gli estremi onori
accompagnandone
la
salma all'ultima dimora dove, per decreto del
Municipio del 28 maggio r866, veniva deposta nella tomba stessa
in cui già riposavano le ceneri di Gioberti, La Farina e Valeria,